Psicologia Cognitiva

La psicologia cognitiva ha modificato il paradigma di indagine e considerazione dell'agire umano. Questa branca di studio nata agli inizi del Novecento ha vissuto varie fasi di approfondimento divenendo un importante strumento per il trattamento dei disturbi emozionali e delle distorsioni cognitive.

Psicologia cognitiva

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La psicologia cognitiva, spesso conosciuta come cognitivismo, è una branca della psicologia che vede la sua nascita a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta a partire da alcune critiche mosse alla corrente maggiormente rappresentativa del periodo, ovvero il comportamentismo.

 

Psicologia cognitiva: come nasce

A partire dagli anni '20-'30 si diffuse negli studi della psicologia la corrente del Comportamentismo, che prevedeva lo studio e comprensione del comportamento e dei processi di apprendimento osservati come esito di un’associazione tra uno stimolo e una risposta nella terapia cognitiva comportamentale

 

Molti furono gli studi che per decenni caratterizzarono lo studio del funzionamento degli individui, tenendo conto solo di elementi oggettivamente osservabili come, appunto, un input esterno o interno-fisiologico e una risposta o comportamento agito.

 

Tuttavia, già a partire da alcuni studi effettuai in quello che viene definito comportamentismo di seconda generazione, con autori come Skinner, Hull e Tolman, si inizia a intravedere la necessità di andare oltre i processi osservabile e analizzare quello che avviene tra lo stimolo e la risposta.

 

Tolman parla dell’esistenza di “mappe cognitive” ovvero rappresentazioni mentali che l’individuo costruisce nell’interazione con la situazione. Tuttavia, questi studiosi, seppur iniziando a intravedere l’esistenza di un processo cognitivo, non ne approfondiscono lo studio, ritenendoli non analizzabili. Da queste premesse prende il via il cognitivismo a partire dagli anni a cavallo tra il ’50 e il ’60. 

 

La definizione di psicologia cognitiva, tuttavia, verrà espressa a seguito della pubblicazione dell’opera “Cognitive Psychology” di Ulrich Neisser, nel 1967, che viene spesso indicato come il padre di questa corrente.
Neisser raccolse gli studi eseguiti nei decenni precedenti sugli aspetti mentali e diede il via ad una serie di ricerche e approfondimenti successivi che hanno caratterizzato quella che si può definire una delle correnti maggiormente diffuse nella ricerca psicologica
 

Psicologia cognitiva: oggetto di indagine

Il cognitivismo in psicologia ha come finalità lo studio, la comprensione e definizione dei processi mentali attraverso cui le informazioni vengono acquisite, trasformate, processate, elaborate, memorizzate, archiviate, utilizzate e recuperate.   

 

Più nello specifico, quindi pone l’attenzione su tutte quelle funzioni mentali e processi che intercorrono tra la realtà esterna o stimolo e il comportamento dell’individuo. Oggetto di studio sono quindi le abilità cognitive come memoria, l'attenzione, la concentrazione, il linguaggio, il problem solving, il decision making, la percezione, il ragionamento, il pensiero, le emozioni e sensazioni ed evidnziando quelle che si definiscono le distorsioni cognitive

 

Tutti questi vengono considerate abilità cognitive che prendono vita nell’azione del sistema nervoso, che nel tempo diventa nuovo oggetto di analisi grazie allo sviluppo delle neuroscienze, conciliando quindi le scoperte su più livelli: fisico, cognitivo, comportamentale, clinico e sociale. 

 

L’integrazione delle differenti analisi garantisce una visione del funzionamento dell’individuo in una prospettiva più ampia.
Il cognitivismo, infatti vede confluire differenti prospettive e discipline: la ricerca sperimentale di stampo comportamentista, l’informativa, la linguistica (vedi gli studi di Chomsky), le neuroscienze appunto, ma anche la cibernetica.

 

Per i cognitivisti la mente umana venne paragonata a un computer o software che elabora le informazioni provenienti dall’esterno restituendo una risposta a seguito del processo. Il processo di elaborazione è quindi l’oggetto di analisi della psicologia cognitiva.
 

Dalla metafora uomo-computer ai giorni nostri

Nella prima fase dello studio cognitivista l’uomo era paragonato a un computer e come tale la mente umana, grazie alle funzioni mentali come ad esempio memoria, ragionamento e attenzione, elaborava le informazioni in modo seriale e consecutivo. 

