Le risposte che spengono il body shaming

Affrontare il body shaming si può, anzi si deve. Le critiche e gli attacchi che inducono a far vergognare del proprio corpo possono essere particolarmente dannose per gli adolescenti e le persone più fragili. Ma davvero il nostro aspetto esteriore è ciò che ci definisce? Sì e no.

Come rispondere al body shaming

Credit foto
©Konstantin Sutyagin / 123rf.com

Qui a Pechino sono sintonizzata sulla Bbc, considerata una delle migliori e più affidabili televisioni del mondo. Le sue giornaliste sono giovani e vecchie, bianche, marroni, gialle e nere. Belle e brutte, magre o ciccione. Con le rughe, culi, nasi orecchie grossi. Ce n'è una che fa le previsioni senza una parte del braccio. E nessuno fiata, nessuno dice niente, a casa ascoltano semplicemente quello che dicono. Perché è l'unica cosa che conta, importa, e ci si aspetta da una giornalista.” 
 

Queste le parole con cui Giovanna Botteri, nota giornalista e corrispondente RAI da Pechino, ha risposto ai numerosi attacchi di body shaming e al sessismo nel mondo dell'informazione ricevuti via web in una lettera aperta pubblicata sul sito del sindacato dei giornalisti della Rai. 

 

Vediamo meglio come affrontare il body shaming.
 

Il body shaming in psicologia

Il body shaming è un termine inglese che allude a un particolare fenomeno: far vergognare qualcuno per il proprio corpo attraverso attacchi e critiche ad una o più parti di esso, critiche spesso sferrate non in forma “privata”, ma in forma pubblica o comunque condivisa con altri. 

 

Il ruolo dei social network è, come purtroppo sappiamo, determinante poiché questi canali consentono di amplificare i propri messaggi, compresi quelli di critica e odio, condividendoli virtualmente con una comunità pressoché illimitata di utenti. Stessa sorte per foto e filmanti personali che possono essere presi di mira e resi oggetto di attacchi feroci. 

 

Questa definizione di body shaming ci illustra il carattere inevitabilmente cibernetico che tale fenomeno assume nel contesto attuale dove, spesso fra i giovanissimi ma non solo, si ricerca la visibilità sul web per trovare approvazione e conferma della propria persona, per darsi una definizione positiva e rassicurante. 

 

E pur tuttavia proprio il web può rivelarsi il canale che, mediante questa stessa esposizione “sotto gli occhi di tutti”, può togliere d’improvviso ogni certezza, ogni flebile sicurezza nel momento in cui una persona diventa vittima di body shaming. Chi sono le persone che risentono maggiormente di questo fenomeno e come possono difendersi?
 

Il body shaming in adolescenza

Il body shaming colpisce più gravemente soprattutto gli adolescenti almeno per due motivi.

 

Il primo è connaturato alla specifica fase di vita che i ragazzi attraversano contrassegnata da una “fisiologica” insicurezza sulla propria identità sia psichica che fisica. I ragazzi e le ragazze in età adolescenziale si confrontano con un corpo che cambia, si connota sessualmente e si trasforma in modi talvolta rapidi o disarmonici rendendo difficile “riconoscersi” entro sembianze così sfuggenti e diverse dal corpo dell’infanzia. Ogni adolescente ha un’elevata sensibilità agli apprezzamenti e alle critiche, ricerca modelli di comportamento e di abbigliamento a cui ispirarsi, si lascia guidare dal gruppo dei pari nel ricercare - anche attraverso il modo di vivere, mostrare e abbigliare il corpo - un’appartenenza “alternativa” alla famiglia e nuovi spunti identitari in cui riconoscersi. Per i ragazzi e le ragazze a quest’età risultare gradevoli e apprezzati fisicamente dai pari è questione, psicologicamente parlando, “di vita o di morte”.

