Memoria culturale fra storia e mito

La memoria culturale è quel patrimonio collettivo di conoscenze su cui ogni gruppo umano, società o nazione fondano la propria identità. Come avviene per l’identità individuale, la memoria culturale riproduce e mantiene l’identità di un gruppo umano riverberandone il ricordo non attraverso circuiti fisici di tipo neurale, ma mediante le forme simboliche di linguaggio, arti, miti e riti della sua cultura.

Memoria culturale fra storia e mito

“Il lavoro rende liberi” questo l’incipit che troneggia grottesco e metallico sopra l’ingresso del cancello del campo di concentramento di Auschwitz e che oggi, a distanza di oltre settant’anni è diventato simbolo di uno dei luoghi della memoria dell’olocausto nazista, oggi che la casa degli orrori è diventata un ordinato museo con teche, targhe, fotografie appese ai muri e che ogni anno, da quando è stato istituita la giornata della memoria, ospita frotte di scolaresche.

Quei ragazzi raccoglieranno la scomoda eredità di quegli orrori una volta che non ci sarà più nessun superstite a testimoniarli e che il ricordo non sarà più memoria personale, ma solamente affidato alla memoria culturale della storia delle moderne democrazie occidentali.

Una memoria, quella culturale, che si nutre e si sostanzia di luoghi, date e oggetti simbolici che decretano l’immanenza di un passato da riconoscere o disconoscere ma a cui non si può far a meno di appartenere.

 

I simboli e i riti della memoria culturale

Uno dei più noti studiosi della memoria culturale è l’egittologo tedesco Jan Assmann (La memoria culturale. Scrittura, ricordo e identità politica nelle grandi civiltà antiche, Einaudi, Torino, 1997) che considera il ruolo innegabile che la memoria culturale svolge nel costruire e tramandare attraverso le generazioni l’identità collettiva di un popolo o di una Nazione.

Tutti gli artefatti e i componenti di una cultura, dal linguaggio ai miti, ai riti, ai modi di vestire e danzare costituiscono un orizzonte simbolico comune entro il quale ogni individuo si riconosce e trae coscienza della propria appartenenza sociale.

I riti in particolare, secondo Assmann, svolgono una funzione importante nel costruire e trasmettere la memoria collettiva poiché affidano alla ripetitività circolare di gesti e consuetudini quella della rappresentazione di un passato che ciclicamente ritorna ad affacciarsi nel ricordo e nella memoria culturale.

Secondo l’Autore sono queste formazioni culturali che determinano le modalità attraverso le quali l’identità culturale e collettiva dei singoli può svilupparsi esteriorizzando e materializzando attraverso celebrazioni, date, luoghi e simboli la consapevolezza di appartenere ad una determinata società umana, di abbracciare determinati valori e di rinnegarne altri.

 

Qual è il legame tra memoria autobiografica e identità?

 

Dagli archivi cartacei al digitale

Aleida Assmann ha studiato il concetto di memoria culturale approfondendo anche il ruolo che i sistemi di archiviazione, analogici e digitali, hanno nel mantenere e manipolare la memoria culturale entro le società postmoderne e i sistemi politici e di potere che le governano (Ricordare - Forme e mutamenti della memoria culturale, Il Mulino, 1999).

La memoria culturale, come la memoria individuale, è arbitrariamente fatta di conservazione e di oblio: tanto l’individuo quanto una società umana non conservano una copia fedele del proprio passato ma una rielaborazione e ricostruzione di esso secondo un attivo processo di interpretazione di senso che condanna certi elementi all’oblio per porre l’accento su altri.

La Assmann esplicita questo aspetto evidenziando il carattere ricostruttivo della memoria culturale, una memoria che descrive solo una delle verità narrative possibili; a questa soggettività del ricordo fanno da contraltare l’oggettività degli archivi e dei documenti storici.

In tal senso la memoria culturale poggia su archivi e documenti che si contrappongono al carattere volatile e dinamico della trasmissione orale.

Nell’era postmoderna del digitale questo carattere documentaristico degli archivi va lentamente ma inesorabilmente modificandosi, a favore di supporti sempre più veloci da condividere ma anche da modificare e ritrascrivere rendendo imprevedibilmente dinamica e manipolabile da interessi sociali, politici ed economici la memoria culturale in quella che è ormai, potremmo dire con Zygmunt Bauman, una società liquida.

 

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