Come rispondere a una provocazione

Le provocazioni fanno salire il sangue al cervello e rispondere impulsivamente, fomentando la lotta di potere e portando il provocatore a continuare. Una risposta più funzionale può rompere gli schemi e permettere di uscire dalla trappola.

Come rispondere a una provocazione

A tutti sarà capitato almeno una volta nella vita di essere accusato di qualcosa ingiustamente, attaccato nel profondo, preso in giro, offeso o deriso…ecco in quel caso si è stati vittima di una provocazione.

Per provocazione si intende qualsiasi forma verbale o non verbale di attacco, violenza, aggressività ed offesa volta a generare una reazione negativa, collera, discussioni senza fondamento, disagio e sofferenza nella vittima.

Il provocatore agisce intenzionalmente e prova piacere nell’osservare una reazione nell’altro poiché indice del raggiungimento del proprio scopo: attirare la sua attenzione e provocare un fastidio di qualsiasi genere.  

Reagire alle provocazioni entrando nel gioco dell’aggressore e utilizzando le sue stesse forme di azione, provoca una escalation e arreca sofferenza alla vittima, senza risolvere la situazione spiacevole.

La risposta alla reazione può essere funzionale ed interrompere il gioco di potere messo in atto dal provocatore. Ma ovviamente non è semplice e servono alcuni piccoli accorgimenti…

 

Rispondi e non reagire

La prima arma contro la provocazione è comprendere la natura istintiva delle proprie reazioni ed imparare a controllarle. Reagire ad aggressività con altra aggressività soddisfa i bisogni del provocatore che si sente appagato e motivato a perseverare: sente di avere il controllo.

La risposta deve invece spiazzare l’interlocutore. Si può ridere, usare forme autoironiche, il senso dell’umorismo, la risposta silenziosa e distaccata che trapela indifferenza. Tutto questo è inaspettato dal provocatore e genera uno stallo e incapacità di controbattere.

Non è necessario ribattere verbalmente ma è sufficiente osservare con determinazione e fermezza chi attacca e trasmettere il messaggio che quanto detto non viola la propria intimità e non è fonte di sofferenza.

In caso di discussione accesa ed escalation di provocazioni l’utilizzo dell’ironia o del sarcasmo può ridurre i toni accesi e riportare la comunicazione a toni normali.

 

Leggi anche Pensieri caldi, cosa sono e come gestirli >>

 

Conosci te stesso

Per assumere un atteggiamento indifferente è bene conoscere se stessi e capire cosa provoca dolore.

La consapevolezza e accettazione dei propri “punti deboli” permette di trovare le strategie per sopportare emotivamente gli attacchi, comprendendo la loro natura meschina e assenza di fondamento.

In alcuni casi la critica, se abbastanza veritiera, può essere un punto di partenza per migliorarsi e crescere, pur nel rispetto di sé e nella scelta libera ed autonoma di cambiare gli aspetti più critici e negativi.

 

Rispondi in modo assertivo

La migliore risposta è quella assertiva. Per assertività si intende la capacità di rispondere all’altro in modo fermo, deciso e consapevole, esprimendo pensieri, opinioni, punti di vista e bisogni, pur nel rispetto degli altri.

Essere assertivi è il giusto compromesso tra l’assumere un comportamento passivo o uno aggressivo. Nel primo caso si darebbe al provocatore la soddisfazione di aver “fatto centro” e arrecato danno, nel secondo si cadrebbe nella trappola e attiverebbe un gioco di forze, fornendo nuove motivazioni ed elementi al provocatore.

 

Respira

La provocazione genera stress che genera a livello fisiologico la produzione dell’ormone cortisolo, che incrementa la risposta automatica di attacco o fuga. La reazione più consona è una risposta impulsiva sia essa di chiusura e ritiro passivo o al contrario di attacco diretto.

La respirazione permette in primo luogo di migliorare l’apporto di ossigeno al cervello, ridurre lo stress e la tensione muscolare tipica dell’attacco e in seconda battuta di prendere tempo. Il tempo permette di attivare una risposta razionale e cosciente che sia funzionale a ridurre l’atto provocatorio e a eliminare i motivi che inducono il provocatore a questo tipo di azione.

 

Cambia argomento e fai domande

Un buon modo per rispondere è fare domande che indaghino i motivi dell’accusa, offesa o rimprovero. Accogliere senza chiedere spiegazioni è il primo passo per comunicare all’altro che quanto afferma è vero e meritato.

Le domande permettono di ridimensionare le provocazioni e portano ad una condizione di stallo del provocatore che deve ora fornire spiegazioni valide e razionali alle affermazioni spesso infondate.

Fare domande può anche essere utili per cambiare discorso e quindi ridurre il livello di attenzione sull’accusa fatta. Indica non dare troppo peso a quanto ricevuto e mostrare superiorità e indifferenza, collocando il focus su cose realmente utili e funzionali alla relazione, lavoro o conversazione.

Allo stesso tempo se è necessario, è bene dimostrare all’altro, attraverso le azioni, che quanto affermato non ha fondamento: se ti viene detto che non sei in grado di portare a termine un lavoro, dimostra il contrario con impegno.

 

L’altro è più debole

Questo, più che un consiglio è una verità. Quindi consideriamolo come un post scriptum. Alla base della provocazione ci sono un forte senso di insicurezza, bisogno di attenzione, di affetto, di accettazione nel contesto di appartenenza e di controllo delle paure e del senso di inadeguatezza.

Reagire ad una provocazione permette di soddisfare una serie di bisogni altrimenti insoddisfatti, ma in modo non adeguato, perché inadatti a livello relazionale.

Aver ben presente questo permette alle vittime dei loro atti di rispondere in modo adeguato e distruggere il meccanismo negativo per entrambe le parti, aiutando il provocatore a comprendere l’errore e acquisire modalità più adeguate per ricevere affetto, attenzione, ascolto e rispetto.

Foto: dolgachov / 123RF Archivio Fotografico

 

Leggi anche Il mobbing sul lavoro >>

 

Credit video
Montaggio: Claudio Lucca