Come spiegare la malattia a un bambino

La malattia è uno di quegli eventi che vorremmo nascondere ai bambini, ma è necessario spiegare loro cos'è e cosa comporta, con qualche accorgimento sulla forma.

Come spiegare la malattia a un bambino

Com'è bello guardare i bambini giocare. Per coloro che li apprezzano, i bambini sono anche un modo per rivedersi da piccoli e questa immedesimazione è parte della molla che ci porta a proteggerli dai danni fisici, ma anche sociali e psicologici.

Il desiderio di vederli sempre felici ha anche delle conseguenze non ottimali: il non permettergli di scontrarsi, poco alla volta, in base alle loro capacità con difficoltà ed eventi difficili della vita.

La morte è uno di questi eventi, ma anche una malattia per qualche genitore è fonte di domande: ma glielo devo proprio dire? come può capire la malattia?

Perché farlo preoccupare inutilmente? Ma la vera domande non è se sia il caso di comunicare una malattia, ma come spiegarla ad un bambino.

 

I pericoli del silenzio

Paul Watzlawick nell'enunciare gli assiomi della comunicazione, cardine della Scuola di Palo Alto, parte dal celebre: "non si può non comunicare".

Non è possibile essere completamente neutri e non comunicare nulla perché la comunicazione non dipende solo da noi, ma anche da chi ci osserva e cerca di dare una spiegazione a ciò che vede.

Questo assioma non riguarda solo coloro che lavorano nella comunicazione, ma si cala perfettamente nel quotidiano, come in questo caso.


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La malattia va comunicata al bambino:

> Se è sua, per spiegargli come funziona il suo corpo e comprendere il significato di quello che gli sta succedendo e delle eventuali restrizioni alle sue solite attività;

> se è di qualcuno a lui vicino, per evitare di dare spiegazioni errate agli sguardi furtivi degli adulti e alla loro mezze parole scambiate.

 

Quando qualcuno si ammala, gravemente o meno, gli adulti ne parlano, anche abbondantemente, ma all'arrivo del bambino tutti improvvisamente tacciono.

Il bambino capisce che qualcosa di importante è nell'aria e cerca con le sue sole forze di comprendere, ma ragiona da bambino, cioè da individuo egocentrico.

Il rischio è quello di creare delle spiegazioni errate che nella maggior parte dei casi vedono il piccolo come la causa dei problemi.

 

Iniziamo dall'adulto...

E rieccoci alla partenza: come ne parliamo? Come per ogni  altro aspetto educativo si parte dalle convinzioni dell'adulto. Ognuno di noi sperimenta la malattia in modo specifico e tali rappresentazioni possono essere raffigurate attraverso delle metafore, delle immagini.

Quando ero docente per i corsi dedicati agli OSS una delle prime lezioni era dedicata proprio a questo tema: come concepite la malattia?

Le metafore erano le più diverse: un nemico da sconfiggere, un evento naturale da accettare, un buco nero di difficile comprensione o un evento meccanico, una sorta di reazione biologica da comprendere. Questo è il punto di partenza, come vive la malattia l'adulto così la trasmetterà sinceramente al bambino.

 

... e arriviamo al bambino

Come detto in precedenza un bambino ragiona da bambino, con delle caratteristiche che sono proprie della sua età. Un bambino non è più semplice, oppure comprende di meno, ma usa delle regole di ragionamento che gli sono proprie.

Ciò significa che, finché non termina la sua maturazione cognitiva con l'adolescenza, dovremmo prima capire a che stadio di ragionamento il piccolo si trova prendendo come spunto, ad esempio, gli stadi di Piaget.

 

Ci sono delle indicazioni di massima:

> Più il bambino è piccolo più si affida al pensiero magico caratterizzato dalla possibilità di vedere il rapporto causa effetto dove si vuole e soprattutto dove i talismani scaccia - problemi esistono e sono realmente efficaci. Il bambino ragiona in termini concreti; sarebbe meglio non parlare di fenomeni astratti, ma renderli concreti (la malattia ha un nome e può anche avere un aspetto che la caratterizza)

> per i bambini più piccoli il pensiero magico si associa all'animismo, cioè tutto può diventare un personaggio vivo, vero e dotato di intenzionalità. Il corpo, così come presentato in un noto cartone animato degli anni '90 è abitato da piccoli omini che rappresentano, organi, funzioni e lottatori contro la malattia.

 

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