Intelligenza e forza di volontà, miti da sfatare

Una credenza molto diffusa correla l’intelligenza al pensiero logico-razionale e all’esercizio della forza di volontà. Ma il mito del “volere è potere” mostra tutti i suoi limiti.

intelligenza-forza-di-volontà

Credit foto
© Wavebreak Media Ltd / 123rf.com

L’intelligenza non è solo questione di razionalità e forza di volontà anche se spesso ci piace pensarla in questi termini. La nostra capacità di adattarci all’ambiente e di trovare soluzioni adeguate ai problemi che incontriamo dipende solo in parte dall’esercizio di queste facoltà “hard” della mente.

 

Esiste tutta una parte divergente, creativa e meno codificata della nostra intelligenza che sfrutta meccanismi più intuitivi e istintivi. In altre parole: per risolvere i problemi a volte conviene adottare un approccio rilassato, mettere da parte lo sforzo e la tanto sopravvalutata forza di volontà… 

 

Intelligenza e forza di volontà

La forza di volontà non è in sé qualcosa di più o meno importante di altre facoltà della mente, ciò che la rende sopravvalutata è probabilmente il tipo di cultura in cui attualmente viviamo. Nel mondo globalizzato e “liquido” in cui ci troviamo, come hanno osservato molto sociologi e psicologi, è venuto a predominare ormai un assetto fortemente individualista che privilegia l’iniziativa, la scelta e la responsabilità personale sulle direzioni da dare alla propria vita. 

 

È via via venuta meno l’importanza di istituzioni e tradizioni di tipo comunitario che in precedenza orientavano la vita degli individui. Il tutto a favore di una maggiore libertà personale che consente (e costringe al tempo stesso) alla persona di inventare sé stessa, essere artefice del proprio destino

 

Questo mito del “self man” di stampo americano è in parte diffuso anche nella nostra cultura europea. Come lo stesso Bauman ha più volte osservato, questa libertà individuale, questa spinta all’autodeterminzione e all’autorealizzazione ha dei costi sociali e personali non irrilevanti. 

 

Si alimenta infatti la credenza che tutto si può e, quindi, si deve, addossando alla forza di volontà degli individui la responsabilità dei loro successi o fallimenti. Questa onnipotenza dal mito della forza di volontà sembrerebbe dunque espressione della nostra cultura e, come osservato da altri, si rifletterebbe anche nella forma che assumono, ormai da diversi decenni, i disagi psicologici. 

 

Questi ultimi sono sempre più raramente espressione di un conflitto fra i desideri individuali e le richieste sociali (come avveniva nella repressiva età vittoriana del buon vecchio Freud), ma sempre più spesso segnale di una profonda difficoltà delle persone a trovare sé stesse, a gestire il vuoto interiore, a capire chi sono e che direzione dare alla propria vita, in che modo riuscire a sentirsi degne di stima e non fallimentari o impostori di sé stessi. 

 

La forza di volontà richiede agli individui di raggiungere il successo qualunque esso sia, i disagi della psiche rivelano le conseguenze alienanti di questa impostazione esprimendo un bisogno di autenticità, con sé stessi e con gli altri, che nulla ha a che fare con la prima. 

 

Autocontrollo e stress

La forza di volontà e l’autocontrollo possono essere i migliori alleati dell’intelligenza, ma anche avere effetti paradossi contrari a quelli sperati. Ne è un esempio quello che accade in molte diete restrittive dove la persona passa diverso tempo a esercitare una costante forma di autocontrollo sul proprio desiderio di mangiare finché ad un certo punto, magari in occasione di una banale difficoltà quotidiana, si lascia completamente andare, perde improvvisamente il controllo della propria alimentazione e, spesso, recupera i chili persi con gli interessi. 

 

Quello che avviene in questi casi è che la persona, cercando di dare
una risposta “intelligente” ai propri problemi di peso, finisce per peggiorarli ancora di più. Non solo perché l’autocontrollo esercitato sul proprio impulso a mangiare le fa perdere il contatto con le sensazioni reali di fame e sazietà. Ma anche perché questo continuo esercizio della forza di volontà per contrastare il desiderio di cibo esaurisce cognitivamente la mente, crea un costante e cronico carico di stress che rende la persona già affaticata e meno resiliente agli altri occasionali stress della vita. 

 

Sarà dunque proprio in queste occasioni che perderà più facilmente il controllo così tanto faticosamente mantenuto fino a quel momento.

