Fede e longevità: credere in Dio aiuta a mantenersi in salute?

Coloro che aderiscono ad una religione o ad un movimento spirituale vivono meglio e più a lungo… E’ quanto emerge da alcuni studi condotti sul rapporto tra fede e longevità. La religiosità aiuta a dare un senso a ciò che accade e fornisce sistemi di che permettono di fronteggiare positivamente eventi traumatici o stressanti rappresentando una vera e propria strategia di coping positivo per reagire ed affrontare costruttivamente gli eventi.

Fede e longevità: credere in Dio aiuta a mantenersi in salute?

Diversi studi sembrano ormai evidenziare un legame tra fede e longevità e, più in generale, tra religiosità, salute e benessere psicologico. Vari sono i fattori attraverso i quali la fede e un credo religioso attutiscono l’impatto di eventi stressanti consentendo di dare un senso al mondo, usufruire di sostegno sociale da parte di una comunità, ridefinire positivamente le difficoltà della vita come occasioni di crescita e cambiamento spirituale.

 

Fede e Salute psico-fisica

La fede in Dio e la religiosità sembrerebbero correlate ad una maggiore longevità e ad un minor rischio di disturbi psicologici sia in età adulta che in adolescenza. Questi studi evidenziano come fede e religiosità possano essere fattori protettivi contro l’insorgenza di disturbi psicologici, come la depressione e i disturbi alimentari (Jersild, D., Happy Hours, Alchol in a woman’ life, New York Perennial, 2001) e contribuire al mantenimento della condizione medica generale accelerando il decorso postoperatorio di pazienti ospedalizzati o aiutando a convivere con malattie terminali come il cancro o l’HIV preservando una miglior qualità della vita.

 

Fede e strategie di coping

La fede religiosa sarebbe connessa ad una maggior longevità e benessere psicologico in quanto rappresenterebbe una valida strategia di coping per fronteggiare venti traumatici o stressanti (Pargament, K. I., Koenig, H. G. e Perez L. M., The many methods of religious coping, Journal of Clinical Psychology, 56, 4, 2000, 519-543). La fede e la religiosità costituirebbero infatti strategie funzionali alla riorganizzazione attiva rispetto alle difficoltà in vari modi. Un sistema di valori e credenze religiose consente infatti di dare un senso al mondo e accettare ciò che accade cedendo attivamente a Dio il controllo che non si può avere sugli eventi; inoltre la fede permette spesso di condividere un’appartenenza ad una comunità religiosa che può fornire supporto sociale e conforto emotivo là dove, per altro, impegnarsi in attività e pratiche religiose consente di spostare l’attenzione su altro da sé distogliendo il pensiero dagli eventi stressanti (Fiz Pérez F.J. e Laudadio A., La Fede come dimensione centrale del benessere psicologico individuale, Il Minotauro. Problemi e ricerche di psicologia del profondo, 1, 2010, 54-70).

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Fede e spiritualità moderne

Oggi la fede incide molto meno sui comportamenti e lo stile di vita quotidiano e si privilegia una spiritualità individualistica e svincolata ad un’ortodossia religiosa che trova massima espressione in quelle forme moderne di spiritualità new age che recuperano tradizioni e pratiche orientali nell’ambito di una religiosità “senza appartenenza” vissuta solo nella dimensione privata e individuale (Colella, F., Grassi, V., Comunicazione interculturale, FrancoAngeli, 2008). Questi cambiamenti se da un lato hanno disgregato un tessuto di appartenenze sociali che giocavano un ruolo positivo in passato, dall’altro sembrano aver modificato quella che può essere un’adesione passiva alla religiosità legata a strategie di coping negative e disfunzionali (come interpretare gli eventi come punizione divina, demandarne passivamente la risoluzione a Dio o limitarsi ad aspettare una sua intercessione diretta tramite un miracolo) a favore di una sua reinterpretazione in chiave positiva per affrontare attivamente gli eventi. 

 

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