Rimuginio e pensiero inconcludente

Pensare e ripensare continuamente a possibili soluzioni, senza arrivare ad una reale conclusione ma alimentando preoccupazione e ansia. Così il rimuginio è un sintomo della depressione.

Rimuginio e pensiero inconcludente

Il rimuginio è una forma di pensiero ripetitivo legato spesso a uno stato ansioso che alimenta e mantiene nel tempo. È una forma di pensiero verbale e astratto, che talvolta è seguito da immagini mentali, che identificano qualcosa di pericoloso per sé e difficile da controllare.

Leggermente differente è la ruminazione, identificata come un processo cognitivo basato su un pensiero disfunzionale e disadattivo, con focus su stati emotivi interni e conseguenze negative. Condizione tipica della depressione

 

Rimuginio, quando è patologico

Molti individui di fronte a un problema o a una decisione importante da prendere, verso cui provano preoccupazione e ansia, sono portati a rimuginare, ovvero ad attivare una serie infinita di pensieri e possibili soluzioni al fine di controllare l’evento, le circostanze e tentare di risolverlo, gestendo la propria emotività. 

Laddove questa catena di pensieri giunga a una soluzione, ma soprattutto sia circoscritta nel tempo e non comprometta il funzionamento generale, non è necessario allarmarsi in modo eccessivo, poiché è una modalità nel complesso funzionale di gestire lo stato d’animo e la situazione complessa e attivare il pensiero.

Tuttavia, se il rimuginio persiste nel tempo, invadendo qualsiasi altra forma di pensiero, ragionamento e attività, coinvolgendo il 100% delle risorse cognitive e focus attentivo a disposizione, allora diviene patologico. Nello specifico questo accade quanto l’individuo continua a pensare a un problema che percepisce come insuperabile e incontrollabile, verso cui nutre molta ansia e paura e attiva un pensiero negativo e catastrofico. Le sensazioni di insormontabilità e incontrollabilità alimentano la preoccupazione e quindi il rimuginare stesso, che diviene sempre più forte e pervasivo. 

 

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Ruolo del rimuginio

Poiché attivato in situazioni ansiogene e percepite come pericolose, il ruolo fondamentale del rimuginio è quello di tentare di ridurre l’ansia e fronteggiare la situazione temuta, tenendola, almeno apparentemente, sotto controllo attraverso il continuo pensiero verso essa.

È come se il pensare riducesse la forza della situazione, la sua pericolosità e permetta di ridurre la possibilità che essa si verifichi o quantomeno le sue conseguenze negative.

È elemento tipico dei disturbi d’ansia e dona all’individuo un apparente sensazione di controllo sulla realtà temuta, seppur non attivando strategie concrete ed efficaci per affrontare la situazione, bensì, in fondo, un evitamento della stessa. Il rimuginio viene spesso percepito come positivo e fonte di salvezza dal pericolo, percependosi deboli e impotenti di fronte ad esso.

Alcuni individui non percepiscono la pervasività e disfunzionalità del rimuginio, mentre altri sì, seppur non riuscendo a rompere il circolo vizioso e rimanendo nella trappola, che vedono invadere le altre parti della propria vita.

 

Il pensiero inconcludente

Il rimuginio, nell’accezione patologica, porta con sé un pensiero assolutamente inconcludente, che non giunge mai a una decisione e soluzione unica, ma attiva continuamenti altri pensieri o ritorna sugli stessi di sempre, alimentando ansia, paura, perdita di tempo e risorse.

Il non trovare una soluzione è dovuto al fatto che l’individuo che rimugina non contempla alternative possibili alle proprie, spesso orientate dal desiderio di controllo più che di reale soluzione, e quindi rimane fermo su quei pochi pensieri che abbassano apparentemente il proprio stato di attivazione fisiologica. Non si riesce ad andare oltre ma si rimane fissi e fermi su poche idee, ripetute a se stessi continuamente, senza possibilità di controllo e monitoraggio.

Il livello di ansia è tale da non permettere una lucidità nel pensiero e uno scorrere logico dello stesso, quindi si attiva un processo quasi circolare, come un gatto che si morde la coda e ogni volta alimenta di più la frustrazione, la paura, la sensazione di non farcela e il tentativo di anticipare gli eventi futuri, attraverso l’attività del pensare.

 

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Foto: Denis Ismagilov / 123rf.com