Il ruolo della motivazione professionale nel burnout

La sindrome di burnout è una delle patologie più ricorrenti tra gli operatori d’aiuto. La motivazione professionale che sostiene la scelta del lavoro è uno dei fattori più compromessi dai sintomi, ma è anche un utile punto di partenza per una strategia preventiva: vediamo insieme come fare per contenere questo malessere

Il ruolo della motivazione professionale nel burnout

Gli operatori impegnati nelle professioni d’aiuto spesso sono supportati nella scelta del loro lavoro e nelle attività quotidiane da una profonda motivazione professionale. Il burnout è tra le patologie cui più frequentemente questi lavoratori vanno incontro e che va a minare proprio quello stesso motore che li ha sostenuti fino a quel momento. Vediamo più in dettaglio cosa accade.

 

Cos’è la motivazione professionale?

La scelta di una professione risponde a un bisogno psicologico interno (più o meno altruista) e si fonda su un ragionamento circa i benefici e i costi che sono collegati a quella scelta. L’insieme di questi elementi costituisce la base della motivazione professionale che continua ad agire dopo la scelta e durante la carriera professionale di un individuo, supportandolo quotidianamente. Nelle professioni d’aiuto è possibile ritrovare con una certa frequenza le stesse motivazioni:

  1. profondo bisogno di aiutare, ponendosi in qualche modo al di sopra delle patologie stesse, senza averne timore;
  2. creazione di un’immagine positiva di guaritore che sostenga il e permetta di sentirsi importanti e utili al prossimo;
  3. essere in una relazione asimmetrica in cui si è i più potenti o meglio, i responsabili di quanto accade.

Le motivazioni professionali sono tutte legittime qualora si sia consapevoli delle motivazioni alla base delle proprie scelte e si possa controllarle. Ovviamente ciascuna è caratterizzata da un bagaglio emozionale che nel tempo può diventare terreno fertile per il burnout.

 

Cos’è il burnout

Per comprendere come agisca la motivazione professionale nel burnout occorre dare prima una breve definizione del fenomeno. Letteralmente il termine burnout fa riferimento alla condizione di essere bruciati, cioè totalmente esauriti. Si tratta di una sindrome che colpisce le risorse emotive e psicologiche del lavoratore e quindi il suo impatto si estende aldilà della sfera lavorativa. Con questo termine di fa riferimento a una serie di sintomi che comprende: logoramento, depressione e un senso di impotenza e inutilità. Chi ne è colpito avverte l’impressione di avere ormai dato tutto e di non possedere più le risorse cognitive, emotive e sociali per poter fronteggiare la professione. Ciò induce a vivere con distacco quelle stesse mansioni che un tempo erano coinvolgenti, gratificanti e pregne di significato per l’individuo.

 

La motivazione professionale in favore del burn out

Dati gli effetti negativi e ad ampio raggio del burnout, molte aziende cercano di mettere in atto delle strategie preventive che impediscano di giungere al punto di rottura. Una delle possibili strategie è quella di andare lavorare sulla motivazione professionale, sostenendo tutti quei fattori che contribuiscono a dare energia e soddisfazione al lavoratore. Una prima possibilità è quella di fare un’adeguata selezione del personale, in modo tale che non parta già da una situazione in cui le risorse scarseggiano, cui può essere aggiunta una formazione che vada in tal senso ad aiutare chi sta iniziando. Per coloro che vedono in questo lavoro un’occasione di autorealizzazione è possibile pensare a percorsi utili a sostenere il Sé, ma anche a momenti di discussione in cui far riemergere le sensazioni positive associate all’aiuto dato. In ultimo, non è meno importante considerare fattori meno umanitari, ma che comunque rientrano nella motivazione professionale perché legati alle questioni più amministrative del lavoro: turni non massacranti, adeguato carico di lavoro e una retribuzione sufficiente.

 

Fonte immagine: lightmatter