Senso di estraneità: quando "stranieri" siamo a noi stessi

Dal senso di estraneità e dalla parola estraneo e straniero una riflessione verso uno dei meccanismi di difesa più arcaici utilizzati dalla nostra psiche.

Senso di estraneità: quando "stranieri" siamo a noi stessi

Il termine “straniero” etimologicamente è legato al termine “estraneo”. La particella “stra-“ di parole quali “stra-niero”, “estra-neo”, “stra-no”, “stra-niante” derivano dalla forma latina che indica ciò che “sta fuori” in senso fisico, rispetto a ciò “che sta dentro”.

Ciò che sta fuori dai proprio confini generalmente è anche ciò che scegliamo di non essere, che è estraneo appunto alla propria vita, e potenzialmente potrebbe essere nemico del mio essere “dentro”, nella mia propria posizione. Scelta, definita, confinata.

 

Senso di estraneità: ovvero essere stranieri

Partiamo da qui. Dal significato etimologico di queste parole, dall’opposizione marcata e netta tra ciò che sta dentro e ciò che sta fuori. Ogni evento o persona che minaccia i nostri confini suscita in noi paura.

Paura di essere invasi, di essere derubati. Paura di perdere terreno, che qualcosa di noi venga macchiato o depauperato. Come ci suggerisce l’etimologia, se qualcuno non è dentro di noi, non è con noi, vuol dire che è fuori di noi, vuol dire che è contro di noi. Sentiamo l'istintiva e immediata esigenza di doverlo mandare via, di cacciarlo per proteggerci.

Questa interpretazione non è suggerita solo dall’etimologia, ma anche dal nostro sviluppo psicologico. Basti pensare al neonato che vive la sua “paura dell’estraneo” dai circa 6 mesi in poi, ogni qualvolta uno sconosciuto si avvicini a lui, percependolo come un intruso all’interno della diade madre-bambino.

 

I confini e il senso di estraneità

A ben vedere e pensare, i confini dell’Io non sono solo una realtà delimitante nei confronti dell’esterno, ma anche un punto di contatto con la stessa realtà.

Ci sono quindi delle situazioni, delle condizioni, si pensi all’innamoramento ad esempio, dove l’Io e il Tu sono una cosa sola e sono pronti a comportarsi come così fosse, o ad alcune condizioni patologiche, in cui i confini dell’Io non sono così netti. In certe situazioni rincorrere l’idea di confine sembra quasi coincidere con il rincorrere un’illusione. Dunque i confini dell’Io non sono così stabili come vorrebbero far credere, bensì malleabili e flessibili.

In tal senso, è un’illusione voler cacciare fuori tutto ciò che è vissuto come minaccioso e pericoloso per il proprio sé. Fondamentalmente, ciò di cui abbiamo paura, non sta “fuori”, sta “dentro” di noi. Ciò che più ci intimorisce siamo noi stessi, come dire, il nemico cammina nelle nostre stesse scarpe; ciò che più ci fa veramente paura e di incontrare faccia a faccia, dentro casa diremmo, ciò che ci piacerebbe tenere lontano da noi. Citando Freud, “l’Io non è padrone a casa sua”.

Ciò che vive dentro di noi e ci imbarazza, ci scandalizza, ci scomoda viene violentemente respinto, tenuto fuori, messo al bando. Spedire in esilio parti indesiderabili di noi, proiettandole all’esterno, nel migliore dei casi avendo anche la possibilità di proiettarle su un Altro rispetto a noi, è il meccanismo di difesa elementare di chi non riesce a fare i conti con quella parte di sé.

 

La persona che soffre di disturbo di personalità Bordeline ad esempio ha dei confini tra mondo interiore e realtà molto instabili. Ecco il perché

 

Per non essere “estra-nei” a se stessi

La proiezione è un meccanismo di difesa arcaico che porta all’attribuzione ad altri di un proprio aspetto ritenuto negativo. La persona espelle da sé una parte che non ritiene accettabile e proiettandola sull’Altro lo biasima credendolo immune. Egli ha la percezione che i propri impulsi e sentimenti inaccettabili appartengano ad un’altra persona.

Tale meccanismo di difesa agisce in ogni momento della vita psichica cioè sia in fasi molto primitive dello sviluppo infantile, sia in fenomeni non patologici (ad esempio nella superstizione). Ovviamente il meccanismo di difesa diviene patologico ed evidente quando il suo funzionamento diventa pervasivo, rigido e globale comportando evidentemente una perdita dell'esame di realtà come nel caso della paranoia.

Pertanto, i meccanismi di difesa non vanno intesi come patologici a prescindere. Essi strutturano l'identità del soggetto e gli sono utili per affrontare le difficoltà. Nei casi in cui invece la sua rigidità e pervasività assuma dei tratti patogeni, sarà necessario intervenire con il trattamento psicologico al fine di portare in luce i meccanismi difensivi del soggetto e aiutarlo a sostituirli con altri più funzionali, il ché non significa eliminarli.

 

I momenti di noia possono essere un'occasione per rientrare in se stessi

 

Per approfondire:

> Meccanismi di difesa, quali sono e a cosa servono