Superstizione e gesti scaramantici, riti irrinunciabili per ingraziarsi l'anno nuovo

Chi rinuncerebbe a mangiare le lenticchie a capodanno? Probabilmente nessuno, anche chi solitamente non ama i legumi… Di tutti i periodi dell’anno, questo è quello più denso di rituali e gesti scaramantici, servono davvero per un nuovo anno fortunato?

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Le leggende celtiche considerano il vischio simbolo di fortuna e prosperità per gli amanti. Le intramontabili lenticchie richiamano la forma delle monete di cui ci si augura di riempire il portafogli. Il rosso è il colore del sangue e dunque del rinnovamento della vita che scorre … 

 

I più comuni riti di capodanno hanno un forte richiamo simbolico a ciò che dovrebbero propiziare o a ciò da cui dovrebbero proteggerci. Ma quanto val la pena “stare al gioco” e credere (o far finta di credere) a questi riti portafortuna?

 

Scongiuri per il fine anno: ne abbiamo bisogno?

Anno vecchio che scappa via e anno nuovo che si apre… Inevitabilmente tutti noi siamo portati a fare dei bilanci, a ideare buoni propositi per i mesi a venire o comunque a desiderare un rinnovamento non solo dei fogli del calendario, ma anche di qualcosa di noi e delle nostre vite. 

 

Ci si augura naturalmente che questi cambiamenti non solo avvengano ma lo facciano in meglio! Eh sì perché la transizione fra il vecchio e il nuovo anno suscita in qualche modo un fermento, un’inquietudine o in alcuni una vera e propria eccitazione, insomma, raramente lascia indifferenti. 

 

Si ha irrazionalmente un po’ la sensazione che questo “passaggio” generi in sé comunque un movimento, che anticipi in qualche modo un qualcosa che deve arrivare e che renderà diverse le cose, non sappiamo quali e come, da come sono ora. E dunque tanto vale cercare di ingraziarsi questo “cambio di passo” a proprio vantaggio! 

 

Questi rituali scaramantici possono essere considerati a metà tra riti collettivi, tradizioni popolari e superstizioni individuali. Possono avere effetti benefici per la nostra mente se sappiamo stare alle regole del “gioco” e non prendiamo il gioco a modello della realtà di fatto… 

 

Portafortuna, scongiuri e psicopatologia

La psicologia della superstizione ha studiato piuttosto approfonditamente le motivazioni  che inducono gli esseri umani (chi più chi meno) ad aderire a gesti scaramantici o rituali portafortuna. Alla base di questo fenomeno risiede una modalità di pensare e interpretare gli eventi che tutti noi conosciamo fin da bambini, si tratta di quella facoltà definita dagli psicologi come pensiero magico.

 

I bambini, infatti, hanno ancora una visione autocentrata degli eventi: sono portati a ritenersi onnipotenti, a considerare ogni gesto altrui come riferito a sé stessi e a ritenere equivalenti fantasia e realtà, intenzione e azione. Un gesto compiuto nella fantasia – benché egli sappia che appartiene al regno dell’immaginario - ha per un bambino la stessa dignità e la stessa legittimità ontologica di un’azione compiuta nel mondo reale. Questo rende ragione della fervida immaginazione, dell’inesauribile creatività e della totale immersione nella dimensione del gioco di cui sono capaci i bambini.

 

Anche se crescendo questa modalità magica di pensiero viene soppiantanta da altre più razionali e complesse, essa rimane a far parte del nostro arsenale cognitivo ed è il motore del ricorso alla superstizione. In fondo quando ci piace credere che le lenticchie ci porteranno denaro stiamo un po’ giocando, ci stiamo concedendo la possibilità di far finta che gli eventi della vita possano essere controllati e direzionati da noi tramite semplici atti del pensiero e che se noi lo vogliamo tutto andrà bene

 

Il confine fra gioco e realtà

Dovremmo forse rinunciare a questi gesti scaramantici e accostarci con una certa dose di cinismo e di imperturbabile raziocinio al nuovo anno considerandolo un semplice avanzamento nel calendario? Decisamente no, ma con dei distinguo…

 

Anzitutto celebrare il nuovo anno è qualcosa che risale a rituali antichissimi con cui le culture umane che ci hanno preceduto si propiziavano, durante i mesi invernali, il rinnovamento della natura e il ritorno della bella stagione e con essa dei frutti della terra. Si tratta di lasciare che la nostra mente si accosti a questa dimensione sovrapersonale che celebra e propizia un rinnovamento, non tanto della terra quanto della psiche in un momento dell’anno in cui più che in altre stagioni è favorita l’introversione e l’introspezione in sé stessi verso le sensazioni e le percezioni di ciò che – come i germogli sommersi dalle nevi invernali – c’è in potenza ma ancora non si vede. È il momento in cui far generare dentro di sé la speranza, il desiderio, la tensione alla crescita e al rinnovamento. 

 

I rituali di buon augurio che da tradizione osserviamo ogni fine dell’anno - nutriti di quella forza creativa e immaginifica che solo il pensiero infantile può darci – possono diventare allora dei segnapassi, dei piccoli simboli esteriori dei germogli che ci auguriamo per il nostro rinnovamento interiore. I rituali in fondo servono anche a questo: a rendere l’ambiente fisico fuori da noi consonante e in armonia con i nostri moti interiori

 

Più questi movimenti psichici sono impalpabili, indefiniti, ancora oscuri e più, per esteriorizzarli e accompagnarli, dobbiamo far ricorso al simbolo, all’immaginifico, al potere dell’irrazionale. Se utilizzati come strumenti di sostegno all’introspezione e alla cura di sé, anche le lenticchie o il buon vecchio vischio possono assumere per noi significati personalissimi e potenti.

 

Attenzione invece che il ricorso a questi gesti scaramantici non sia sostanziato da un pensiero eccessivamente concreto, che non diventino cioè mezzi di cui “realmente” la psiche ha bisogno per preservare un sufficiente senso di controllo e di padronanza di sé e della realtà. Ci troveremmo in tal caso nel novero dei disagi di natura ossessivo-compulsiva, che rischiano di bloccare e soffocare le capacità creative e rigenerative della psiche se non trovano uno spazio di ascolto psicologico in cui essere sciolti e decodificati.