Amore per sé stessi, verità e falsi miti

L’amore per sé stessi è una dimensione molto importante della personalità. Non va confuso con elementi di narcisismo patologico, né con modalità impulsive o esibizionistiche di reagire agli eventi. Significa prima di tutto accettare i propri pregi e difetti diventando per noi stessi l’adulto di cui più abbiamo bisogno.

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Come Narciso, nel celebre mito, si innamora fatalmente della propria immagine riflessa, così sembrano rischiare di fare molti di coloro che riducono l’essenza della propria persona alla ricerca del “selfie” perfetto. Nell’attuale società del narcisismo assistiamo spesso a un’ostentazione dell’immagine di sé, ad una cura maniacale del corpo e dell’apparire. L’amore per sé stessi è tuttavia ben altra cosa...

 

Narcisismo patologico e amore per sé stessi

Lo specchio di Narciso simboleggia con ineguagliabile efficacia quanto ostentare ammirazione e venerazione per la propria persona rappresenti spesso un falso amore per sé stessi.

 

Il narcisismo è una dimensione sana e importante della personalità: tutti noi abbiamo bisogno di sentirci apprezzati dagli altri e di ottenere, di tanto in tanto, qualche piccola conferma che rinforzi la nostra autostima. Nella vita adulta però dovremmo essere, nella maggior parte dei casi, in grado di fare affidamento su un senso di autostima interno sufficientemente solido senza dipendere totalmente dai feedback altrui.

 

Quando invece accade questo, spesso il bisogno di ammirazione e approvazione è assoluto e rivela un’autostima piuttosto fragile: di fronte a un fallimento o a un errore, la persona sente messa in discussione non solo la valenza della propria condotta, ma l’intero valore di sé.

 

Per recuperare un sufficiente senso di autostima ha un assoluto bisogno di ottenere successi che gli assicurino ammirazione e approvazione altrui. Ma, per quanti successi raggiunga e per quanta arroganza mostri nell’ostentare un’apparenza disinvolta e “vincente”, cova profondamente un doloroso senso di insicurezza, vergogna e vuoto identitario.

 

Il dramma delle personalità con forti vulnerabilità narcisistiche è proprio questo: fingono di amare sé stesse, ma in realtà vivono una costante insicurezza sul proprio valore e il proprio diritto a essere amate per quello che sono.

 

Amore per sé stessi e dipendenze comportamentali

Molte volte, in maniera trasversale alle diverse tipologie di personalità, l’amore per sé stessi rischia di essere confuso con un compulsivo evitamento della sofferenza, nell’illusoria credenza che proteggersi dagli “urti” della vita significhi evitare di avvertire qualunque forma di turbamento emotivo da essi provocato, anche a costo di “anestetizzarsi” da qualunque sensazione o emozione.

 

Ne sono un esempio molte delle manifestazioni sintomatologiche con cui si esprime il disagio psicologico attuale: i disturbi alimentari e le dipendenze senza sostanza sono esempi di questo. La persona, in questi (e altri) modi, elude momenti di smarrimento, sofferenza, turbamento emotivo: passa immediatamente e irriflessivamente all’“azione”.

 

Abbuffarsi, piuttosto che fare compulsivamente acquisti o chiudersi in palestra, da questo punto di vista sono solo diverse declinazioni in cui può configurarsi l’evitamento delle emozioni di sofferenza o conflitto psicologico. E la società attuale – dove mai come oggi esiste la possibilità di assicurarsi ogni bene di consumo, rapidamente e a buon mercato – rappresenta un “humus” in grado di incoraggiare e rinforzare questo tipo di espressione della sofferenza psicologica.

 

Il problema, come molte di queste persone sanno fin troppo bene, è che il comportamento finisce per sfuggire al controllo, diventare alieno a sé stessi e ingabbiare la persona in rigide modalità di risposta agli stress della vita. Modalità disfunzionali che restringono sempre di più i confini dell'esistenza togliendo spazio alle relazioni sociali, all’intimità interpersonale, alla creatività lavorativa. 

 

Amore per sé stessi e psicoterapia

L’amore per sé stessi, quello vero, implica la capacità della psiche individuale di occuparsi in modo adulto degli aspetti di sofferenza e vulnerabilità della propria persona.

 

Tutti noi manteniamo un lato “bambino” che è quello in grado di approcciare all’esperienza in modi creativi, giocosi e immediati. Ma è anche quello che esprimiamo nei momenti di maggior paura, ansia, vergogna, quando cioè ci sentiamo emotivamente vulnerabili, quando temiamo che la nostra sicurezza emotiva sia in pericolo.

 

Questi aspetti non vanno sottovalutati né repressi: abbuffarsi di cibo, di palestra o di acquisti online ogni volta che si avverte uno stato d’animo negativo equivale un po’ a silenziare i capricci di un bambino mettendolo tutto il giorno davanti a tv e schermi affinché si “distragga” e stia “buono”. Non avremo però aiutato quel bambino a riconoscere, tollerare e gestire i turbamenti e le frustrazioni che inevitabilmente la vita offre.

 

La capacità di far questo da adulti con i propri stati interni significa in primis essere in condizione di attraversare un turbamento emozionale mantenendo la capacità di pensare: ragionare su quanto sta accadendo senza andare in “cortocircuito”. È questo uno degli obiettivi più importanti dei percorsi di psicoterapia che molte persone oggi intraprendono.

 

Amore per sé stessi e autoconforto

Corollario (non meno importante) di questo è che coltivare amore per sé stessi significa anche poter avere a disposizione una varietà di metodi sani e funzionali per tranquillizzarsi.

 

Pensiamo al caso di un disturbo alimentare: non è un problema concedersi occasionalmente e in modo consapevole un piccolo comfort food a scopo consolatorio. Diventa un problema quando questo è l’unico modo che rigidamente (e spesso inconsapevolmente) la persona mette in atto per disconnettersi da uno stato emotivo stressante o traumatico. 

 

Aver cura di sé implica invece avere a disposizione mezzi più funzionali per smorzare la risonanza emotiva di certi stati della mente (renderla, se vogliamo proseguire nella metafora, “digeribile”) e poterla gestire con più padronanza.

 

Un libro che illustra in modo eccellente questo concetto è 50 Modi per vincere la fame nervosa di Susan Albers (Macro Edizioni, 2017). Parlando di quali e quanti modi alternativi e costruttivi ognuno può individuare come forma di conforto per sé stesso, scrive: “Quando si è veramente consapevoli di ciò che si prova e si affrontano i propri sentimenti senza giudicarli, è possibile scoprire modi sani di gestire qualunque tipo di disagio”.