Rupofobia, la paura dello sporco

La rupofobia è la paura fobica e ossessiva dello sporco: molto più di una semplice mania della pulizia di cui tutti noi siamo preda in questo periodo…

rupofobia

Credit foto
©undrey / 123rf.com

Il termine rupofobia definisce una particolare tipologia di disturbo fobico che ha come oggetto lo sporco e ogni potenziale fonte di infezione/contaminazione. 

 

Se tale disturbo è sostenuto da pensieri ossessivi acquisisce un carattere compulsivo e può “contaminare” enormemente la vita individuale, affettiva e lavorativa della persona. Solitamente si tratta di un disturbo di tipo egodistonico: la persona è cioè consapevole dell’irrazionalità/bizzarria del proprio comportamento e soffre per le limitazioni sociali e relazionali che da essa derivano.  

 

La fobia di quel che c’è ma non si vede

In base alla classificazione internazionale dei disturbi mentali, la rupofobia rientra tra le cosiddette fobie “semplici”. Non perché sia facile o agevole eliminarla, ma perché la paura irrazionale è suscitata dal contatto con oggetti o situazioni definite/specifiche e lo sporco è una di queste (diverso è il caso di una fobia sociale che riguarda situazioni interpersonali). 

 

In questi casi la paura fobica è scatenata, ad esempio,  dal venire a contatto o ritrovarsi nelle vicinanze di persone in condizioni igienicamente precarie, luoghi pubblici potenzialmente contaminati, ospedali ecc. Se tale paura rimane a livello fobico propriamente detto, solitamente è circoscritta alle sole situazioni in grado di scatenarla.

 

Lo sporco e la contaminazione però non sono solo relativi a ciò che si può vedere a occhio nudo… Questo è noto fin dai tempi in cui la medicina scoprì l’incommensurabile potere di soluzioni e azioni disinfettanti nel prevenire la sepsi e la morte dei pazienti. Questa scoperta ha condizionato, solitamente in  meglio, la vita di tutti noi che siamo, ad esempio, abituati a lavarci le mani appena rientrati a casa a prescindere che queste siano “visibilmente” sporche.

 

Queste evidenze possono però rappresentare anche la “rovina” di una persona con rupofobia: se lo sporco è potenzialmente “ovunque”, se può esistere al di là di ciò che io vedo, chi mi assicura che un determinato luogo/oggetto/persona sia realmente sicuro? E, potremmo ancora continuare, chi mi garantisce che lavarmi le mani o eseguire qualsiasi altra azione di pulizia sia stato davvero sufficiente a debellare qualunque rischio? La strava verso un disturbo ossessivo-complusivo è breve e a questo punto le cose si complicano e non di poco…
 

Essere “contaminati” da pensieri intrusivi

Quando una persona soffre di una fobia semplice, la sua paura irrazionale viene attivata solamente quando rischia di entrare in contatto con l’oggetto temuto.   

 

Al di fuori di tali occasioni però la mente rimane pressoché “sgombra” dal problema; se l’evitamento ha successo, si mantiene uno stato di tranquillità sebbene a costo di sacrifici e limitazioni alla propria libertà di movimento (ad esempio questa persona potrebbe evitare di frequentare alcuni posti che ritiene igienicamente a rischio o in cui teme che non avrebbe la possibilità di adottare la proprie cautele “igieniche”).

 

Spesso però la rupofobia si associa ad un disturbo ossessivo compulsivo: si tratta sempre di un disturbo di tipo ansioso (benché il DSM V abbia ad esso dedicato un capitolo separato), poiché se la persona non riesce a evitare situazioni “contaminanti” può esperimentare sintomi ansiosi molto forti fino a sfociare in un attacco di panico. 

 

Tuttavia il problema in questa forma assume un carattere molto più pervasivo poiché non è circoscritto solo al momento in cui si rischia di entrare in contatto con qualcosa di potenzialmente contaminato, ma è sostenuto da pensieri di natura ossessiva che possono occupare la mente per gran parte della giornata. 

 

Si tratta di pensieri intrusivi, che la persona sperimenta come indipendenti dalla propria volontà, di cui riconosce l’irragionevolezza e che sollecitano un grande stato di ansia che può essere sedato solo mettendo in atto comportamenti (ugualmente “coercitivi” e per questo definiti compulsivi) di pulizia, controllo, decontaminazione a prescindere che esista una possibilità di contagio. In questi casi è l’intera vita quotidiana che può diventare un “rito”: la persona che manifesta rupofobia in un quadro ossessivo-compulsivo sarà impegnata in ripetuti cicli di pulizia e sanificazione della propria abitazione o di ogni oggetto con cui venga a contatto all’esterno (es. tastiere di pc e monitor un ambienti di lavoro). 

