Quando la preghiera influenza il cervello

Al via uno studio neuroscientifico che si propone di esplorare le modificazioni che l’attività di preghiera eserciterebbe sul cervello umano. Si potrebbe riscontrare che le neuroscienze sono più tolleranti e democratiche di certi fenomeni sociali se venisse confermato che non ci sono differenze fra le preghiere di diverse confessioni religiose.

Quando la preghiera influenza il cervello

Per ora la notizia è solo accennata e lo studio sembra ancora in corso, certo è che ha del paradossale pensare ad un gruppo di persone – in questo caso di fede mormona – che si riuniscono a pregare… in un tubo di risonanza magnetica!

Questo il sito “sperimentale” che permetterà ai ricercatori Jeff Anderson e Julie Korenberg, dell'università dello Utah di rilevare le modificazioni cerebrali che avvengono durante l’attività di preghiera e, con esse, eventuali modificazioni epigenetiche.

 

Preghiera e cervello

La ricerca ha attirato numerosi volontari evidentemente attratti dall’idea che, la propria attività di preghiera, in un’epoca “laica” come quella dell’Occidente attuale, divenisse oggetto di studio scientifico!

Eh sì, perché scienza e spiritualità sembrano non essere più due mondi così contrapposti. Ne sono prova precedenti illustri come le ricerche neuroscientifiche compiute su cervello e meditazione buddhista promosse dal Mind and Life Institute: la meditazione cambia il nostro cervello.

E allora, seguendo coerentemente l’ipotesi dei ricercatori americani, perché non dovrebbe avere i suoi effetti anche l’attività di preghiera di altre religioni?

 

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Se la preghiera e la fede aiutano a mantenersi in salute

Certo, c’è da aspettarsi che le modificazioni nell’attività cerebrale più che dipendere dal tipo di confessione religiosa, varino a seconda dell’uso che si fa della preghiera stessa.

Quanto cioè tale attività rappresenti un mezzo per accedere ad uno stato di coscienza differente e se e in che modo possa avere dei benefici sul benessere psicologico e fisico a lungo termine.

Studi precedenti, d’altra parte, avevano già suggerito come possa esserci un legame tra fede e longevità e come la fede religiosa (quindi anche la preghiera) possa aiutare a mantenersi in salute.

 

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Che la preghiera, dunque, possa riabilitare lo statuto della religione e della spiritualità agli occhi delle neuroscienze così come è avvenuto per la meditazione? Staremo a vedere.

Fa riflettere piuttosto uno degli intenti con cui, stando alle fonti dell’ANSA, potrebbero essere utilizzati i risultati di questo studio, se le ipotesi dei due ricercatori venissero confermate.

Quello, cioè, di poter magari dimostrare che gli effetti della preghiera sul cervello umano sono gli stessi a prescindere da credo e confessioni religiose.

Davvero abbiamo bisogno delle neuroscienze per dare validità e legittimità ad un principio e un diritto umano così universale e basilare? In un momento in cui la fede religiosa viene strumentalizzata per distruggere l’essere umano invece che per farlo vivere e crescere, questa ricerca fa riflettere.

 

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