Il fattore assillo nei bambini: imparare a gestirlo

I bambini come strumento del marketing? Si può e si fa attraverso il fattore assillo, flagello di tutti i genitori!

Il fattore assillo nei bambini: imparare a gestirlo

Capita spesso di vedere bambini che piangono disperati per avere qualcosa, un gelato, un giocattolo, un vestito.

Quando il capriccio si concentra non tanto sull’oggetto, ma sulla marca e su quel determinato prodotto stiamo assistendo al Nag Factor.

Il fattore assillo fa riferimento all’insistenza con cui i bambini richiedono un particolare oggetto perchè il messaggio pubblicitario è riuscito a fare breccia e li ha conquistati.

Sono bambini deboli? Non credo, sono bambini che esercitano l’unico potere che hanno a disposizione per ottenere qualcosa: sfidare la pazienza degli adulti. Allora, come reagire?

 

Da dove nasce il Nag Factor

Anna Oliviero Ferrari, esperta dei processi evolutivi, in un’intervista approfondisce la riflessione sul rapporto tra bambini, pubblicità, Nag Factor e genitori. Il Nag Factor nasce dalla semplicità con cui i bambini credono al messaggio pubblicitario, essendo ancora privi di grande spirito critico.

Il marketing spesso fa leva su due grandi necessità del bambino (ovviamente le strategie vanno calibrate in base alla fascia d’età):

  1. il senso di attaccamento ai giochi che aiuta il bambino piccolo nei primi distacchi;
  2. il desiderio di essere uguale agli altri nei più grandicelli.

Nessuna di queste spinte in sé è negativa; costituiscono parte della crescita psicologica dei bambini, ma il problema sussiste quando il messaggio pubblicitario si scontra con le indicazioni dei genitori.

Se il bambini si convince che lo spot offra qualcosa a lui confacente, qualcosa di buono per la sua crescita, è ovvio che il no del genitore verrà percepito come un’ingiustizia nei suoi confronti e questo lo spingerà ad accrescere le sue insistenze per avere quanto gli sarebbe dovuto.

 

Genitori che viziano e genitori che ascoltano

 

Lo scontro educativo

Gli effetti del Nag factor non vanno minimizzati. Il capriccio che pure mette in imbarazzo tanti genitori in pubblico, è l’ultimo dei problemi perché “darla vinta” ad un bambino che asseconda la pubblicità può voler dire dare il via ad una serie di comportamenti che nel tempo hanno pessime conseguenze, si pensi solo al campo dell’alimentazione.

Come viene portato avanti questo scontro educativo? Secondo Pat Spungin è la stessa pubblicità ad indicare ai bambini alcune strategie per vincere:

  • Il “do ut des”: tu me lo compri e io faccio qualcosa in cambio;
  • Strategie persuasive, cercare di suscitare in almeno uno dei genitori (che poi diventerà alleato) una reazione emotiva. Una possibile via è quella di presentarsi come un emarginato;
  • L’ultima possibilità è quella di fare leva sui sensi di colpa, mostrandosi molto tristi o molto arrabbiati;
  • Come si può notare non si tratta sempre di reazioni esagerate, ma il bambino apprende anche ad usare strategie che prendano un certo arco di tempo.

 

Come reagire al fattore assillo

Secondo Oliviero Ferrari il problema maggiore risiede nel lasciare allo spot la guida dell’educazione dei figli: non rispondere adeguatamente, non difendere la propria linea educativa significa lasciare alla pubblicità l’ultima parola su cosa sia giusto e sbagliato, su cosa faccia bene o male.

In una ricerca chiamata Pester Power, Margaret-Anne Lawlor e Andrea Prothero descrivono le reazioni più comuni dei genitori:

  • Il rifiuto che può assumere tre diverse forme. Quello netto deciso che non ammette repliche o spiegazioni, quello debole che lascia al bambino uno spiraglio per mettere in atto l’assillo. La terza forma è quella in cui il genitore rifiuta di comprare l’oggetto, ma suggerisce altre vie al bambino, come usare i propri risparmi o chiederlo in regalo in futuro;
  • Una seconda possibilità è la promessa che l’acquisto avverrà in un prossimo futuro. In questo caso se non si è sinceri e soprattutto, se non si fissa una data/occasione è probabile che il bambino continui a ricordare la promessa;
  • Una terza forma di risposta è la negoziazione: i genitori cercano di intavolare una trattativa in cui portare anche delle loro esigenze e quindi di ottenere qualcosa.

Non esiste un’unica formula che vada bene per tutto. Bisogna partire dalla richiesta del bambino prima di tutto, dalla sua natura e dalla sua fattibilità: se non ci sono i soldi per una richiesta esagerata, c’è poco da negoziare.

Resta il fatto che cercare di far rientrare la propria risposta entro il proprio stile educativo, facendo capire che come genitore si cerca la strada migliore, è una strategia faticosa, ma che nel tempo dà i propri frutti.

Purtroppo genitori deboli o assenti sono più facilmente ricattabili e lasciano il timone a consumatori deboli e spot forti.

 

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