 

Non di rado, tali operazioni di pulizia richiederanno di essere eseguite più volte (spesso un preciso numero di volte) e lasceranno un senso di sollievo solo temporaneo: la preoccupazione ossessiva tornerà a farsi sentire molto prima che nuovi germi o batteri possano aver infettato le superfici!
 

Rupofobia e pandemia da Sars Cov-2

Solitamente è piuttosto agevole, sia per la persona che ne soffre che per gli altri, distinguere fra semplice mania della pulizia e rupofobia

 

Ma in momenti storici ed epidemiologici particolari, come quello della pandemia da Sars Cov-2, il confine può apparire insolitamente sottile…
Sì perché ci sono straordinarie manovre di disfinezione, sanificazione, pulizia e igiene personale che sono improvvisamente diventate “ordinarie” per la necessità di contrastare potenziali fonti di trasmissione del virus.

 

In questo contesto chi già soffre di rupofobia e di un disturbo ossessivo ad essa correlato può sperimentare facilmente un aggravarsi della propria sintomatologia. Non è escluso che l’emergenza sanitaria possa contribuire ad aggravare stati di ansia e costituire l’assetto entro cui altre persone inizino a manifestare sintomi fobici e ossessivi riguardanti lo sporco e il pericolo di contaminazioni.

 

Alcuni elementi differenziano, tuttavia, uno scrupoloso comportamento di pulizia da un’ossessione patologica.

  1. Solitamente dopo aver finito di pulire o sanificare un ambiente ci si sente tranquilli, più rilassati e anche affaticati (fisicamente o mentalmente) dalla necessità di compiere tali operazioni, non si ha alcun impulso a ricominciare da capo. L’ossessione della persona con rupofobia può rendere invece le azioni di pulizia inadeguate a tranquillizzarla a meno che esse non vengano ripetute spesso e/o eseguite secondo precisi rituali.
  2. Chi vive con i dubbi ossessivi relativi allo sporco continua a rimuginare nella propria mente sulle possibili fonti di pericolo o sull’eventuale inefficacia delle azioni. Chi ha solo cura di una scrupolosa pulizia si limita ad effettuarla senza il bisogno di rimuginarvi in tempi successivi: la pulizia rimane un mezzo, per poter pensare e fare altro, non diventa un fine.
  3. Il dubbio ossessivo della rupofobia può sfidare il dato di realtà e configurarsi come francamente irrazionale (ad esempio temere di essersi contagiati a molti metri di distanza ecc.) e non essere sostanzialmente modificato neanche da disconferme sul piano di realtà. Una persona con ossessioni da contaminazione potrebbe non rassicurarsi neanche da un risultato negativo di un test di laboratorio, che risulterebbe confortante per la maggior parte degli individui.
  4. La rupofobia, molto più di una consueta scrupolosità nella pulizia, ha risvolti relazionali pesanti sia per la persona che la manifesta, che per coloro che le sono vicine (familiari, amici, colleghi di lavoro) e che possono venir condizionati in maniera importante. Ad esempio, la persona può rifiutarsi di partecipare a determinate occasioni sociali o lavorative per paura di contaminarsi o pretendere che anche gli altri, specie i familiari, si attengano ai suoi rituali o, ancora, costringere le altre persone ad attendere i suoi “tempi” di pulizia (pensiamo ad esempio a un impiegato che abbia necessità di disinfettare la tastiera dal pc un certo numero di volte prima di poter iniziare a lavorare…).
     

Rupofobia e psicoterapia

La persona con rupofobia, specie se questa assume i connotati di un disturbo ossessivo-compulsivo, è solitamente ben consapevole dell’irrazionalità dei propri pensieri e della proprie condotte. Può provare disagio e vergogna per il fatto che gli altri assistano ai suoi “rituali” e desidererebbe, quanto loro, potersi liberare dal suo problema che, ricordiamo, è per lo più egodistonico. 

 

Il disturbo richiede un trattamento psicoterapeutico che aiuti la persona a lavorare sul significato relazionale ed emozionale dei sintomi e al tempo stesso la sostenga ad affrontare man mano le situazioni temute.
Le paure fobiche e ossessive della rupofobia, al pari degli altri sintomi psicologici, “rappresentano” in modo concreto (la paura dello sporco, la paura di contagiarsi ecc..) paure e timori di tipo emozionale di cui spesso la persona stessa è all’oscuro. 

 

In realtà lo sporco non è il problema, almeno non nel senso letterale del termine, poter comprendere questo è il primo passo per costruire una serenità nella mente, riappropriarsi della propria libertà e far sì che lavarsi le mani significhi solo… lavarsi le mani!