 

D’altra parte ci sono tutta una serie di circostanze in cui grazie alla forza di volontà le persone riescono a sfidare i propri limiti e raggiungere obiettivi che mai si sarebbero aspettate. Pensiamo agli sportivi e a quanto la concentrazione e la fiducia nelle proprie capacità, spesso alimentata da un buon allenatore, possa permettere all’atleta di riuscire al meglio delle proprie possibilità. 

 

Conflitto tra bisogni fisici e bisogni psicologici

In realtà fra la prima situazione e la seconda ci sono delle importanti differenze. Nel primo esempio, quello della dieta restrittiva, la persona vive un pesante conflitto: fra i suoi bisogni fisici (mangiare per mantenere il peso corporeo di quel momento, eh sì è così che funziona il metabolismo! Ecco perché anche persone gravemente obese se fanno diete drastiche possono andare incontro a tutte le conseguenze di una
denutrizione) e i suoi bisogni psicologici (sentirsi più attraenti, più sicuri di sé eccetera). Più esercita in modo “coatto” la forza di volontà e più il corpo – già messo a dura prova da una precedente alimentazione disregolata comunque contraria alle sue necessità fisiologiche – si affatica, avverte bisogni non soddisfatti e infine si ribella. 

 

Inoltre la dieta rigida sottrae spesso il piacere di mangiare con gusto e di condividere una piacevole convivialità con gli altri andando ad influenzare anche la vita di relazione. La forza di volontà in questi casi alimenta un conflitto fra bisogni, tendenze e forze opposte che portano progressivamente ad un esaurimento fisico e mentale

 

Concentrazione rilassata

Nel secondo esempio invece l’atleta utilizza la propria intelligenza e forza di volontà al servizio dei propri obiettivi e delle reali potenzialità del suo corpo: il fine è quello di assecondare e ottimizzare ciò che il suo fisico, grazie all’allenamento, è realmente in grado di fare. Sarebbe sbagliato però pensare che in questo caso si tratta di mera forza di volontà. 

 

Si tratta più spesso, e gli atleti di eccellenza lo sanno bene, di uno stato mentale di massima concentrazione in cui al tempo stesso la mente è rilassata, priva di tensioni e di forzo. Alcuni lo chiamano uno stato di flow: uno stato di massima concentrazione in cui la persona agisce in modo semi-automatico e istintivo facendo leva soprattutto sulle facoltà intuitive della mente. 

 

È uno stato di concentrazione rilassata che fa sì che, nel perseguimento di un obiettivo, alla componente volontaria e cosciente si accordi una componente involontaria e inconscia dell’atteggiamento e della motivazione della persona.

 

È quanto si cerca di fare nel mental training degli sportivi o dei musicisti sfruttando il rilassamento mentale profondo raggiunto ad esempio con Training Autogeno. 

 

Chiunque inizia ad apprendere le basi di questo metodo constaterà, fin dal principio, come per raggiungere il rilassamento psico-fisico debba prima
imparare a mettere da parte il controllo e la forza di volontà: queste gli saranno solo di intralcio perché dire a sé stessi che ci si “deve” rilassare significa intimarsi un’ingiunzione paradossale: costringersi volontariamente a entrare in uno stato della mente che può avvenire solo spontaneamente e in accordo con le facoltà involontarie del nostro corpo.

 

È un po’ lo stesso tipo di paradosso che sperimenta chi, in preda a una notte insonne, provi a costringersi a dormire: la forza di volontà in questo caso non farà che aggravare il problema. 

 

L'importanza di capire cosa si vuole in modo chiaro

Quello che ci rappresentiamo con la mente, in uno stato di rilassamento, mettendo da parte tensioni e preoccupazioni, è quello che più di ogni altra cosa può influenzare le nostre performance e il raggiungimento dei nostri obiettivi. 

 

Spesso è più importante riuscire a capire cosa realmente si vuole, di
cosa si ha veramente bisogno e rappresentarselo in una forma il più possibile vivida, concreta, oggettivabile e misurabile. 

 

Avere obiettivi vaghi o confusi non fa che schiacciarci sotto una meta che viviamo più grande di noi e imperscrutabile e non ci sarà forza di volontà che tenga: rischieremo di andare incontro a ripetuti fallimenti o di inseguire con ambizione sfrenata un traguardo dietro l’altro senza mai essere veramente soddisfatti.

 

È importante invece sapere cosa si vuole, poterlo immaginare come realistico, concretizzabile e raggiungibile. Se vi state ponendo un obiettivo nella vostra vita – che sia nel lavoro, negli affetti o in qualsiasi altro ambito – e vi rendete conto di non riuscire a immaginarlo nella sua realizzazione, di non riuscire a calarvi in uno scenario mentale in cui potete rappresentarvi il suo compimento, allora può essere il caso di fermarvi e fare un bel respiro...