Lo Yoga integrale e i 12 archetipi junghiani

Intervista a Giacomo Colomba, autore del libro "Lo yoga integrale e i 12 archetipi", un testo che ripercorre le tappe della psicologia yogica per restituire al pensiero occidentale l'importanza della connessione con il divino attraverso il corpo.

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La psicologia yogica

Scopriamo le connessioni tra lo yoga e la psicologia attraverso i 12 archetipi junghiani e lo yoga integrale (Purna Yoga), grazie all'ultimo lavoro di Giacomo Colomba, autore di “Lo yoga integrale e i 12 archetipi”.

 

La psicologia yogica non deriva dalla psicologia del Novecento, “ma – si legge nell'introduzione dell'ultimo libro di Giacomo Colomba – è qualcosa di più vicino alle antiche forme di studio del comportamento umano e delle parti dell’anima. In tal proposito lo stesso Jung afferma che «la saggezza dell’India è la più profonda che esista e la ricerca della psicologia conferma passo dopo passo le affermazioni in essa contenute. L’antica scienza dell’anima dell’India è espressa dallo yoga, che si presenta come il percorso verso l’autoperfezione».

 

Lo yoga integrale permette la realizzazione dell'anima nell'unione in se stessa.

 

Purna yoga e realizzazione psichica

Lo yoga integrale (purna yoga) – spiega Colomba – prevede la realizzazione psichica, quella dell’anima evolutiva, ovvero immersa nel divenire, proprio perché tramite essa il sé viene vissuto non solo come uno stato d’essere di cui prendere coscienza, ma anche come un divenire da esprimere. 

 

L’unione in essenza e l’unione in espressione sintetizzate in un unico movimento psichico rappresentano appunto l’elemento che differenzia la realizzazione del sé nello yoga integrale da quella degli altri yoga”. 
 

 

Molto diversa è l'unione tantrica, ossia quella in espressione, nel divenire delle molteplicità.

 

L'unione tantrica

"L’unione tantrica è appunto quella in espressione, nel divenire della molteplicità, molto diversa dall’unione in essenza, che è invece tipica dei sistemi vedantici che cercano il “centro di gravità permanente”, l’essenza immobile distaccata dalla realtà materiale interpretata come sogno, illusione, maya. Secondo il Tantra invece la molteplicità dinamica non è affatto una illusione di cui siamo succubi, quanto piuttosto la Madre divina con la quale possiamo e dobbiamo identificarci per esprimerne i poteri”.

 

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Il concetto di divino nello yoga

Il concetto di divino è da intendersi in modo diverso da quello delle religioni occidentali e orientali. Precisa Colomba: “Il concetto di divino nello yoga integrale è diverso da quello di ogni religione, occidentale od orientale che sia. Lo yoga integrale inizia dove finiscono le religioni”. 

 

E per capire meglio spiega come purna yoga intenda il divino, ossia facendone esperienza: “Si tratta di una realtà inesauribile e paradossale per la mente, che per farsi prossima ad esso deve scinderlo in infiniti aspetti ed attributi. Qualsiasi modo di intendere il Divino è parziale e pertanto deve essere flessibile per essere utile, per lo meno fino a quando non se ne fa una esperienza concreta e irreversibile”.

 

Un'esperienza difficile da fare perché “esiste una condizione di prossimità al Divino che è tanto dinamica da lasciare sempre l’impressione di sentirlo scivolare dalle dita. E questo è il segreto: lasciarlo scivolare e permettergli di assumere tutte le forme necessarie. Formularlo una volta per tutte significa perderlo”.
 

 

Tuttavia non è impossibile raggiungere la realizzazione del divino. C'è riuscito Sri Aurobindo, sul cui pensiero si basa Auroville, dove Colomba vive. “Sri Aurobindo ha raggiunto una realizzazione del Divino mai compiuta precedentemente, e quello che rappresenta è la nostra possibilità di lasciare i vecchi yoga e le vecchie psicologie per evolvere in una condizione senza precedenti”.

 

I legami tra yoga e psicologia

È stato Aurobindo a evidenziare la stretta connessione tra yoga e psicologia, affermando: “Lo yoga non è altro che psicologia pratica”.

 

Secondo Colomba, non connesso alla filosofia è dunque lo yoga, ma alla psicologia, spiega lo scrittore: “Sri Aurobindo stesso afferma che lo yoga non sarebbe altro che psicologia applicata. Per secoli lo yoga si è inoltre espresso con un forbito linguaggio filosofico. Ma, ancora una volta, dobbiamo comprendere che nell’attuale epoca storica, gli approcci meramente filosofici e psicologici sono anacronistici. Il primo si limita ad apportare luce ed ordine nella mente senza alcun potere di cambiare la natura, mentre il secondo cerca di scandagliare nelle profondità inconsce con delle luci mentali spesso inadeguate ad affrontare le sorgenti del potere trasformativo e vitale”.

