I modelli psicologici che spiegano l'insonnia

Molti modelli psicologici di matrice cognitivo - comportamentale sono stati sviluppati per spiegare l’insonnia. Vediamone insieme qualcuno

I modelli psicologici che spiegano l'insonnia

Di seguito, vediamo una serie di modelli psicologici che sono stati studiati per spiegare le cause dell'insonnia.

Partiamo col primo.

 

Sonno ed arousal

Il modello dell’insonnia di Morin (1993) fa dell’arousal (cognitivo, emotivo, fisiologico; dall'inglese "eccitazione", "risveglio") la caratteristica principale dell’insonnia. Con il termine "arousal" s'intende uno stato di eccitazione del sistema nervoso in risposta ad uno stimolo ovvero di un maggiore stato attentivo-cognitivo di vigilanza e pronta reazione. Secondo Morin, l’eccessivo arousal è un fattore causale dell’insonnia ma al tempo stesso ne è rinforzato.

Potrebbe cioè verificarsi che la condizione di eccessivo arousal, ovvero di eccessiva attivazione, interrompa la naturale sequenza che porta al sonno come il rilassamento, la sonnolenza e l’addormentamento.

Potrebbe verificarsi inoltre che dopo alcune notti passate in bianco la persona possa associare la camera da letto o la routine nel disporsi a letto con l’apprensione per il proprio sonno e la paura di non riuscire a dormire ancora. Questo processo porterà più facilmente la persona a non dormire anche quella notte (condizionamento negativo).

Ogni persona ha un livello di suscettibilità diverso a questo condizionamento, a seconda di quanto è generalmente preoccupato per il sonno. Tendenzialmente, la più tipica reazione è la preoccupazione circa le ricadute sull’efficienza diurna della perdita di sonno. In questo modo la persona si dispone a letto sforzandosi a dormire, generando una sorta di ansia da prestazione per il sonno.

Le conseguenze diurne (irritabilità, fatica, disagio sociale e difficoltà nelle prestazioni cognitive) contribuiscono ulteriormente a ricordare alla persona quanto dorme male e come il suo problema sia irrimediabile.

Questo processo spinge generalmente la persona ad acquisire una serie di abitudini, come i sonnellini pomeridiani e l’eccessivo tempo passato a letto; oppure di pensieri e preoccupazioni circa le conseguenze della perdita di sonno, che sono disfunzionali per il sonno stesso, alimentandone il circolo vizioso.

Secondo il modello di Morin, quindi, questi fattori comportamentali e cognitivi incrementano l’arousal e l’ansia anticipatoria per il sonno che sono l’esatto contrario del rilassamento spontaneo che lo facilita.

 

Il bias attentivo nei disturbi dell'insonnia

 

Spontaneità e sonno

Secondo Espie e collaboratori (2006), il sonno è un processo automatico. I buoni dormitori spontaneamente si abbandonano al sonno privi di una qualsiasi istanza di controllo e sforzo. Il buon dormitore, così come fa quando cammina, si dispone a letto senza pensarci troppo e senza piani espliciti per dormire.

Secondo questi studiosi, l’automaticità del sonno ha un ruolo centrale nella regolazione del sonno: la sua spontaneità e automaticità invece viene persa quando la persona presta attenzione in modo selettivo al sonno, si sforza a tutti i costi ed esplicitamente di dormire.

Secondo gli autori, quindi, attenzione selettiva, intenzione esplicita e sforzo sono i 3 elementi cognitivi principali che portano al’insonnia.

Secondo Harvey (2002, 2005), l’insonnia può essere spiegata tramite una serie di processi cognitivi attivi sia di giorno che di notte:

  1. le persone con insonnia sono più preoccupate nel pre-addormentamento e presentano pensieri intrusivi spiacevoli;
  2. l’eccessiva preoccupazione e ruminazione aumenta il livello di arousal;
  3. la condizione d’ansia porta a un monitoraggio attentivo di stimoli interni e ambientali che costituiscono una minaccia per il sonno. Aumenta così la probabilità di individuare degli stimoli realmente minacciosi per il sonno;
  4. le persone sovrastimano il disturbo notturno e le relative conseguenze diurne, incrementando l’ansia di cui al punto 1
  5. le errate convinzioni e i comportamenti messi in atto per rimediare incrementano ulteriormente il disturbo di sonno.

Conoscere approfonditamente questi modelli è un'importante risorsa per lo psicologo clinico che, partendo da queste spiegazioni psicologiche e comportamentali, può affidarsi a dei piani di trattamento e delle tecniche specifche ed efficaci (in quanto empiricamente dimostrate) del trattamento dell'insonnia che sono state fatte derivare proprio da alcuni di questi modelli interpretativi. 


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