Perché smettiamo di avere speranza?

“La speranza è l’ultima a morire” recita un vecchio detto. Troppo spesso smettiamo di avere speranza e di confidare in una riuscita positiva degli eventi. Eppure questa emozione può fare la differenza sul nostro benessere psicologico: impariamo dunque a coltivarla!

Perché smettiamo di avere speranza?

 

La speranza è un oggetto di studio relativamente nuovo nell’ambito delle scienze psicologiche, tradizionalmente più interessate a stati di disagio che a ciò che consente alle persone di essere felici e in salute.

Da alcun decenni esistono però alcune branche come la Psicologia Positiva e la Psicologia della Salute che pongono rilievo proprio su questi aspetti sani e di sviluppo della persona.

Concordemente, anche altre branche teoriche della psicologia pongono oggi in rilievo non solo gli elementi di malessere, ma anche quelli di benessere che possono coesistere nella personalità umana.

La speranza rappresenta in tal senso un elemento fondamentale nella nostra “tavolozza emozionale”, vediamo perché!

 

Speranza: da aspettativa positiva a fiducia incondizionata

La speranza è stata anticamente più appannaggio di filosofi e teorici delle religioni, considerata un fenomeno più mistico che psicologico, più impalpabile di altre emozioni a forte connotazione anche fisiologica (si pensi alla rabbia o alla gioia) e quindi più tardivamente considerata nel novero delle emozioni importanti per la vita psicologica.

Fu Karl Menninger nel 1959 a portare per primo l’attenzione degli psicologi sulla speranza pubblicando un lavoro sull’American Journal of Psychiatry dal titolo “The academic lecture on hope”.

Egli la concettualizzò come una forma di aspettativa positiva riguardo al raggiungimento di un obiettivo e la considerò uno dei fattori clinici importanti nei processi di cambiamento e miglioramento terapeutico dei suoi pazienti.

In altre parole, quello che Menninger suggeriva era che l’atteggiamento emozionale col quale la persona si approcciava al percorso di cura fosse in grado di influenzarne gli esiti.

Nei decenni seguenti, la speranza è stata studiata più approfonditamente: si è compreso, ad esempio, che essa non coincide del tutto con un’aspettativa positiva.

Quest’ultima, infatti, si fonda su una ragionevole previsionalità del fatto che accadrà o non accadrà una certa cosa (Miceli e Castelfranchi, 2010). La speranza, al contrario, viene nutrita anche quando si ha un’aspettativa negativa, anzi è proprio in questo frangente, quando cioè le cose “non promettono bene”, che entra in gioco questa emozione!

Avere fiducia nel fatto che le cose possano risolversi per il meglio anche quando tutto sembra lasciarci prevedere il contrario è un elemento distintivo della speranza e permette di distinguerla sia da un’aspettativa positiva, che da altre emozioni “positive” come gioia o felicità.

 

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Avere speranza: volere è potere

Ma non si creda per questo che la speranza sia sinonimo di ottimismo a ogni costo, né che rappresenti un’illusoria e misera consolazione ai nostri guai. Questa emozione, infatti, non riguarda una “magica” risoluzione degli eventi, a prescindere da noi e dal nostro operato.

Non stiamo confidando nel fatto che a un certo punto la fortuna o l’intervento di altri che inaspettatamente arriveranno a salvarci. Se questo avviene, certo, tanto di guadagnato, ma il senso più profondo della speranza non è questo, ma nella fiducia di poter raggiungere il nostro obiettivo potendo mettere in campo strategie adeguate.

Per Rick Snyder, un esponente della Psicologia Positiva, avere speranza consiste in questo: confidare di avere il potere di procedere nella direzione delle proprie mete.

Ecco, dunque aggiungersi un secondo elemento distintivo della speranza: avere fiducia nella proprie capacità di risolvere gli eventi, anche quando ci si presentano delle difficoltà o contrarietà.

 

Avere speranza e gestire lo stress

La speranza è un’emozione dunque molto complessa, che chiama in causa diversi altri elementi che vanno dalla capacità di provare fiducia, alla sensazione di agentività e autoefficacia, alla resilienza di fronte agli eventi negativi.

Le persone che nutrono speranza, infatti, sono in grado di affrontare le difficoltà con maggiore determinazione, considerandole sfide da superare (piuttosto che ostacoli insormontabili) e sono conseguentemente in grado di adottare strategie di coping più funzionali a gestire lo stress preservando così il proprio benessere psicologico.

 

La speranza si nutre dell’assenza

Avere speranza costituisce dunque un traguardo emozionale piuttosto complesso, implica il poter confidare nella bontà dei nostri propositi e delle nostre capacità anche in assenza di una conferma in tal senso.

Implica anche il poter mantenere alta la motivazione a raggiungere un determinato obiettivo, senza lasciare che essa si affievolisca con il profilarsi di difficoltà.

Implica, insomma, la capacità di poter nutrire e mantenere un orizzonte di riferimento più ampio nel valutare l’impatto delle nostre azioni e degli eventi che accadono non perdendo di vista la meta.

Saper nutrire un sentimento di fiducia anche in assenza di un risultato immediato o di una conferma esterna: così potremmo sintetizzare la caratteristica fondamentale della speranza.

“Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è arreso”.

(Nelson Mandela)

 

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