 

Colomba, in particolare, nel suo ultimo lavoro, stringe connessioni con il Libro rosso di Gustav Jung, poiché lo psicanalista svizzero seguì le proprie intuizioni per sviluppare una nuova scienza psicanalitica, andando a scavare nella materia prima fornitagli dai testi mistici, misterici, yogici, gnostici, tantrici e alchemici. E Colomba nell'introduzione “Da questo viaggio nel buio, nella morte e nel caos, Jung riuscì eroicamente ad estrarre vari tesori, tra i quali vanno annoverati i suoi dodici archetipi”.

 

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I 12 archetipi di Jung nella visione yoga

I dodici archetipi non sono elementi discreti e statici, essi rappresentano un dinamismo ed un percorso realizzativo, che possiamo attraversare - commenta l'autore -. Partiamo da un archetipo ma niente ci impedisce di attraversarli e realizzarli tutti. È inoltre importante capire qual è l’archetipo più importante in questa epoca, quella dello yoga integrale”.

 

La pratica dello yoga integrale e la scoperta del Sé

Non esistono esercizi né pratiche che facciano comprendere lo yoga integrale, che non rientra tra le varietà dello yoga dinamico, pur riconoscendo l'importanza dell'attività sportiva, al fine di far discendere ed emergere il divino nella materia. Perché – precisa Colomba – “lo yoga integrale non si basa su tecniche ed esercizi, e quand’anche essi facciano parte di qualche pratica, essi sono sempre elementi temporanei e validi solo per la persona che li pratica”.

 

Quindi, quando pretendiamo di controllare le emozioni e trattenerle, aumentano ansie e tensioni interne, e potrebbero anche emergere disturbi psicofisici, potremmo combatterli soltanto tenendole sotto controllo. Continua Colomba: “Ci sono emozioni distruttive che hanno bisogno di essere tenute sotto controllo. Il mero controllo mentale ha effetti repressivi, che a lungo termine portano a disfunzioni. Tuttavia non è consigliabile dare via libera a tutte le emozioni. Anche nelle loro forme primitive, le emozioni rappresentano una configurazione dell’energia vitale, che deve “psichicizzarsi”, ovvero mettersi a disposizione dell’anima per venire trasfigurata nella propria versione più alta ed armonica. La mente non ha questo potere ed è per questo che filosofia e psicologia sono limitate: nonostante la loro diffusione, viviamo in una società altamente disfunzionale”. 

 

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Non soltanto la fisicità, anche la meditazione non servirebbe secondo questa impostazione: “Anche la meditazione, per quanto positiva, è una attività prettamente mentale, che libera ma non trasforma. L’essere umano è composto da molti livelli, non solo quello mentale, pertanto imparare a concentrare la volontà in ognuno di essi e divenirne coscienti risulta essere uno scopo molto più adatto allo yoga integrale. La meditazione, infatti, rientra tra le energie mentali, invece è importante concentrarsi sulle energie emotive, quelle vitali, e quelle fisiche, al fine di ottenere una concentrazione integrale di tutto l’essere”.

 

Questa soppressione delle percezioni mentali si rende necessaria perché “Che psiche e corpo siano separati è solo una percezione mentale, per giungere ad una percezione di psiche e corpo come uno, è necessario elevarsi al di sopra della mente. Finché si rimane nella mente si possono avere solo intuizioni di questa unità”.

 

Purna yoga, come le altre varietà dello yoga, sono raccomandati a chi ha subito traumi difficili da superare o a chi cerca se stesso perché “I traumi sono il lato oscuro di tesori mai conquistati - chiarisce Colomba -. Uno yoga integrale, ovvero trasformativo, certamente conquista questi tesori, invece di evitare il dolore e congedare la realtà come illusione. Siamo troppo legati ai nostri traumi, perché non siamo connessi al . Le Upanishad ci dicono chiaramente che il Sé non può essere ucciso, bruciato, seccato, ferito, bagnato. Il Sé è al di sopra di tutti i traumi, e connettendosi con esso, ce ne eleviamo in un sol colpo”.

 

Infine, c'è lo yoga integrale esoterico. “Con esoterico si intende quanto può essere compreso solo a chi appartiene all’interno di una data cerchia e non da tutti. Ma anche intendendolo come “interiore”, diverso da “esteriore”, ancora una volta questa si tratta di una distinzione mentale: per lo spirito non esiste dentro e fuori ed entrambi questi aspetti vanno percepiti e realizzati come divini”. Esistono due lati dello yoga esoterico integrale, che ci indica Colomba: “quello relativo ai piani occulti, intermedi tra il fisico e lo spirito, e quello relativo alle trasformazioni corporee. Del primo si tende a non parlarne perché quei piani vanno attraversati solo sotto la protezione di una speciale Grazia, mentre del secondo si preferisce non fare menzione per lasciare libertà al corpo di andare attraverso tutti i cambiamenti necessari senza l’influenza della nostra immaginazione”.