Il senso di colpa nel Purgatorio dantesco della Divina Commedia

Se l'Inferno è il regno della dannazione e della disperazione, il Purgatorio è il regno del riscatto delle colpe e della speranza di salvezza in cui ciascuno di noi può ritrovarsi in cammino verso una più profonda e chiarita consapevolezza.

Psicologia del pUrgatorio dantesco Divina Commedia

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Il Purgatorio e il senso di colpa in ciascuno di noi

Il Purgatorio è l'interregno dove l'Uomo prende consapevolezza di sé attraverso la purga dei suoi peccati. È, infatti, nel Purgatorio che l'uomo è mandato per sviluppare la propria coscienza e per intraprendere un viaggio di crescita verso il benessere psicologico lasciando alle spalle vecchie colpe.

 

È tappa fondamentale del viaggio verso l'autoconsapevolezza ed è qui che Dante ben sa dovrà tornare, come dice all'amico Casella (Pg, canto II, vv. 91-92):
 

“Casella mio, per tornar altra volta
là dov’io son, fo io questo vïaggio”
.
 

Veggenza di parusia esplicitata anche dagli incontri con anime che in vita erano scrittori, proprio come il poeta. Per questo quella commozione troppo partecipe già sentita nell'incontro con Paolo e Francesca, nel Purgatorio è ancora più insistente. E Dante in qualche modo è già nel Purgatorio, così come tutti noi, nessuno escluso.
 

La scrittrice Melania Mazzucco scrive (I): “Dante incontrerà dunque anche nel Purgatorio, come all'Inferno, le anime che lo abitano. Benché debba essere particolarmente affollato, prevalendo sempre la medietà sull'eccesso, con poche, in realtà, il pellegrino entra in contatto: appena una trentina. Gli somigliano, ci somigliano. Sono state persone imperfette ma non malvagie. Alcune, quelle bloccate nell'Antipurgatorio, sono morte troppo presto, e non è di per sé una colpa... Le altre non hanno vinto i vizi che assillano gli esseri umani – la superbia, l'invidia, l'ira, l'accidia, l'avarizia, la prodigalità, la gola, la lussuria. Vizi che tutti o in parte affliggono anche ognuno di noi. Alcuni di essi - come la passione del papa di Torso (Martino di Tours) per «le anguille di Bolsena e la vernaccia» - muovono un complice sorriso. Insomma, sono come noi, siamo noi”.  

 

Nel Purgatorio si è consapevoli delle proprie colpe e, a livello psicologico, l'uomo si prende le proprie responsabilità e può così intraprendere il suo viaggio verso il riscatto, la pace e la libertà. E per questo che Dante sceglie come custode del suo secondo regno ultraterreno il pagano e suicida Catone l'Uticense, morto per difendere la propria libertà, infatti nel Medioevo, Catone era emblema di difensore delle libertà politiche e repubblicane, al punto da sacrificare la propria vita per esse. Eppure non lo fa rovo tra i suicidi. Proprio, come fa con Paolo e Francesca, Dante ne condivide la colpa e lo assolve.

E con quanta assoluzione pur si avvicina in uno dei ritratti più delicati e malinconici di tutta la commedia, quello di Pia de' Tolomei, che è l'unica in tutta la Commedia a rivolgere un pensiero a Dante per la fatica che sta compiendo durante il viaggio nell'aldilà, soprattutto sul monte del Purgatorio, dove incontrerà tante anime che soltanto chiedono la solidarietà di una preghiera per avvicinare maggiormente il Paradiso.

 

Il vocabolario dell'apprensivo è fatto di tanti gesti di accoramento fino allo struggimento.

Canta un domatore di tigre al suo amato uomo cannone, alle prese con la sua ultima pericolosa esibizione (II):
 

“Mentre io pregavo, ore.
Io domatore di tigre che piango ogni volta che salti, 
deriso da maghi e pagliacci... ho bisogno d'affetto

Pennacchio, ti vidi saltare la fossa e un brivido dentro percosse le ossa fino alle labbra, di quando baciandomi dicesti fu Giuda o Barabba a tradire Cristo?”

 

L'apprensione materna di Pia de' Tolomei

Nel V canto del Purgatorio Dante incontra la Pia, della quale traccerà un ritratto impressionista, per la luminosa velocità dei tocchi di colore con cui è ricordata la nobildonna toscana. La sapienza stilistica e lirica e la concinnitas espressiva in soli sei versi, dei quali i primi due dedicati alla tipica apprensione materna, con la senese Pia che si fa rincuorare da Dante scalatore della vetta del Purgatorio.  

