Mamma dopo i 50: miracolo della scienza?

Le tecniche di fecondazione assistita diffuse oggi consentono anche a coppie non più giovanissime di realizzare il sogno della genitorialità; diventare mamma dopo i 50 è una consuetudine fra le star ma anche una scelta perseguita da molte donne comuni. Ma fino a che punto è giusto spingere il proprio desiderio di maternità? Fino a che punto la scienza aiuta la natura e quando invece diventa in contrasto coi cicli della vita?

Mamma dopo i 50: miracolo della scienza?

Mamme dopo i 50? Se un tempo poteva sembrare un’ipotesi da fantascienza, sempre più spesso oggi sentiamo notizia di donne, soprattutto fra le star, che si avvalgono delle tecniche di fecondazione assistita per portare avanti un tardivo progetto di maternità. Ne è un esempio Gianna Nannini che ha dato alla luce una bambina nonostante i suoi 54 anni o quello dell’attempata coppia dei coniugi di Mirabello (57 anni lei oltre i 70 lui) che si sono visti negare dal tribunale la potestà genitoriale della loro bimba di 16 mesi nata dalla fecondazione eterologa.

 

Mamma dopo i 50: oltre i limiti biologici

Di notizie come quelle citate se ne potrebbero passare in rassegna molte altre, ma se è vero che ogni storia personale è a sé, certo è che vicende di questo genere sollecitano comunque una riflessione di carattere generale: la scienza offre l’opportunità di tentare di diventare mamma dopo i 50 sfidando quindi quelli che dovrebbero essere limiti biologici invalicabili: è sempre un bene?

 

Mamma dopo i 50: c’è sempre tempo?

Il mondo post-moderno, mediatico e globalizzato in cui viviamo ci immerge in una cultura fatta spesso di eterni presenti dove c’è sempre tempo e modo per reinventarsi, ricominciare, fare nuove scelte dove, insomma, non è mai troppo tardi (Zygmunt Bauman, L’arte della vita, 2008): la chirurgia e il fitness ci mantengono eternamente “giovani e belli”, il dinamismo del mercato del lavoro ci vorrebbe tutti “imprenditori di noi stessi”, le unioni matrimoniali sembrano potersi sciogliere e ricomporre al ritmo dei contratti commerciali…perché allora non poter pensare di avere sempre tempo per la maternità? Dopo tutto è ancora una volta il progresso che ce lo consente

 

Mamma dopo i 50: dare o avere?

Essere genitori è una scelta che come tale comporta delle irrinunciabili responsabilità, prima fra tutte la consapevolezza di cosa si sta facendo, “volere” un figlio o decidere di “avere” un figlio sono tutte espressioni comuni che tradiscono la difficoltà insita nella genitorialità: dar vita ad una generazione dopo di noi, a qualcuno che ci sopravvivrà e ci consentirà in qualche modo di aver lasciato qualcosa quando non ci saremo più…  Al tempo stesso però, e qui sta il paradosso della genitorialità, essere genitori non è uno stato, una condizione raggiunta una volta per tutte, ma è un processo, un cammino, un incessante percorso di cambiamento e trasformazione non solo dei figli ma di sé stessi perché significa confrontarsi con una continua esperienza di perdita. Rinunciare all’ “avere” un figlio, a viverlo come estensione del sé, per differenziarsene ogni giorno di più fino a lasciarlo andare per la propria strada della vita è un percorso che porta non solo gioie e soddisfazioni ma anche fatica e difficoltà perché richiede ad un genitore di rimettersi continuamente in discussione, di accettare, come dice Kahlil Gibran, che i figli appartengono al flusso della vita stessa e non a chi li ha generati.

Diventare mamma dopo i 50, sfidando i cicli di quella vita a cui apparteniamo, richiede, forse più che in altri casi, una riflessione su cosa questo significhi fra l’“avere” un figlio e il “dare” un figlio alla vita

 

Fonte immagine: Chi se ne frega Art