Lo smartphone è meglio della pausa caffè?

Concedersi un break con il proprio smartphone giocando o intrattenendo conversazioni virtuali sui social network sarebbe una valida distrazione dallo stress lavorativo meglio della tradizionale pausa caffè. Questi i risultati di uno studio proveniente dalla Kansas University.

Lo smartphone è meglio della pausa caffè?

Una volta erano i tempi di “Camera Cafè”, la celebre sit com italiana che riprendeva le vicende di un ufficio dal punto di vista di quella che sembrava l’intramontabile macchinetta del caffè: punto nevralgico delle pause e dei rapporti fra i dipendenti.

Oggi quello svago sembra tutto racchiuso nel rapporto virtuale e individualista fra il lavoratore e il proprio smartphone, un mondo virtuale sempre a portata di mano anche quando si vuole staccare la mente e concedersi una pausa dallo stress quotidiano.

 

Smartphone in pausa

Balck Mirror, la serie televisiva britannica di Charlie Brooker, racconta i drammi e i paradossi che potrebbero accadere a causa dell’incessante e inarrestabile progredire della tecnologia nelle nostre vite e della assuefazione ad esse.

I ricercatori della Kansas University non sembrano pensarla esattamente così, o meglio, i loro studi sembrerebbero farci intravedere “effetti collaterali” insperati sul benessere e la produttività delle persone nei luoghi di lavoro.

Sì perché, in base ad un primo studio presentato da Sooyeol Kim e colleghi sull’uso degli smartphone in pausa, applicazioni come Candy Crush o l’interazione sui social network aiuterebbero a staccare la mente, allontanare lo stress e concedersi una pausa a tutto vantaggio della produttività e del benessere percepito sul luogo di lavoro.

 

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Se lo Smartphone migliora la produttività

Lo studio in questione fa parte di un progetto di ricerca più ampio, in corso presso i ricercatori della Kansas University, e che riguarda tutte quelle che sono le microinterruzioni che avvengono sul posto di lavoro: tutte quelle “pause”, più o meno programmate, che intercorrono a spezzare l’attività lavorativa di manager e dipendenti.

Ebbene, i risultati di questo primo studio non solo confermano ancora una volta quanto fare dei piccoli break sia più vantaggioso per la produttività rispetto ad un’attività prolungata per troppe ore di seguito; ma suggeriscono anche che insospettabili alleati di queste pause sarebbero gli stessi smartphone!

 

Dalla pausa caffè a Candy Crush

L’attività dei dipendenti reclutati anonimamente per lo studio è stata monitorata mediante una piccola App installata sui loro smartphone che ne registrava frequenza e tipo di attività durante le pause di lavoro: attività ludiche come Candy Crush o interazioni sui social con amici e familiari.

Ebbene, questi break “virtuali” sembravano essere in grado di incidere significativamente sulla produttività e sul benessere percepito misurato alla fine della giornata di lavoro. Niente da invidiare insomma alla tradizionale tazza di caffè in compagnia di amici e colleghi: quel piccolo microcosmo virtuale sempre pronto nel palmo della nostra mano potrebbe sostituirsi facilmente a tutto questo e fare anche di più..!

 

Possiamo rilassarci solo “virtualmente”?

Fenomeni figli dei nostri tempi si dirà; d’altra parte è proprio grazie alle nuove tecnologie e all'abbattimento delle barriere spazio-temporali che possiamo comunicare con tutti in ogni momento e fare tutto da qualunque posto, non siamo più vincolati ad un luogo fisico e ad un tempo preciso.

Questo fa sì che le dimensioni di lavoro e vita privata si interfaccino e si integrino sempre di più: possiamo lavorare anche da casa e possiamo intrattenere relazioni private anche dal posto di lavoro. Tutto questo da un lato è senz’altro un vantaggio perché apre opportunità prima impensate.

Dall'altro rischia però di esporci ad un sovraccarico mentale non di poco conto: essere sempre "connessi", reperibili, sollecitati a poterci (o doverci) occupare contemporaneamente di lavoro e vita privata rende ormai estremamente labili e permeabili i confini fra queste due dimensioni.

D’altra parte siamo ormai figli di un post modernismo individualista ed efficientista per cui non stupisce né che sia considerata normale questa ibridazione, né che l’isolamento nelle disimpegnate relazioni virtuali del proprio smartphone possa esser preferito alla tradizionale pausa caffè con i colleghi.

Ma siamo sicuri che tutto questo ci garantisca sempre la possibilità di “staccare”?

Non siamo più abituati a stare senza fare, vedere o ascoltare nulla, siamo perciò continuamente bombardati da stimoli mediatici e sembra che abbiamo bisogno di continuare ad esserlo anche per concederci una pausa. Speriamo che il finale non dia ragione a Charlie Brooker.

 

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