Il silenzio felice del funambolo (sulla corda e nella vita)

Raggiungere l'equilibrio interiore attraverso il silenzio, il funambolismo e la meditazione zen. La meta è la libertà per Andrea Loreni, funambolo italiano pluripremiato, che presto terrà il corso "La cura del silenzio".

Andrea Loreni funambolo

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©@Nicolò Taglia

Autore di testi come "Zen e funambolimo" o "Breve corso di funambolismo", Andrea Loreni ha catturato l'attenzione del pubblico non soltanto con le sue traversate eccezionali sulla corda, ma con l'approfondimento meditato. 

L'equilibio, per l'acrobata della fune, è una continua ricerca che, oltre a richiedere l'armonia del corpo, deve avvalersi di una certa pace e silenzio interiore. 

Andrea Loreni ha stabilito nel 2011 il record italiano di camminata su cavo, teso tra i colli di Penna e Billi, nel cielo di Pennabilli: 250 metri di lunghezza, a un’altezza di 90 metri da terra; nel 2017 è stato primo funambolo a camminare all’interno di un Tempio Zen con la raversata del progetto "Zen e Funambolismo" sopra il lago del Tempio Sogen-ji a Okayama in Giappone.

 

Il suo prossimo progetto si chiama "La cura del silenzio" ed è un corso per ridurre lo stress e ritrovare la calma nella complissità che richiede a ciascuno di noi di essere un po' equilibristi della vita quotidiana. 

 

Il silenzio fa bene? Su cosa agisce?

Il silenzio fa molto bene secondo la mia esperienza personale. La mia collega, la psicoterapeuta Cristina Rositano, con cui terrò il corso “La cura del silenzio”, mi ha fornito tanti dati anche sulle connessioni dei dati neuronali che si attivano con il silenzio.

 

Per la mia esperienza di tanti anni di meditazione, fa bene alle orecchie e allo spirito perché ci permette di stare in pace, a contatto con noi stessi. Ci dà quello spazio in cui respirare e, io dico, fiorire più liberamente.

 

Andrea Loreni funambolo pennabili

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©Andrea Loreni

Combatte lo stress?

Sicuramente combatte lo stress determinato dal rumore, ma io mi riferisco anche a una sorta di silenzio interiore, che non è farci tacere, ma non dare più ascolto a tutte quelle voci che ci procurano situazioni di stress: le ansie da prestazione,alcuni impegni, le incombenze che ci aspettano. 

 

E poi è molto interessante che, nel silenzio che si crea, capiamo che si sopravvive ugualmente e il nostro essere sta da un'altra parte. Senza condannare il lavoro o i compiti che dobbiamo svolgere, iniziamo a non identificarci con i ruoli, o con l'essere come la pubblicità ci chiede di essere e quindi, sotto pressione, perché non lo saremo mai.

 

Nel silenzio si avvertono più forti le emozioni?

Sì, nel senso che il silenzio è una sorta di amplificatore naturale: più è ampio il silenzio, più le emozioni si sentono, perché sono più nitide, più nette perché sono vicine vengono percepite più direttamente e autenticamente. 

 

Il silenzio ci permette di ascoltare e vivere l'emozione per quello che è.  

 

Silenzio non è tanto l'assenza di rumore, condizione ideale e irraggiungibile. Anche quando riuscissimo ad accettare tutti i rumori esterni, ed è impossibile perché non dipende da noi, visto quello che c'è fuori, avremmo comunque un rumore interno, che va dal battito del cuore allo scorrere dei pensieri. Il silenzio di cui parleremo nel corso "La cura del silenzio" è un po' come uno sfondo che permette ai sogni di essere senza interpretarli né giudicarli. Ci vuole una sorta di accettazione neutra del suono.

 

Andrea Loreni funambolo

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©Andrea Loreni

In città esiste silenzio?

Se stiamo molto attenti in certi momenti si presenta tra le note, tra le parole, tra i rumori della città, ogni tanto ha il sopravvento sul rumore. Se stiamo attenti possiamo coglierlo per un attimo. Poi magari un attimo dopo non c'è più, però quell'attimo ce lo siamo goduto.

 

Il silenzio può essere sgradevole?