 

Concluso il primo stadio di elaborazione e rappresentazione delle informazioni era possibile passare a quello successivo fino alla conclusione del processo e attivazione della risposta. Questo tipo di approccio rientra nel modello HIP (Human Information Processing).

 

Miller e collaboratori introducono il concetto di TOTE ovvero Test-Operate-Test-Exit. Ogni volta che l’individuo deve compiere un’azione effettua una verifica (TEST) della congruenza tra lo stimolo esterno e l’obiettivo che vuole raggiungere. Se c’è congruenza emette direttamente una risposta (EXIT) altrimenti effettua un’elaborazione retroattiva in cui eseguirà delle operazioni (OPERATE) per modificare le condizioni, verificare ulteriormente la congruenza (TEXT) e poi dare la risposta (EXIT). 

 

Il comportamento non è la sola associazione tra uno stimolo e una risposta ma richiede una serie di processi, operazioni e verifiche intermedie volte a risolvere un problema presentato. L’uomo è, quindi, parte attiva in questo processo e nella propria interazione con l’ambiente.

 

Tuttavia, questo approccio venne successivamente criticato dallo stesso Neisser che negli anni ’70, fortemente influenzato dal pensiero di Gibson, afferma la necessità di considerare il ruolo dell’esperienza individuale nella definizione dei processi mentali. 

 

Si parla quindi di approccio ecologico, secondo cui non è possibile fermarsi ad analizzare il funzionamento mentale solo attraverso esperimenti in laboratorio, ma va considerata l’esperienza individuale, l’ambiente e l’interazione con lo stesso. Secondo questa prospettiva, infatti, l’uomo nel corso della propria esistenza costituisce modelli di elaborazione mentale, immagini e strutture in grado di comprendere e analizzare la realtà in modo immediato e più rapido, senza quindi la necessità di effettuare l’elaborazione seriale tipica del modello HIP.

 

Questa nuova visione generò quindi una rottura all’interno del mondo cognitivista a partire dagli anni ’80-’90 che vide così lo svilupparsi di due filoni: quello di matrice ecologica (tra i primi Neisser) e quello definito Scienza Cognitiva (tra i primi R. Schank, A. Collins e E. Charniak nel 1977) che riafferma il ruolo dell’intelligenza artificiale nello studio dei processi cognitivi. La scienza cognitiva successivamente prese le mosse nel modularismo da un lato e connessionismo dall’altro. 

 

Scienza cognitiva e psicoterapia 

Con l’avvento e sviluppo delle teorie cognitive, negli anni Sessanta negli Stati Uniti prende il via la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale. Pionieri di questo approccio Albert Ellis con la Rational Emotive Behaviour Therapy (REBT) e Aaron T. Beck con quella che si definisce la psicoterapia cognitiva standard.

 

Essa a livello molto generale e non esaustivo, possiamo dire che prende in considerazione la relazione tra gli aspetti cognitivi e pensieri, il vissuto emotivo e il comportamento. Quindi fondamentale diviene il lavoro sia sulle cognizioni, ovvero i pensieri e convinzioni che l’individuo ha e sviluppa verso una circostanza, sia quello sul comportamento cercando di attivare risposte all’ambiente maggiormente adattive e funzionali. Molteplici sono i campi di azione e gli effetti funzionali osservati nell’utilizzo di questo approccio nel trattamento dei disturbi emozionali e in generale psicopatologici. 

 

Ovviamente moltissime sono le strategie e tecniche sviluppate negli anni. Ultimamente si parla di psicoterapia cognitiva di terza generazione o di terza ondata in cui si possono annoverare differenti filoni di pensiero e approcci come l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), la Terapia Metacognitiva, l’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR),  la Psicoterapia Sensomotoria e le terapie basate sulla Mindfulness (MBCT, MBSR) e molte altre.

 

La psicologia cognitiva ha modificato il modo di osservare il funzionamento dell’individuo, andando oltre quelle che erano i principi del comportamentismo, prendendone le mosse, rispolverando alcuni costrutti del passato già noti e arricchendo il sapere con ricerca, esperimenti e teorie importanti.