Linguaggio e stereotipi di genere

Esiste una relazione tra linguaggio e stereotipi di genere? Può la lingua che parliamo veicolare messaggi e informazioni che hanno a che fare con la parità dei sessi e l'uguaglianza?

Linguaggio e stereotipi di genere

Le parole veicolano significati. Ogni lingua ha il suo insieme di parole che esprime e comunica ruoli sessuali.

Proprio perché appresi tramite la propria lingua madre, questi significativi veicolati dalle parole sembrano essere immutabili.

 

Linguaggio e ruolo sessuale

Il linguaggio non è un elemento naturale che veicola proprietà intrinseche della realtà, bensì categorie proprie della cultura a cui la lingua appartiene.

La lingua consente non solo di scambiare informazioni fra gli interlocutori, ma anche di affermare il proprio sé, nominare e de-nominare le cose, consente di dar loro un’entità e talvolta dignità.

Il nome significa, ovvero carica di significato, ciò che chiamiamo. Se il linguaggio viene concepito, in quanto appreso fin dall’infanzia, come un fattore naturale piuttosto che storicamente determinato, diventerà automatico anche il modo di pensare che il linguaggio stesso veicola.

 

Linguaggio e disparità di genere

Un linguaggio che costruisce la realtà e che descrive le categorie sociali è un passaggio fondamentale per costruire nuovi orizzonti e possibilità.

Per questo un linguaggio rispettoso della parità di genere, può effettivamente contribuire nel superamento delle disuguaglianze.

Di fatti noi non solo parliamo una lingua, ma siamo anche parlati da essa pertanto il cambiamento linguistico è un processo innescato dalla volontà di chi quella lingua la usa.

Sostanzialmente il sessismo permea l’intera lingua italiana innescandosi come un’abitudine in tutti – o quasi – i parlanti, creano stereotipi; per cambiarla è necessario anzitutto un minimo sforzo per vederla e poi per adoperare delle espressioni più rispettose.

 

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Linguaggio e stereotipi di genere

“ministra”, “assessora”, “chirurga”, “ingegnera”: i media ci provano, qualcuno osa dire queste parole. Suonano male? Talvolta suscitano diniego e disapprovazione, ma se accettiamo di dire maestro anziché maestra, o infermiere anziché infermiera, o casalingo anziché casalinga, allora perché ministra, assessora, sindaca suonano male?

Proviamo a interrogarci sul messaggio che queste espressioni veicolano e sul perché ci suonano strane. Non basterebbe che i giornali, la televisione, i media, i libri, iniziassero a usarli abitualmente per farli diventare delle nuovi abitudini – decisamente più rispettose – della lingua italiana?

Sostanzialmente, poiché il linguaggio veicola un significato, finché per esprimersi riguardo alle donne useremo delle espressioni non conformi o le stesse che si usano per riferirsi agli uomini, allora, il loro posto e il loro ruolo continuerà a non essere riconosciuto e continuerà a suonare come un’anomalia.

Non è una questione di lana caprina, è una questione di ruoli sessuali, di significati, di dignità che la nostra lingua, così come tutte le lingue, veicola.

 

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