Può esserlo per diversi motivi: perché ti mette in contatto con quelle parti di te stesso che non ti piacciono o quando in qualche modo è imposto, allora diventa solitudine, diventa disconoscimento dell'altro, diventa sentimento, una barriera, un'impossibilità dell'altro, peggio volontà di non contatto e non riconoscimento del mio essere. 

 

A volte il silenzio può offrire rumori terribili: non possiamo non ascoltarli, ma si può lavorare sul perché ci risultano tremendi e lavoriamo per trasformarlo.

 

Quale rapporto ha con la paura?

Siamo costantemente a rischio. Ci sono momenti in cui ho paura. Ho avuto paura, ho paura. Dal primo momento in cui ho messo il piede sul cavo, ho capito che avrei dovuto fare i conti con questo sentimento, nel senso che mi sarei dovuto concedere di viverlo. Perché camminare sul cavo spaventa

 

È un'attività pericolosa – che non vuol dire che sia una roulette russa da vivere con terrore, però bisogna avere la consapevolezza che in tutte le attività della vita ci sono dei rischi

 

Mi sono concesso di vivere con la paura, che è diventato uno strumento di lavoro, perché è quello strumento che mi dice di fare attenzione; ed è anche una possibilità che abbiamo: la vedo come uno dei tanti sentimenti che scompongono le nostre esistenze, quindi negarla e non volerla provare sarebbe come negare una parte di noi. 

 

Non deve essere vissuta come un martirio, ma per me deve essere vissuta perché può permettere di vivere dei momenti molto intensi, come per me il funambolismo. 

 

Cosa si prova quando si compie l'ultimo passo di una traversata?

È generalmente molto pericoloso: molti funamboli sono caduti all'ultimo passo perché si anticipa il finale, si esce dal tridente, pensando di aver finito, mentre si è finito soltanto quando si è a terra, ossia completamente dall'altra parte. 

 

Il funambolo ha questa criticità particolare: quando sono a terra, riposo tutte le emozioni, mi guardo indietro e mi stupisco per quello che siamo riusciti a fare io e la squadra che lavora per me montando il cavo. 

 

L'interessante è guardare indietro e vedere qualcosa che ci stupisce perché vediamo insieme al percorso tutte le potenzialità che magari non sappiamo neanche di avere, perché abbiamo paura di avere paura e ci blocchiamo, invece guardando indietro capisci che delle volte hai le capacità di fare delle cose che non avresti immaginato. Con l'ultimo passo mi guardo indietro e mi sorprendo di quel che sono riuscito a fare. 

 

Lei cammina nel cielo, non vola. Camminare è più lento ed è l'attività che meglio permette di pensare. Pensa molto, lassù? 

I pensieri ci sono, ma la strategia è non ascoltarli troppo, perché durante la traversata il punto centrale è il corpo: devo stare dentro il cammino, nel gesto molto concreto e terreno del cammino, non del volo che rischia di portarti via, non del volo che rischia di alleggerirmi troppo e rendermi troppo esposto al vento. 

 

Non deve essere assolutamente aereo il funambolo, deve avere un contatto molto forte con il cavo. Dunque, ci sono svariati pensieri, ma non bisogna ascoltarli.

 

Con le traversate sospese si avvicina alla meditazione zen, che prevede l’abbandono dei pensieri e il raggiungimento della pace con sé stessi. È già riuscito a raggiungere la sua pace interiore?

A tratti provo sensazioni di pace e  armonia, ma è una questione di momenti. Il punto sta nel cogliere questi momenti di armonia. Avviene a tratti: è quasi un accadimento cui bisogna fare attenzione

 

Lo zen insegna che noi siamo sempre illuminati, il punto è che abbiamo sempre troppe sovrastrutture che ci impediscono di vedere certe verità, che ci giudicano e ci aiutano invece a giudicarci, a staccarci, a vederci qualcos'altro rispetto a quello che siamo, quindi, sintetizzando la risposta è "siamo zen".

 

La meditazione può essere anche visione. Lei cosa vede?

C'è una citazione zen che dice: Prima della meditazione, le montagne erano montagne e i fiumi erano fiumi. Poi le montagne sono diventati fiumi e i fiumi montagne. Dopo le montagne sono tornate montagne e i fiumi fiumi

 

Questo per dire che vedo quello che vedevo prima, però a volte per quello che è, senza i filtri della mente. Per esempio, quando ho fatto la mia traversata più impegnativa, quella di Pennabilli, arrivato dall'altra parte, ho visto, le persone che mi aspettavano più illuminate, con i colori che erano veramente colori, il rosso era pienamente rosso: vedere senza i filtri della mente, la nebbia dei pensieri. 

