Impliciti e non detti nelle relazioni: la “brace” è appena sotto la padella!

Ogni relazione fra due o più persone ha le sue “regole del gioco” spesso fondate più su non detti e assunti impliciti che su quanto intenzionalmente ci si comunica. Attenzione dunque perché la trappola è dietro l’angolo.

Impliciti e non detti nelle relazioni: la “brace” è appena sotto la padella!

 

I non detti e gli impliciti che governano a volte le relazioni passano spesso inosservati, non di rado sembrano disconfermati sul piano della comunicazione verbale eppure si rivelano elementi potenti che possono vincolare i partecipanti, loro malgrado, in assetti relazionali a volte disfunzionali in cui nessuno è realmente libero di essere se stesso.

 

Impliciti e non detti relazioni: un esempio non tanto di “fantasia”

Pensiamo ad un’azienda giovane, dinamica, di piccole dimensioni. Un team di consulenti quasi tutti magari sotto i 40 anni, fra i quali il lavoro è condiviso in termini apparentemente egualitari e dove sembrano vigere rapporti informali, quasi confidenziali. Un neofita in un ambiente del genere si sentirà magari subito a proprio agio, probabilmente si lascerà andare anche a qualche confidenza in più sulla propria vita privata e si aspetterà sostegno e amicizia da quelli che sente non solo come semplici colleghi di lavoro.

Può darsi che sfortunatamente le cose si rivelino presto o tardi ben diverse, che il nostro malcapitato scopra che tutta questa confidenzialità che porta a mischiare vita lavorativa e vita privata diventi anche il veicolo perfetto per richiamare l’attenzione dei collaboratori in ogni orario del giorno e della notte intasando chat e messaggistica dello smartphone.

Può darsi che il nostro amico scopra che in quell’ambiente di lavoro l’urgenza è la regola e che non possa sottrarsi mai dal prestare a cottimo la sua opera pena sentirsi in colpa verso i colleghi cha faranno nottata o, peggio, vedersi negate di punto in bianco certe mansioni lavorative… Può darsi, ancora, che quelle cene aziendali apparentemente informali, fatte per fare “squadra”, si rivelino un preciso obbligo a cui non è concesso derogare mai.

Può darsi, in altre parole, che il nostro neofita si renda conto che nonostante sorrisi, pacche sulle spalle, emoticons a profusione nelle chat di messaggistica e quel darsi con naturalezza del “tu” raccontandosi della gita della domenica siano solo una grande finzione, facciano solo parte di un copione ben strutturato per assicurarsi che tutti i lavoratori siano al loro posto entro una gerarchia forse anche più rigida di quella di un’azienda tradizionale, una gerarchia di potere invisibile e per questo molto più subdola e insidiosa. In situazioni di tal genere gli impliciti e i non detti emergono forse dopo parecchi mesi e sarà come risvegliarsi in un brutto sogno

 

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Impliciti e non detti nelle relazioni:  comunicare al di là delle parole

Per comprendere come mai i non detti e gli assunti impliciti (ad esempio: essere disponibile “a cottimo” sena confini fra vita lavorativa e vita privata - nell’esempio di cui sopra - cioè diventare “di proprietà” dell’azienda) siano regolatori così potenti delle relazioni, nonostante possano rivelarsi in palese contraddizione con la comunicazione esplicita, occorre rifarsi ai 5 assiomi della comunicazione umana.

Watzlawick, Beavin e Jackson (1971), esponenti della Scuola di Paolo Alto, li misero a punto proprio per rendere intellegibili le “leggi” che governano la comunicazione fra le persone. Fra gli assiomi da loro individuati, i primi due hanno un particolare rilievo per gli impliciti e i non detti nelle relazioni.

Anzitutto, non si può non comunicare, non solo perché anche ogni nostro gesto o comportamento ha inevitabilmente un valore comunicativo per le persone che ci sono intorno, ma anche perché il silenzio stesso è una forma di comunicazione. In breve: non si comunica solo con le parole, ma anche – e a volte soprattutto – con i gesti, gli sguardi, la postura e fin anche con l’assenza di parole

Pensiamo al silenzio e ai diversissimi significati che questo può avere a seconda che venga mantenuto da un amico che accoglie una nostra confidenza, un nostro sfogo esprimendo la sua vicinanza emotiva. 

E pensiamo invece al silenzio che può venir riservato al nostro malcapitato neofita nella “finta” azienda giovane e dinamica dell’esempio precedente: nessuno risponde a una sua proposta/critica durante una riunione o nessuno risponde ad una sua mail in cui richiede magari importanti chiarimenti su come viene gestito un progetto… In quest’ultimo caso il silenzio non veicola accoglienza e vicinanza emotiva ma, al contrario, indifferenza e, con essa, un preciso messaggio: qualunque critica o comportamento non previsto non è ammesso.

 

Impliciti e non detti nelle relazioni: ognuno al “suo” posto

Già dagli esempi precedenti inizia a intuirsi l’essenza di quello che è il secondo importante assioma della comunicazione umana e cioè che ogni comunicazione ha due livelli: uno di contenuto e uno di relazione. In altre parole: esiste un “cosa” viene detto (o non detto) e un “come” quel contenuto viene veicolato all’altra persona. 

Un livello cioè formale con il quale, in modo più e meno consapevole, i parlanti veicolano insieme alle informazioni anche un preciso piano/aspettativa di relazione/ruoli tra i parlanti. Torniamo un attimo all’esempio precedente: il silenzio, la mancata risposta in quel caso non esprime solo un’assenza di contenuti, una mancanza di informazioni, ma veicola un preciso piano di relazione che viene ristabilito fra i partecipanti.

Il non rispondere, in quel contesto, significa delegittimare la capacità critica di quella persona, significa relegarla nuovamente al mero ruolo di “esecutore” delle decisioni di altri, decisioni che, evidentemente, non possono essere chiarite o discusse in alcun modo (nonostante il piano apparentemente informale e paritario mostrato sul piano esplicito, vi ricordate?).

 

Impliciti e non detti nelle relazioni: dalla manipolazione alla consapevolezza

Esempi simili sono piuttosto ricorrenti sia entro i contesti lavorativi che familiari, più spesso si tratterà di dinamiche non così nette come nell’esempio di fantasia precedente (estremizzato per necessità di chiarezza), ma di cui è sempre utile cercare rendersi consapevoli.

Non sempre naturalmente risulterà conveniente portare del tutto alla luce del sole queste dinamiche - a volte, come dire, non è il caso di esplicitare che “il re è nudo” (Andersen, 1937) -, ognuno però potrà, quanto più acquisisce chiarezza, avere gli strumenti per agire con consapevolezza qualunque decisione voglia prendere, senza farsi manipolare e, e questo vale soprattutto per i contesti affettivi e familiari, con meno sensi di colpa.

 

Bibliografia

Andersen H.S. (1837). I vestiti nuovi dell'imperatore, in: Fiabe, raccontate per i bambini - Terzo libretto, CA Reitzel Publishers.

Watzlawick P., Beavin J. H. & Jackson D. D. (1971). Pragmatica della comunicazione umana, Roma, Astroabio, 1971.

 

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