Come evitare di sentirsi sempre in competizione

Misurarsi con gli altri non sempre porta il beneficio di migliorarsi. Quando diventa oggetto di stati emotivi infelici come l'invidia disfunzionale o la frustrazione allora significa che non stiamo godendo dell'opportunità che chi è intorno a noi ci sta dando per crescere.

Sentirsi sempre in competizione

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La nostra società è pervasa dallo spirito di competizione. In ogni ambito e in ogni istante si è potenzialmente in competizione con qualcuno, e anche quando sembra che non ci sia nessuno con cui entrare in rivalità, rimane sempre la lotta con se stessi.

 

Questo vissuto può avere differenti risvolti: c’è chi, infatti, lo vive come uno stimolo a continuare, a fare meglio, a perseverare, chi invece si crogiola nell’invidia e rancore e chi, infine, si giudica, svaluta e osserva con frustrazione. Possiamo quindi parlare di competizione sana o funzionale e quella disfunzionale o “malsana”. Il lavoro per affrontare questa seconda tipologia parte dal ricostruire la propria autostima

 

Competizione: pro e contro

La competizione in sé per sé non è del tutto negativa. Pensiamo a una gara sportiva, l’esempio più semplice e classico, il fatto di avere degli avversari e qualcuno con cui competere è sicuramente motivante, stimolante, permette di definire obiettivi, strategie e metodi di allenamento. Questo è vero in tanti ambiti. Tuttavia, laddove la competizione diventi motivo di sentimenti e vissuti negativi, fatti di frustrazione, di odio, di svalutazione, amarezza e così via. 

 

La competizione non è più funzionale all’obiettivo, ma diventa un ostacolo e unico focus della propria attenzione, delle proprie risorse, impegno ed energie. 

 

Ma cosa rende la competizione funzionale o meno? L’approccio verso essa e una personalità competitiva può incidere. Se la competizione è vissuta come qualcosa che stimola la crescita e quindi porta a fare meglio e a mettersi in gioco, essa è funzionale a sé e alla prestazione, se invece è vista come qualcosa che mette ansia, disagio, rabbia, invidia o rancore, riduce la prestazione e allontana dall’obiettivo. Questo è vero sia quando la competizione è verso altri, sia quando è verso se stessi.

 

Competizione con gli altri: come trarne vantaggio

Volente o nolente fin da bambini insegnano a essere in competizione con altri, a paragonarci con chi ci sta accanto. Questo è sicuramente un’idea di confronto, ma laddove il paragone venga attivato sempre nel tentativo di trovare un “Migliore”  un “peggiore” produce solo effetti negativi sul vissuto emotivo e sull’autostima. 

 

Quando la competizione è verso altri è importante lavorare per arrivare a smettere di essere in conflitto e quindi volgere la competizione a proprio favore.

 

Se, infatti, percepite che altri siano più bravi voi, migliori di voi, abbiano maggiori fortune o competenze non resta che rimboccarsi le mani e cercare di capire come migliorarsi, come acquisire le competenze mancanti e come sfruttare le risorse a disposizione. Per farlo bisogna riconoscere le proprie capacità e il proprio punto di partenza, capire cosa è raggiungibile e cosa no e lavorare per ottenere il possibile. 

 

L’altro dovrebbe essere visto come modello a cui aspirarsi e non fonte di invidia. È estremamente funzionale e importante però essere ben consapevoli che, in ogni ambito, ognuno è se stesso e ha le proprie qualità e limiti. Alcune caratteristiche potrebbero anche non essere raggiunte mai. La competizione deve diventare stimolo per agire e cercare di colmare il gap vissuto, senza ansia e frustrazione ma con motivazione e spinta. Meglio tentare la collaborazione e, magari, il confronto costruttivo con l’altro.

 

Competizione verso se stessi

Ci sono casi in cui la competizione è vissuta verso se stessi. Anche in questo caso può essere costruttiva se il mettersi costantemente in discussione è vissuto come qualcosa per migliorare, imparare e crescere.

 

Tuttavia il più delle volte la competizione verso se stessi si associa a bassa autostima e scarso riconoscimento di sé e delle proprie abilità e qualità. Ecco, quindi che si cerca di alzare sempre la propria asticella, non godendo dei successi e delle conquiste, ma sminuendosi, svalutandosi e ritenendo tutto come doveroso. 

 

La poca fiducia e stima di sé porta anche ad attivare e incrementare la competizione con gli altri, che in qualche modo saranno sempre osservati come migliori e più abili. Anche in questo caso è importate lavorare partendo dall’incremento della propria autostima. Focalizzarsi su di sé, migliorarsi ma accettare i propri limiti, che possono essere ridotti ma con consapevolezza delle proprie possibilità.

 

Il continuo svilirsi e paragonarsi agli altri spesso porta a un vero e proprio complesso di inferiorità in cui è faticosissimo, se non impossibile, pensare di riconoscere a sé qualità e abilità. Questo stato tuttavia crea forte stallo, oltre a frustrazione e disagio, e non favorisce il cambiamento e la crescita.