 

E qui veniamo alla seconda motivazione che rende questa fascia d’età più vulnerabile di altre al fenomeno del body shaming: l’utilizzo pressoché ubiquitario del web e dei social. Ancor più degli adulti, gli adolescenti vivono “onlife”: in un mondo dove reale e virtuale non sono né contrapposti, né alternati sequenzialmente, ma si snodano in continua interconnessione l’uno con l’altro. In questo mondo iperconnesso non esiste più differenza fra essere online e essere offline, e le sollecitazioni dell’une e dell’altra modalità hanno tutte uguale importanza nell’influenzare la propria autostima e il senso del proprio valore personale. Valore che gli adolescenti attribuiscono sempre più all’essere “visti”, apprezzati e “seguiti” sui social. Capiamo quindi perché, quando i social network si rivelano veicolo di disapprovazione e di critiche, l’impatto di questi “incidenti” possa essere dì portata potenzialmente devastante.

 

Leggi anche Adolescenti e sexting >>
 

Risposte "famose" al body shaming

Rispondere al body shaming è comprensibilmente più facile per personaggi pubblici, piuttosto che per un ragazzo o una ragazza che vivono nella propria cerchia del web. Ed è per questo motivo che la condivisione mediatica di tali risposte è in qualche modo importante. 

 

Risposte come quella citata in apertura contrastano il body shaming utilizzando il suo stesso canale – la “viralità” dei social – per diffondere messaggi alternativi. Queste risposte “famose” al body shaming (gli esempi potrebbero essere tanti, si pensi alle vicende che più volte hanno coinvolto Vanessa Incontrada ad esempio), diffuse da personaggi noti del mondo del giornalismo, della politica o dello spettacolo sono una prima via per affrontare il body shaming perché contribuiscono, attraverso la voce di chi ha un poter mediatico, a diffondere una narrazione alternativa.

 

Quella cioè che denuncia come questi attacchi siano deplorevoli e dannosi, ma che sottolinea anche come il valore e la competenza di una persona non si misurino affatto sulla sua gradevolezza fisica, sulla sua messa in piega o sulla sua taglia di jeans. Sembra scontato ma non lo è, soprattutto in un mondo, quale è quello attuale, dove aderire a determinati stereotipi di bellezza – specie per le donne ma non solo (si pensi al fat shaming) – viene presentato come sinonimo di successo e affermazione.

 

Sempre più adolescenti ritoccano la proprie foto fatte col cellulare, ridisegnano a mo’ di “bambola” la propria immagine quando non anelano addirittura ad accedere ad interventi di chirurgia estetica che possano renderli rassomiglianti a quei fotoritocchi in cui hanno imparato a riconoscersi e a definirsi scollandosi pericolosamente dalla “realtà” del proprio aspetto.

 

Prevenire i danni del body shaming

Uno dei modi più efficaci di affrontare il body shaming è la prevenzione. Prevenire questo fenomeno significa rendere il mondo del web e dei social anche uno spazio di educazione e dialogo con i figli – che vi accedono ormai in età sempre più precoci – non relegandolo a “modo da adolescenti” scollato dalla dimensione offline. 

 

Eppure il rischio c’è considerando quando imperscrutabile, bizzarro o intrusivo può risultare l’utilizzo che i ragazzi e le ragazze fanno dei social attraverso i propri smartphone che spesso sembrano imporsi come elementi di “disturbo” nelle occasioni di convivialità familiare e di adempimento di doveri e responsabilità. 

 

Leggi anche L'impatto dello Stress da Covid su benessere di genitori e figli >>

 

L’accesso all’online non va solo regolamentato in senso quantitativo, bensì qualitativo: ci interessa non solo quanto ma come un adolescente utilizza i social, che tipo di gratificazioni ne ricava o quali preoccupazioni, curiosità o distrazioni ne trae. È forse non scontato ma necessario che i genitori possano accedere anche ad una dimensione di autentico interesse per il mondo digitale in cui sono immersi i loro figli: incuriosirsi alla loro dimensione online significa incuriosirsi e interessarsi a loro. E se questo scambio viene attivato fin da subito sarà più probabile che un ragazzo o una ragazza imparino a dialogare anche di questo mondo virtuale – che in  parte naturalmente rimarrà e dovrà rimanere “privato” e un po’celato al controllo dei genitori – e a chiedere aiuto prima che un “segreto” o una preoccupazione diventino troppo grandi (Charmet, 2010).

 

Bibliografia
Charmet, G.P. (2010). Adolescenza. Manuale per genitori e figli sull'orlo di una crisi di nervi. San Paolo Ed.