Migliore amico, e se non ce l'ho?

L’amicizia è un elemento essenziale nella nostra vita. Più della quantità è la qualità che conta, ma non è detto che si debba necessariamente avere un “migliore amico”. Nella vita adulta le amicizie possono essere molto più diversificate rispetto all'adolescenza.

Migliore amico, e se non ce l'ho?

Prima è l’amico immaginario, poi il compagno di giochi dell’infanzia, quindi quello con cui condividere gioie e dolori dell’adolescenza e infine, per alcuni, quello con cui coltivare un rapporto di autentica fratellanza/sorellanza anche nel corso della vita adulta.  

Ma è davvero indispensabile avere un migliore amico? Non averlo comporta necessariamente della amicizie meno soddisfacenti? Dipende, soprattutto dalle fasi della vita e dalla personalità di ognuno…

 

Amicizia e salute

Secondo uno studio pubblicato su Psychological Science da un team di ricercatori della University of Virginia e della University of Utah, coloro che in adolescenza hanno potuto contare sul supporto del proprio migliore amico potrebbero godere di una migliore salute fisica e psicologica in età adulta. La ricerca ha coinvolto 171 studenti, intervistati ripetutamente nel corso dell’adolescenza riguardo le proprie relazioni di amicizia. A distanza di tempo, all’età di 25, 26 o 27 anni, queste stesse persone sono state nuovamente valutate dagli studiosi riguardo eventuali livelli di ansia o depressione.

Quel che è emerso è che coloro che avevano potuto contare sul proprio migliore amico negli anni precedenti, risultavano godere, nella prima età adulta, di un migliore stato di salute sia fisico che psicologico.

 

Il migliore amico in adolescenza

Lo studio in questione, sebbene non sembri tenere specificatamente conto di variabili di personalità e sembri valutare lo stato di salute solo attraverso la presenza di specifici “sintomi” di ansia o depressione, concorda con alcune caratteristiche peculiari della fase di vita adolescenziale.

In adolescenza si è alla ricerca di un’identità autonoma e di modelli di riferimento alternativi rispetto a quelli familiari. Per questo il gruppo dei pari è importante ed è fondamentale riuscire a sentire di appartenervi trovando in esso quella sicurezza identitaria che ancora fatica a definirsi in sé stessi. Allo stesso scopo fungono amicizie che in questa età della vita, più che in altre, possono risultare particolarmente esclusive e “gemellari”, specie nel genere femminile, quasi che si cercasse una sorta di “doppio” di se stessi con cui condividere ogni scelta, ogni fatica e ogni gioia della vita adolescenziale. 

Quelli con il migliore amico/amica in adolescenza sono rapporti in alcuni casi fusionali, dove non c’è spazio per un terzo e che fungono da sostegno emotivo ad un senso di insicurezza e di solitudine tipici di questa età “di passaggio”. Indubbiamente, quindi, queste amicizie possono svolgere una funzione piuttosto importante in questa fase permettendo di acquisire man mano una sufficiente sicurezza e una maggiore autonomia.

Per questo non è affatto raro che questi rapporti così esclusivi si rompano nella prima età adulta, sopraggiungendo nuovi interessi e nuovi investimenti affettivi


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Perdere il proprio migliore amico

Dal punto di vista evolutivo dunque, “perdere” il proprio migliore amico dell’adolescenza potrebbe rappresentare in alcuni casi anche un passaggio positivo nel ciclo di vita. Non sempre si tratta di una rottura irreparabile: alcune amicizie troppo fusionali sono destinate inevitabilmente a rompersi quando subentrano altri investimenti affettivi (l’entrata in scena di un fidanzato ad esempio), altre riescono a ridefinirsi su un registro più maturo, meno esclusivo e in alcuni casi possono continuare ad esistere anche per tutta o gran parte della vita adulta. Ma, si tratta sempre del “migliore amico” come lo si intendeva sui banchi di scuola?

 

L’esclusività e l’assenza di differenze

Quello del migliore amico è un concetto emotivamente potente che, proprio perché affonda le proprie radici nei rapporti infantili e adolescenziali, rimanda all’idea che ci sia qualcuno al nostro fianco, sempre e comunque presente, in grado di sostenerci, consigliarci e condividere con noi ogni problema o difficoltà. 

Al tempo stesso, rimanda alla sensazione piuttosto gratificante di poter essere anche noi a nostra volta quella fonte di sostegno e fiducia esclusiva per l’altro. Questi rapporti tuttavia ammettono poche differenze, si fa tutto insieme, si condivide tutto, si percorrono le stesse strade, difficilmente una gemellarità di questo tipo contempla la possibilità che uno dei due prenda una diversa direzione. E questo è tipico dell’età adolescenziale: ci si veste tutti allo stesso modo, non ci si iscrive ad un corso sportivo se non con il proprio amico, non ci si avventura nel “mondo là fuori” se non in compagnia del proprio “doppio”.

Relazioni di questo tipo difficilmente possono essere portate avanti in età adulta: prima o poi una relazione di coppia, un’opportunità lavorativa, un interesse nuovo porrà in discussione questo tandem.

 

Età adulta: amicizia o amicizie?

Occorre quindi ridefinire i propri rapporti di amicizia rinunciando man mano a quella pretesa di esclusività, a quella antica aspettativa – rassicurante ma limitante – che possa esserci un’unica persona in grado di soddisfare tutti i nostri bisogni.

Non è così, nelle relazioni cerchiamo conferme, affetto, rassicurazione; ma anche stimoli a esplorare cose nuove, leggerezza e spensieratezza, supporto concreto. Cerchiamo confidenza e vicinanza affettiva, ma anche confronto intellettuale, scambio di idee o magari la semplice condivisione di un’attività sportiva o culturale.

Nessuno può darci tutto, ma persone diverse possono darci ognuna qualcosa.

Quand’anche, dunque, nessun amico sia in condizione di essere ritenuto in assoluto “il migliore”, può darsi che ogni persona con cui instauriamo un’amicizia possa rivelarsi in quel momento la “migliore” in qualcosa, alcuni per confidenze affettive, altri magari per un’escursione in montagna o un progetto professionale.

“Ogni amico rappresenta un mondo dentro di noi, un mondo che non sarebbe eventualmente nato senza il suo arrivo, ed è solo grazie a questo incontro che nasce un nuovo mondo.” (Anaïs Nin). 

 

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