Affido familiare, come funziona

L'iter dell'affido familiare ha scopi e iter diversi dall'adozione. Ecco cosa occorre sapere se si desidera diventare una famiglia affidataria e quali sono gli obblighi in Italia.

Affido familiare, come funziona

L’affido familiare è una procedura sociale molto utilizzata in Italia all’interno dei circuiti di tutela minori. È differente dall’adozione sia nell’iter che nella durata e natura delle relazioni e vincoli che si vengono a creare nel tempo.

 

Affido familiare: cos’è

Si parla di affido familiare quando un minore viene temporaneamente allontanato dalla famiglia di origine e affidato ad un’altra. Questo avviene perché il contesto di origine e i genitori biologici sono considerati non in grado di occuparsi del benessere materiale, sociale e psicologico del figlio a causa di un malessere o condizione di disagio momentanea.

Sono quelle situazioni in cui difficoltà economiche, condizioni di dipendenza, anaffettività e violenza, trascuratezza e non curanza dei bisogni primari, non garantiscono il pieno assolvimento delle responsabilità genitoriali, ripercuotendosi sul benessere del nucleo e dei minori presenti.

Il periodo di affido ha come scopo quello di garantire al minore una maggiore stabilità e accudimento sia in termini materiali ma anche affettivi, educativi, di istruzione e protezione, nell’attesa che la famiglia di origine, spesso inserita in un programma di aiuto, riacquisisca le abilità genitoriali idonee al rinserimento.  

 

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Affido familiare: i protagonisti

I protagonisti che si muovono in un processo di affido sono molteplici.

·         La famiglia di origine: genitori biologici che per condizioni momentanee non sono considerati in grado di assolvere alle cure e responsabilità dei figli. Possono essere d’accordo oppure no nell’attuazione dell’affido, e questo determinerà differenti iter burocratici, più o meno collaboranti e consapevoli dell’importanza del percorso di aiuto proposto.

·         Il minore: fino ai 18 anni, vede un allontanamento dalle figure di rifermento e inserimento in un nuovo contesto famigliare in cui costruire legami, fiducia e relazioni. Hanno il diritto di mantenere i rapporti con la famiglia di origine e una volta reinseriti in essa con i genitori affidatari.

·         La famiglia affidataria: può essere composta da una coppia sposata o convivente ma anche da unico soggetto con unico requisito la maggiore età e l’idoneità all’affido, stabilito a seguito di apposito iter. Deve possedere uno spazio fisico per poter ospitare il bambino, essere pronta a sostenerlo e accoglierlo, tenendo ben presente l’importanza dei legami con la famiglia di origine.

·         I servizi sociali del territorio: sono gli organi che propongono l’affido laddove valutino una condizione famigliare non adeguata al minore. Ricercano la famiglia affidataria, inizialmente tra i parenti stretti del minore ed eventualmente tra quelle che hanno eseguito l’iter per entrare nel circuito dell’affido, fatto di burocrazia e colloqui, meno lungo di quello adottivo, ma molto importante. Detengono i rapporti con il Tribunale e il giudice che prende le decisioni in materia e accompagna la famiglia di origine e quella affidataria durante tutto l’iter e periodo di affido, mediando gli incontri, prendendo le decisioni, sorvegliando sul benessere delle parti e specialmente del minore.

·         Il Giudice Tutelare: ha la decisione ultima di affido a seguito della proposta dei servizi del territorio. 

 

Affido familiare: iter e caratteristiche

L’affido famigliare è regolato dalla legge 184 del 1983, modificata dalla legge 149 del 2001 che definisce l’importanza della continuità del legame con la famiglia di origine e dalla legge del 15 ottobre del 2015 che sancisce la possibilità di adozione da parte della famiglia affidataria del minore a seguito del periodo di affido, laddove il ritorno in famiglia non sia possibile.

Una volta definita una situazione di non idoneità momentanea della famiglia biologica i servizi propongono l’affido famigliare agli organi di tutela e giudiziari e ai genitori. L’affido può avvenire con il consenso della famiglia di origine oppure no: nel primo caso si ha una decisione amministrativa dei servizi sociali confermata dal giudice, mentre nell’altro caso si può avere una decisione del Tribunale dei minori.

Individuata la famiglia affidataria e completato l’iter amministrativo e burocratico, il minore entra nella nuova famiglia che ha il ruolo di sostenere economicamente, moralmente e psicologicamente il minore in tutte le sue necessità e bisogni, educarlo, provvedere alla sua istruzione e assolvere alle consuete responsabilità genitoriali.

Il minore rimane nel nucleo affidatario per 5-8 mesi in caso di affido a breve termine, 18 mesi se a medio termine oppure fino a 2 anni in caso di gravi situazioni nella famiglia biologica.

Se, trascorsi i due anni, le condizioni per tornare nel proprio nucleo di origine non siano ancora ristabilite, il giudice può decretare il prolungamento dell’affido definito sine die, ovvero senza scadenza a meno di decisione per l’iter adottivo del minore. L’affido termina comunque al compimento della maggiore età dove il minore può scegliere liberamente per la propria vita.

Durante il periodo di affido il minore ha il diritto di vedere i veri genitori e mantenere con loro una relazione continuativa, volta anche a ripristinare le condizioni ottimali per il ritorno a casa. Le formule sono molte e diverse tra loro.

È importante garantire al minore e ai nuclei famigliari coinvolti, sostegno, aiuto e supporto al fine di permettere una buona riuscita del percorso di affido, un ripristino della funzionalità famigliare e il benessere del minore e degli altri individui coinvolti.  

 

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