 

E non è necessaria la meditazione, o il funambolismo, può capitare anche vedendo un paesaggio che ci mozza il fiato, o una visione inaspettata: se stiamo attenti a quel momento della percezione prima che partano le elaborazioni mentali, cogliamo la bellezza della realtà e la sua autenticità.

 

Andrea Loreni

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©Andrea Ottaviani

Il funambolo sperimenta la gentilezza verso se stesso. in che modo?

Sul cavo c'è la necessità di accogliere quello che viene, quindi ho dovuto elaborare. Essere gentili con queste parti che non ci piacciono.

 

Sul cavo è più difficile scappare via, quindi ci vuole accettazione degli umori e delle situazioni critiche, anche noi abbiamo delle parti che non ci piacciono e, invece di negare e cacciare una parte di noi allontanandola, dobbiamo accogliere quello che viene, essere teneri e accoglienti con queste parti che non ci piacciono, appunto essere gentili con esse.

 

Prenderci cura di noi con tenerezza è quello che faremo. Siamo essere fragili, spaventati e molto esposti e, quindi, diventa importante prenderci cura di noi con tenerezza, cerchiamo di esercitare questa gentilezza anche verso di noi.

 

Secondo la postura della meditazione, è meglio stare con la schiena dritta per stabilire un raccordo tra la terra, la testa e il cielo. Ogni traversata è una meditazione?

Sì, è una necessità di stare in quella postura di presenza e di accoglienza. Di presenza perché sul cavo una distrazione potrebbe essere fatale e di accoglienza per quanto abbiamo detto finora. Il punto dei miei corsi è lavorare sulla postura, cioè lavoro su una posizione del corpo che ci permetta di entrare nella vita, nelle nostre situazioni di tutti i giorni.

 

Una certa postura, disposta ad accogliere, disposta a essere trasformata, in questo legame che si verifica tra cielo e terra. Una sorta di luminosità, c'è la bellezza di una certa presenza dal momento che siamo esseri di luce.

 

Cos'ha significato per lei la traversata sul Tempio di Sogen-ji?

È stato una sorta di suggello al fatto che effettivamente zen e funambolismo hanno dei collegamenti, io li ho scoperti e ho iniziato a comprenderli parallelamente e quasi per caso: avevo intuito nel mio cammino sul cavo che c'erano degli elementi di contatto, quando sono stato invitato al tempio zen per la traversata, ne ho avuto la conferma.

 

Andrea Loreni

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©Andrea Loreni

Oggi abbiamo più bisogno di silenzio rispetto che in passato?

Effettivamente questo rumore sta diventando assordante, è una cacofonia, dove tutti urlano e urlano più forte. Siamo anche assaliti sempre più dai contrasti, anche nella struttura sempre più uno contro l'altro e porta a perderci in tutto questo rumore e a non ascoltare la nostra voce. 

 

Mi ha raccontato l'esperto di mindfulness Fabrizio Giuliani, il quale pure terrà il corso "La cura del silenzio", che c'è addirittura un turismo del silenzio, questo è il sintomo che ogni singolo ha bisogno di crearsi questo spazio di silenzio. Anche noi facciamo parte di questa cacofonia e farci luogo di silenzio per favorire un abbassamento dei toni generale.

 

Nel finale del film di Matteo Garrone “Il racconto dei racconti”, Lei cammina sulle teste dei protagonisti che la guardano come se lei si elevasse a simbolo di libertà. Il funambolo raggiunge la libertà nella traversata?

Sì, perché siamo liberi nel momento in cui abbandoniamo tutte le sovrastrutture perché stiamo vivendo il “qui e ora”. E non è la libertà di fare quello che voglio, ma di essere ciò che siamo.  

 

Diamo spazio  a tutto quello che c'è, dalla paura, alla gioia, bellezza, rischio, criticità, tutte parti della nostra esistenza e la libertà prevede pure che siano vissute pienamente. Siamo liberi quando siamo ciò che siamo