Robot da compagnia: uno scherzo della scienza o della nostra mente?

Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale sembra inarrestabile: tra non molto potrebbero arrivare i primi robot da compagnia, mentre le auto robotiche sono già una realtà sperimentale. I robot potrebbero prendere il sopravvento sulle nostre vite?

Robot da compagnia: uno scherzo della scienza o della nostra mente?

“Mai lasciar capire al tuo computer che vai di fretta. I computer sentono l’odore della paura e rallentano se hai poco tempo.”

Questo il testo di una vignetta di floptv.tv diffusissima sui social perché, in toni umoristici, riproduce un fenomeno che tutti noi abbiamo sperimentato almeno una volta: quello di arrabbiarci per problemi di performance dei nostri pc addossando alla malcapitata macchina non solo la colpa “tecnica” del suo intempestivo malfunzionamento, ma attribuendole intenzioni un po’ sadiche nei nostri confronti che, proprio nel momento di estremo bisogno, venivamo piantati in asso. Non c’è che dire: siamo già psicologicamente ben allenati ad interfacciarci con i futuri robot da compagnia.

 

Potranno i robot superare gli esseri umani?

Pare che le scienze tecnologiche siano ad un punto tale con lo studio e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale da poter immettere sul mercato entro pochi anni veri e propri robot da compagnia.

Avete capito bene: non ausili hi-tech per i laboratori scientifici, ma dei veri e propri robot ad uso domestico come Super Vicky, il robot dell’omonima serie televisiva prodotta negli anni ’80. Potranno i robot da compagnia soppiantare gli esseri umani e sviluppare una capacità di “pensiero” tale da far prendere a loro il sopravvento?

Il film Her (2013) sembrava arrivare alle stesse fosche conclusioni; d’altra parte non molto tempo fa l’astrofisico americano Stephen Hawking lanciava l’allarme temendo che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale fino alle sue estreme conseguenze possa rappresentare la più grande ma potenzialmente anche l’ultima scoperta degli esseri umani.

Quel che è certo è che lo sviluppo e l’impiego di robot, da compagnia e non, in sostituzione di attività umane complesse, come quelle della guida di un auto, pongono problemi di etica da vagliare e misurare attentamente (se un auto robotica deve scegliere se salvare sé stessa per evitare un pedone o meno cosa sceglierà?); tuttavia non si può negare il fascino, e non solo il timore, che l’idea di un robot da compagnia può suscitare.

 

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Se la tecnologia ha un’anima: la proiezione e lo spostamento

Il fenomeno della vignetta umoristica illustrata all'inizio è comprensibile attraverso il meccanismo psicologico della proiezione, un meccanismo di difesa, alla base però anche del funzionamento psicologico e dello sviluppo normale, mediante il quale attribuiamo ad un oggetto esterno (persona o cosa) qualità e attributi che appartengono in realtà a noi stessi.

È quanto facciamo normalmente ad esempio quando vediamo un film: oltre ad identificarci col protagonista, reinterpretiamo le vicende dei personaggi dando una nostra chiave interpretativa ai loro comportamenti e attribuendo loro intenzioni, motivazioni e affetti che appartengono più al nostro modo di essere che a quanto esplicitato dal film.

In una direzione francamente psicopatologica invece la proiezione è quel fenomeno alla base di allucinazioni visive e uditive là dove la persona sperimenta uno stato psicologico di estrema disorganizzazione e frammentazione emotiva che non può tollerare, conseguentemente attribuisce all’esterno questi stati emotivi arcaici e minacciosi distorcendo quindi il dato di realtà: la realtà non è più riconosciuta come tale ma distorta perché vissuta letteralmente come proiezione del proprio mondo interno.

Bene, la proiezione è dunque uno dei meccanismi psicologici attraverso i quali non solo si basa il nostro funzionamento mentale sano e patologico, ma che utilizziamo anche per attribuire caratteristiche umane ad oggetti inanimati.

Ma non è l’unico meccanismo all’opera, almeno un altro meccanismo di difesa è degno di nota e autore di scenari esilaranti: il fenomeno dello spostamento, ovvero quel meccanismo psicologico che opera quando sperimentiamo reazioni emotive che, per qualche motivo, non vogliamo o non possiamo esprimere direttamente su colui che ce le ha suscitate.

Avete presente un bambino quando, dopo un rimprovero che lo ha fatto vergognare e arrabbiare, invece di controreagire verso il genitore se la prende con un giocattolo? Beh, difficile non riconoscere lo stesso meccanismo dietro la nostra rabbia accanita contro il pc che si rifiuta (perché così lo viviamo!) di funzionare: se siamo frustrati e arrabbiati col nostro capo che ci costringe a lavorare anche nel weekend per una scadenza urgente è facile che, davanti al malfunzionamento dell’antenato dei futuri robot da compagnia, inizieremo ad arrabbiarci prendendola come un fatto personale non solo attribuendo al pc qualità antropomorfe e quindi intenzioni comportamentali che naturalmente non ha, ma probabilmente “sposteremo” quella rabbia inespressa che nutriamo verso il sadismo nel nostro capo inveendo contro il nostro portatile che, proprio ora, ci pianta in asso rendendoci la vita un inferno!

 

Percepire un pc “come se” fosse un robot umanoide

Ritorniamo al nostro pc: ora funziona correttamente e constatiamo con sollievo di non aver perso alcun dato, siamo di nuovo padroni di noi stessi e del nostro mondo informatico: il pc è tornato ad essere “solo” una macchina di cui noi assumiamo il controllo, ma per qualche minuto lo abbiamo psicologicamente vissuto, da un punto di vista emozionale, “come se” fosse dotato di un’intelligenza e di un’intenzionalità pari alla nostra e ci stesse giocando un brutto tiro. In altre parole, è “come se” la macchina avesse assunto il controllo nella nostra vita.

Può questo “come se” diventare realtà? I robot da compagnia potrebbero arrivare davvero e rischiare di diventare i nostri migliori amici come i nostri peggiori nemici materializzando ciò che viviamo emotivamente col nostro semplice pc? Se la tecnologia sarà in grado di spingersi tanto oltre vedremo, quel che è certo è che la nostra mente, quella umana, già lo è.

 

L'intelligenza virtuale al servizio della psicologia