Come affrontare il pianto dei bambini

Il pianto dei bambini è una perenne sfida per i genitori. Ecco qualche consiglio su come interpretarlo, gestirlo e a volte semplicemente ascoltarlo. La migliore arma è non seguire una regola dettata da altri, ma creare con il proprio bambino una griglia di lettura.

Come affrontare il pianto dei bambini

Il pianto dei bambini è uno degli argomenti più spinosi per i genitori, sia perché è difficile vedere piangere il proprio bambino, sia perché è snervante ascoltarlo a volte per ore. La terza ragione è che spesso ci si vergogna del pianto davanti alle altre persone, sconosciuti per strada per guardano e giudicano senza reali motivi. Il pianto dei bambini però non va mai sottovalutato o semplicemente bloccato (soprattutto per assecondare gli sconosciuti) perché, soprattutto quando i bambini non sanno ancora piangere, è uno dei principali canali di comunicazione. Genitori e soprattutto neogenitori, impossessatevi delle chiavi di lettura.

 

Il pianto e le emozioni

Per i bambini è difficile spiegare all'esterno ciò che pensano e soprattutto ciò che provano, finché non riescono ad impadronirsi del linguaggio. Dalla Spagna arrivano delle indicazioni per capire quali emozioni sono veicolate dal pianto. Il ricercatore Mariano Choliz dell'Università di Valenza ha individuato il significato emotivo dei movimenti oculari dei neonati durante il pianto. Se gli occhi sono aperti o appena socchiusi allora i bambini stanno provando paura o rabbia, mentre se gli occhi sono chiusi i bambini piangono per il dolore. Una conferma arriva dai suoni associati. La rabbia e la paura si associano ad un'intensità crescente, mentre in caso di dolore il pianto è da subito alla massima intensità.

 

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È importante considerare il pianto dei bambini, ma.....

Il pianto è un segnale che la natura ha volutamente reso fastidioso come una sirena, perché il suo scopo primario è quello di portare all'attenzione dei genitori un problema. Ignorare il pianto dei bambini, soprattutto se neonati, può portare alla cessazione dello stesso perché con il tempo non si nutre più fiducia nella risposta del proprio caregiver. La natura fastidiosa del pianto può indurre un genitore in un'altra trappola. Il bambino comunica secondo le sue possibilità e secondo gli step di crescita: aspettate i due anni per sentire come aumentano i decibel e i capricci. Ignorare il pianto è un modo per negare la validità di queste capacità che comunque vanno indirizzate, ma accettate come unica strategia posseduta. Se la tristezza o la rabbia così espressa non verranno accettate, i bambini possono imparare a tacere le proprie emozioni diventando poi degli adulti o degli adolescenti taciturni che non si apriranno agli altri perché non hanno avuto risposta.

 

A volte lasciateli piangere

Comprendere il pianto dei bambini e rispondere a tono nel tentativo di aiutare il bambino ad interpretare le sue stesse reazioni, non significa però interromperlo. Non è giusto evitare al bambino la possibilità di scaricare queste emozioni, neanche se sono state comprese e soprattutto non perché genitori o altri adulti ne sono infastiditi. Il pianto è un sano canale di sfogo per eventi spiacevoli, ma anche per scaricare tutte le sollecitazioni che hanno ricevuto durante la giornata. Molti genitori troveranno familiare la scena di un bambino che cade improvvisamente addormentato dopo uno scoppio violento di pianto. I bambini che piangono vanno quindi compresi e il pianto va accettato, compreso e gestito più che zittito. La pazienza è la virtù vincente, ma non chiedete troppo a voi stessi, anche ai genitori è concesso essere stanche e sfogarsi con un pianto liberatorio.

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