Psicoterapia analitica

PSICOTERAPIA ANALITICA

Supervisione a cura del dott. Alessio Fagioli, psicoterapeuta a indirizzo psicoanalitico


Psicoterapia analitica: in teoria


La psicologia analitica è una teoria psicologica elaborata dall'analista svizzero Carl Jung a partire dalla psicoanalisi di Freud, di cui Jung fu allievo e collaboratore dal 1906 al 1913.

Per gli psicologi analitici esiste nell’essere umano un’energia psichica (in Freud la “libido”), uno slancio vitale che spinge l'essere umano verso la propria realizzazione e crescita personale – nelle parole di Jung, verso la sua “individuazione” –, e non solo verso la soddisfazione di pulsioni sessuali, come sosteneva Freud.

Tale prospettiva interpretativa di Jung considera l'inconscio – anche Jung considera la psiche come composta da due parti, conscio e inconscio – come un ricco insieme di contenuti che attendono solamente di poter trovare il proprio canale espressivo. Per Jung l'inconscio non è un luogo psichico come per Freud, ma un aggettivo che designa un insieme di complessi, ossia insiemi di emozioni, sentimenti, pensieri, prevalentemente inconsci, alla base dei sogni e dei sintomi. All’inconscio si accede attraverso approcci metaforici o figure, quali l’ombra – la parte negativa della personalità – e la persona – l’apparenza pubblica dell’individuo. Queste due istanze  psichiche non sono le uniche importanti ai fini della comprensione della personalità. Esiste anche un’altra dimensione che Jung chiama Anima/Animus; l’Anima è la controparte femminile del maschile, o l’immagine femminile che alberga nell’interiorità di ogni uomo, mentre per Animus designa la parte maschile interiorizzata da ogni donna.

L’inconscio di Jung è inoltre suddiviso in due regni ben differenziati, l’inconscio personale e l’inconscio collettivo. L'inconscio da lui teorizzato non è soltanto il ricettacolo di ciò che è stato rimosso dalla coscienza (personale), ma è anche il luogo di un'attività psicologica positiva e creativa, in diretta relazione con l’inconscio collettivo, quella parte dell'inconscio comune a quello di tutti gli altri esseri umani e che si esprime attraverso il linguaggio degli archetipi. Gli archetipi sono pertanto immagini strettamente legate all’inconscio collettivo: immagini primordiali sempre esistite, presenti e ricorrenti in tutte le culture, da distinguere dalle immagini “personali” dell’inconscio che invece esprimono i contenuti personali e gli stati di coscienza determinati da fattori personali.

 

Psicoterapia analitica: in pratica


La psicoterapia analitica è soprattutto finalizzata all'analisi delle difese che l’individuo ha eretto nel corso nella sua esistenza, ovvero a rendere manifesto ciò che del Sé (essenza della personalità dell’individuo) è stato rimosso o represso.

Il metodo concreto è pressappoco lo stesso di quello psicanalitico – anche se la teoria e alcuni sviluppi successivi lo hanno differenziato e discostato per quanto riguarda la sua interpretazione dell’inconscio e della libido – e consiste nell’interpretazione dell'analista a partire dall’analisi di sogni, fatti della vita reale, fantasie, modi espressivi della persona, tipologia di relazione transferale paziente-analista, associazioni libere.
La durata della terapia è generalmente più breve di quella psicanalitica: 1-2 sedute alla settimana per massimo 2-3 anni.

 

Psicoterapia analitica: in quali casi è consigliata


La psicoterapia analitica, come sosteneva lo stesso Jung, è indicata prevalentemente per persone in crisi per motivi morali, filosofici o religiosi, che sono alla ricerca del senso della propria vita. Indipendentemente dalla gravità del disturbo e dalla sua diagnosi psicopatologica (nevrosi o psicosi), la terapia junghiana mira a ottenere un riadattamento alla realtà, che sia però inclusivo dei bisogni e delle motivazioni più profonde del soggetto.

 

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Psicoterapia analitica: certificazioni e deontologia

L'esercizio di ogni tipo di attività psicoterapeutica – come indicato nel punto 3 della legge Ordinamento della professione di psicologo –  è subordinato a una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia presso scuole di specializzazione universitaria o istituti riconosciuti dal MIUR.

In deroga a quanto previsto dalla succitata norma, il medico specialista in psichiatria o in neuropsichiatria è autorizzato all’esercizio della psicoterapia anche senza aver frequentato la scuola di specializzazione in psicoterapia.

Le singole associazioni professionali si sono inoltre dotate da tempo di un codice deontologico specifico, il Codice deontologico dello psicoterapeuta analitico.

 

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