Psicologia del peccato

Peccato come violazione di principi morali e religiosi che incidono sull'immagine di sé. In psicologia si contraddistingue dal senso di colpa e dl rimorso. Vediamo in che modo.

Psicologia peccato

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IL termine peccato deriva dal latino peccatum, derivato di "peccare” e assume prima di tutto un significato teologico e religioso. 
Nel parlato comune spesso si confonde il senso del peccato con il senso di colpa, fortemente intrecciati ma in qualche modo distinti.
 

Peccato e senso di colpa

Il peccato ha un senso teologico profondo e rimanda a una trasgressione di una norma morale o divina che porta a un senso di inadeguatezza e ricerca di un perdono da Dio. Avere peccato significa quindi aver violato un precetto o aver fatto qualcosa di sconsigliato non “tollerabile” da principi morali o religiosi.

Il senso di colpa è invece una sensazione o stato emotivo complesso (Izard, 1979) che deriva dalla consapevolezza di aver commesso qualcosa di non corretto, dannoso per altri o per sé, deplorevole o non funzionale che attiva rimorso, senso di inadeguatezza, tensione.

 

Il senso di colpa attiva spesso dei comportamenti volti a riparare il danno commesso o la mancanza e quindi ripristinare un senso di equilibrio e quiete. Nei casi in cui il senso di colpa è molto elevato possono anche attivarsi condotte disfunzionali di carattere compensatorio. Il senso di colpa non è sempre connesso a principi teologici o morali, cosa che spesso accade con il senso del peccato.
 

Peccato: significato psicologico

Commettere un peccato è qualcosa che porta con sé molte conseguenze non solo sul piano della fede e della condotta religiosa, ma anche psicologiche.  

 

L’uomo è mosso da bisogni, istinti e pulsioni che possono essere più o meno funzionali a sé e alla sua condotta, ma che come Adamo ed Eva nel peccato originale possono condurre ad alterazioni del comportamento, specialmente in alcune circostanze.  

 

Nel peccato si ha in qualche modo la consapevolezza di avere violato una norma, una regola e un precetto, e pertanto si avverte la necessità di riparare. La riparazione può avvenire in modalità differenti, spesso derivanti dalla dottrina stessa.  

 

Alla base della condotta riparatoria vi è però un passaggio importante che è quello del pentimento. Colui che commette peccato, infatti nel momento in cui comprende di avere commesso qualcosa di sbagliato, può pentirsi, chiedere perdono e quindi iniziare il cammino di ripristino. 

 

Secondo la logica religiosa il fedele ricerca il dialogo con la divinità e quindi il suo perdono e assoluzione. Tuttavia, a livello psicologico vi è la necessità di fare i conti con il proprio senso di colpa, con quel fastidio che non lascia spesso tregua e come una vocina interna riporta sempre all’errore. La consapevolezza di sé, l’accettazione dell’errore e la ricerca di modalità di miglioramento, sono quindi aspetti importanti e che riducono il disagio e fatica.

 

La consapevolezza psichica dei propri limiti e delle proprie fragilità porta ad una migliore accettazione degli stessi e allontanamento dalle violazioni peccaminosi. 

 

Peccato e autostima

La violazione di norme e principi morali, oltre alla generazione di un senso di colpa, ha un riflesso importante sull’immagine di sé come religioso, ma anche in quanto uomo e donna. 

 

La persona, infatti, può concepire sensazioni di disagio, scarso riconoscimento di sé e allontanamento dalle azioni commesse, con alterazione della considerazione di sé come persona. L’autostima viene così minata e con essa la percezione di sé nei differenti contenti e anche la possibilità di agire in modo funzionale e riparare. 

 

Il peccato, al pari del senso del colpa va a mettere in discussione alcuni principi e consapevolezze, genera disagio senso di inadeguatezza che necessitano di essere gestiti, ridimensionati, riequilibrati.