Ghosting e Orbiting: né con te né senza di te

Ghosting e Orbiting: sparire improvvisamente senza dare spiegazioni o continuare a gravitare intorno alla persona che si è rifiutata. Comportamenti ambigui, che non consentono una chiusura sana della relazione né una sua reale prosecuzione e che minano l’autostima di chi ne è vittima.

Ghosting e Orbiting: né con te né senza di te

Ghosting e Orbiting sono due termini attualmente utilizzati per identificare due tipologie di comportamento rispetto alla chiusura di una relazione: sparire improvvisamente senza dare spiegazioni oppure continuare a gravitare intorno alla persona da cui ci si è separati, magari frequentando “casualmente” i suoi stessi ambienti (reali o virtuali che siano).

Fenomeni, non nuovi in assoluto, ma sicuramente più diffusi nell’epoca “liquida” dei social network. Si tratta di modalità opposte solo in apparenza che denunciano, entrambe, l’incapacità sia di stare dentro una relazione, sia di chiuderla in modo sano.

 

Ghosting: sparire senza lasciare traccia

Un giorno è andato a comprare le sigarette… e non è più tornato!”. Sembra un cliché dei film comici di altri tempi, ma non è così: il ghosting è una dinamica che alcune persone mettono in atto piuttosto spesso al termine delle loro relazioni affettive.

La strategia è in apparenza piuttosto semplice: allontanarsi improvvisamente, senza dare spiegazioni, senza avvisare, senza confrontarsi con l’altro su cosa non va.

Semplicemente da un momento all’altro, spesso in modo del tutto inaspettato (fino a quel momento tutto sembrava andare bene) una persona smette di chiamare, non si fa più trovare, non risponde al telefono. Semplicemente esce di scena senza minimamente preoccuparsi delle conseguenze che il proprio comportamento potrà avere sull’altro, senza assumersi la responsabilità di comunicare la propria decisione ed avere un confronto.

Codardia? Superficialità? O qualcosa di più? Difficile dirlo. La società consumistica e “social” in cui viviamo rende le relazioni molto più effimere di un tempo.

È molto facile “conoscere” qualcuno online, allargare la cerchia dei propri contatti, ma è altrettanto facile escludere a colpi di “click” coloro con cui non vogliamo più avere a che fare: con la stessa disinvoltura insomma con cui acquistiamo una merce su Amazon! 

Questa stessa modalità sembra impossessarsi spesso anche delle relazioni offline, comprese le relazioni d’amore. Zygmut Bauman (2003) osservava questo nel commentare la crescente instabilità delle relazioni nel mondo liquido-moderno: è più facile interrompere una frequentazione e ricercare una persona nuova, piuttosto che impegnarsi ad affrontare i problemi che una relazione più duratura necessariamente porta con sé.

Questo progressivo “disimpegno” nelle relazioni affettive, questa parziale deresponsabilizzazione delle proprie scelte data apparentemente dalle interazioni online sembrerebbe facilitare agiti come quello del ghosting.

 

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Orbiting: continuo a osservarti…

Anche l’orbiting è un fenomeno che rivela una sostanziale incapacità a confrontarsi con la reale chiusura di una relazione. Il termine indica letteralmente un continuare a “gravitare” nella vita dell’altro in modi magari silenti, impliciti, velati…

Frequentare gli stessi luoghi ad esempio, non solo luoghi reali, ma anche luoghi virtuali come gli stessi social network: su Facebook è possibile rimanere spettatori silenti delle vite degli altri, magari ricordando all’altro che è ancora nei nostri pensieri grazie a sporadici, quanti imprevedibili colpi di “like”…  

Ti lascio ma continuo a seguirti insomma, ad arrogarmi il diritto di conoscere ciò che fai, di rimanere nella tua mente anche se non c’è alcun legame fra noi.

È una dinamica psicologica in cui sembra che la persona agisca in qualche modo una sorta di controllo o possesso dell’altro: rimanere vicino ad un ex partner, inviare segnali provocatori per segnalargli che ancora si è lì e si pensa a lui ma, al tempo stesso, rifiutare una reale prosecuzione della relazione…

Questi messaggi contraddittori possono avere un potere anche manipolatorio mantenendo l’altra persona sostanzialmente “sulla corda”: se ha messo un “like” al mio post, se continua a frequentare il locale dove sa che può incontrarmi vorrà dire che vuole riavvicinarsi?

Questo mantenere il possesso della mente dell’altro, (sono atteggiamenti che purtroppo spesso connotano relazioni disfunzionali da entrambe le parti) implica disconoscere che l’altro, possa avere altri centri di interesse, altre frequentazioni, una vita “altra” indipendente dall’ex partner “orbitante”.

 

Ghosting e Orbiting: persona o oggetto?

In questi fenomeni intervengono diversi fattori, sia socio-culturali sia di personalità che possono sovrapporsi nel dar luogo a comportamenti nei quali, in entrambi i casi, non si riesce a confrontarsi con la fine reale di una relazione e di assumersene la responsabilità di scelta.

Sono modalità relazionali che la psicoanalisi definirebbe, non senza una qualche ragione, “perverse”; non sessualmente, ma relazionalmente.

Ghosting e orbiting sono infatti comportamenti che “pervertono” la relazione, cioè la snaturano nella sua essenza: l’altro non è più considerato e trattato come una persona, dotata di propri pensieri, sentimenti e motivazioni autonome (che possono anche essere differenti dai propri).

L’altro, in questi frangenti, sembra venir ricondotto a mero oggetto da “buttare” quando non soddisfa più (ghosting) o da tenere lì in bella vista anche una volta che si sia smesso di utilizzarlo: guai a permettere che diventi di qualcun altro!

Comportamenti come questi possono minare l’autostima delle “vittime”, ma anche rivelare una profonda difficoltà dei “carnefici” nel vivere le relazioni: chi riduce le persone a meri oggetti da manipolare per i propri bisogni ha spesso grandi difficoltà a instaurare e vivere relazioni di autentica intimità emotiva: può solo fuggire o rimanere un osservatore esterno, ma mai beneficiare di un autentico scambio in cui sentirsi al sicuro.

 

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Foto: Fabio Formaggio / 123rf.com