 

La Pia si preoccupa per Dante che si arrampica faticosamente sulla salita del secondo Regno ultraterreno, poi la supplica del ricorditi di me” e la successiva presentazione come "la Pia" – con l'articolo determinativo davanti al nome, subito il poeta trasmette l'affetto per questa donna – e infine in un sol verso, l'ultimo della terzina la cronaca nera che ricorda chi fu Pia de'Tolomei, nobildonna senese uccisa dal marito.


“Deh, quando tu sarai tornato al mondo,
e riposato de la lunga via,
seguitò 'l terzo spirito al secondo,

Ricorditi di me, che son la Pia;
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che 'nnanellata pria

disposando m'avea con la sua gemma”.


Colpisce l’intonazione tipicamente femminile dell’apostrofe della donna: Pia è, infatti, l’unico personaggio di tutto il poema che mostra di preoccuparsi per la fatica compiuta da Dante nel fare il suo lungo viaggio, e soprattutto nello scalare la montagna del Purgatorio. Questo particolare riguardo, questa attenzione all’essere altrui, si avvicina all'apprensione di una madre preoccupata per le condizioni fisiche del figlio dopo una giornata di scuola o di lavoro o comunque dopo uno sforzo prolungato. 

 

È un pensiero propriamente femminile, che difficilmente sarebbe venuto in mente ad un uomo, e ciò rivela, da parte del poeta, un’impareggiabile sensibilità nel conoscere la psicologia dei suoi personaggi, e delle donne in particolare, delineabile in pochi tratti e per questo estremamente efficace e potente, tanto da poter essere direttamente sovrapponibile al topos della fanciulla la cui morte è causata dall’avversa società.

 

Pia Tolomei

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©Wikimedia Commons; Eliseo Sala; Musei Civici di Arte e Storia, Brescia

Il ritratto nelle arti liberali della senese Pia

È stupefacente quanto i soli sei versi in cui Dante racconta la storia dell'uxoricidio di Pia abbiano ispirato il mondo delle arti, perché l'arte per essere tale deve emozionare e la storia della senese muove l'animo.  

 

Nelle arti visive ritrae Pia de' Tolomei il romantico Eliseo Sala, in una Malinconia conservata a Brescia. La posa abbandonata di Pia del pittore romantico desta in ogni posa della donna uno struggimento intollerabile: il volto è chino, lo sguardo basso non cerca interlocutori negli spettatori, e fugge il leone stiloforo dal minaccioso incedere contro di lei, uccisa dal marito. Le mani giunte a chiedere preghiera salvifica: “Ricorditi di me”, implora Pia il viaggiatore Dante in un verso permeato di femminile levità, sottolineata dall'uso dell'articolo determinativo davanti al nome («la Pia»), tipico del linguaggio familiare.  

 

Pia ha bisogno che Dante preghi per lei, perché sa che nessuno della sua famiglia lo farebbe: lo chiede per favorire il riscatto e, quindi, la sua ascesa verso il Paradiso.
Anche la Pia di Sala è stretta nel suo dolore chiusa in una balconata che mostra in lontananza l'orizzonte marino, che presuppone Pia in alto nel Purgatorio che vuole lasciare per raggiungere la salvezza.


L'opera di Sala non può che essere una Malinconia, tipicamente usata nel romanticismo a ritrarre una donna addolorata da un sentimento che la strugge

 

In particolare, le mani intrecciate in preghiera rimandano a quelle di un'altra addolorata del romanticismo: La fiducia in dio di Lorenzo Bartolini, conservata al Museo Poldi Pezzoli di Milano, la scultura più bella di sempre, tanto è il potere suggestivo di questa donna de-pressa (nel senso etimologico) dalla morte del marito. Completamente svestita, mostra senza vergogna nudità e una pancetta che oggi tutti aborrirebbero, invece Bartolini sceglie di evidenziare con un netto taglio del marmo dentro cui sprofonda un dolore che non si può contenere tanto segnante che tutto il corpo della donna pare essere risucchiato dentro quella piaga di sofferenza. 

 

E come tutto quello che è particolarmente toccante, a Pia sono dedicate diverse composizioni musicali: Gaetano Donizzetti le dedica un melodramma dal titolo Pia de' Tolomei nel 1837, su libretto di Salvadore Cammarano, con cui aprì la stagione del  Teatro Verdi di Pisa. E Gianna Nannini che le canta La dolente Pia”.

 

Fonti

  • (I) Robinson la Repubblica, 24 diembre 2020.I) Melania Mazzucco, Purgatorio.Elogio della vita imperfetta, p.8.
  • (II) Stefano Vergani, "Pennacchio", dall'album E allor pensai che mai 

 

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