Gli odori veicolano il nostro giudizio morale

Secondo le neuroscienze l’olfatto rappresenterebbe un potente fattore implicato nel problem solving, soprattutto quando si tratta di prendere decisioni eticamente complesse.

Odori e giudizio morale

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Se ci troviamo in una situazione che ci suscita un giudizio morale negativo potremmo risultare, contemporaneamente, più sensibili al disgusto olfattivo

 

Se invece percepiamo a livello subliminale odori “umani” questi, nel rivelarci la presenza fisica di altre persone come noi, influenzerebbero il nostro comportamento decisionale in direzioni più etiche e prosociali.

 

La percezione degli odori, insomma, sembra in grado di influenzare il nostro giudizio morale, in particolare quelli connessi alla capacità di riconoscere negli altri la nostra stessa “umanità”. Vediamo perché.
 

La psicologia dell’olfatto

La psicologia degli odori è nota soprattutto fra gli studiosi evoluzionisti e coloro che si occupano di strategie di marketing. Profumi e ricordi a volte fanno la differenza anche in termini di sopravvivenza. 

 

L’olfatto rappresenta uno dei mezzi più ancestrali per conservare memoria delle esperienze passate, classificarle come piacevoli o spiacevoli e utilizzarle come guida nelle decisioni future. La memoria olfattiva, insomma, non mente e risale a fasi molto precoci del nostro sviluppo.

 

Ecco perché gli odori sono in grado di influenzare in maniera così potente i nostri stati d’animo (che non ricorda le maddalene di proustiana memoria?). Ne sanno qualcosa gli addetti alle vendite: avrete notato che negli store dei centri commerciali spesso, insieme alle musiche d’ambiente, vengono diffuse fragranze olfattive che avrebbero lo scopo di stimolare il potenziale acquirente mediante un esperienza “multisensoriale”.

 

E bene, secondo le neuroscienze, l’olfatto e alcune tipologie di odori in particolare, sarebbero coinvolti anche nei nostri giudizi morali, non soltanto nelle reminiscenze autobiografiche e nelle nostre scelte di consumo.
 

Umanità e dilemmi morali

Fra i diversi studi che sono stati fatti riguardo a odori e giudizio morale, ce n’è uno prettamente made in Italy, condotto dal gruppo dal gruppo di Raffaella Rumiati della Sissa di Trieste, che ha analizzato se e in che modo le decisioni di persone sottoposte a dilemmi morali potessero essere influenzate da stimoli olfattivi subliminali. Tali stimoli sono essenzialmente quegli odori “umani” che in maniera del tutto inconsapevole captiamo a livello sensoriale quando ci troviamo in presenza di altre persone (i feromoni tanto noti per il loro ruolo “seduttivo” ne sono un esempio). Vediamo come si è svolto questo esperimento.

 

L’attività cerebrale dei partecipanti allo studio veniva analizzata mediante risonanza magnetica funzionale mentre ad essi venivano sottoposti specifiche categorie di dilemmi morali. Durante questi compiti venivano esposti in alcuni casi a stimoli olfattivi neutri, in altri a odori “umani”

 

I soggetti, di fronte ai dilemmi morali posti dagli sperimentatori, avevano in buona sostanza due strade decisionali possibili: quella “utilitaristica” della decisione più “razionale” che permetteva di massimizzare i risultati e minimizzare le perdite. Quella definita “deontologica”, che, a prescindere da valutazioni di tipo razionale, si asteneva dall’intervenire attivamente nel causare la morte di qualcuno difendendo la vita umana in ogni circostanza come principio inviolabile. 

 

Se poteva sembrare facile decidere quali prodotti alimentari acquistare e quali no in virtù di una possibile contaminazione ambientale, le cose si complicavano decisamente quando veniva chiesto se e chi avrebbero buttato giù da una torre per consentire di aver sala la vita a migliaia di persone… In questo articolo trovate un interessantissimo racconto di questo esperimento dal punto di vista di una delle persone coinvolte a partecipare.

 

Uno dei risultati più interessanti di questo studio è stato che gli odori “umani” si sono rivelati dei potenti motivatori nel muovere le scelte delle persone su un versante più “deontologico” che “utilitaristico”. In altre parole: le cose cambiavano se si era chiamati a prendere decisioni riguardanti una massa indifferenziata di “soggetti” o se si era nella condizione di riconoscere quei “numeri” come esseri umani dotati di emozioni, pensieri, sentimenti e… odori che rivelano la loro presenza.
 

Disgusto e giudizio morale

Un altro studio ha invece esplorato se e in che modo la percezione del disgusto sia influenzata dal giudizio morale. Sembra infatti che la cognizione morale e la percezione del disgusto condividano parte dei loro circuiti neuronali e delle espressioni facciali ad essi associate.

 

In particolare è stato evidenziato, mediante analisi sperimentali neuropsicologiche, come le persone che si trovano in situazioni che suscitano loro un giudizio morale negativo siano anche maggiormente “sensibili” al disgusto olfattivo. Più in generale, queste due percezioni sembrano influenzarsi a vicenda: il disgusto, con una sorta di comunicazione olfattiva,  sembra in grado di condizionare il pensiero. Questo a sua volta sembra in condizione di influenzare la percezione degli odori.

 

Si tratta probabilmente di qualcosa di più dei generici effetti degli odori sulla mente a cui siamo abituati a pensare.
Potremmo infatti domandarci: che cosa hanno in comune il giudizio morale e il disgusto? Apparentemente nulla eppure, se ci rifacciamo anche allo studio precedente, forse molto più di quanto si creda.

 

L’esperimento di Ruminati e colleghi ha sottolineato un aspetto rilevante nelle decisioni morali: quello dell’empatia o più in generale della capacità, nel prendere decisioni, di considerare gli altri non come “numeri” ma come esseri umani al pari di noi. Più siamo in grado di fare questo – anche con un ausilio “olfattivo” – più le nostre scelte avranno una base etica.

 

Anche la psicologia del disgusto condivide questo assunto. Sebbene si tratti di un’emozione primaria, essa va via via a complessificarsi nel corso dello sviluppo umano assumendo tutta una serie di significati culturali e morali. Ci disgusta non solo una sostanza o un animale che può rappresentare un pericolo concreto alla nostra incolumità fisica. 

 

Ma anche situazioni di degrado, maltrattamento e abuso a cui sentiamo ad esempio di volerci ribellare e opporre per questioni di principi appunto etici e morali. 

 

In altre parole, ci possiamo sentire letteralmente disgustati da un comportamento o situazione di questo tipo perché in qualche modo calpesta la dignità degli esseri umani a cui anche noi naturalmente apparteniamo. È anche questo che ci fa parteggiare per una causa, coalizzarci con una minoranza o prendere parte a una manifestazione in difesa dei diritti umani: il disgusto suscitato da situazioni di degrado, umiliazione o ingiustizia che calpesta l’umanità a cui sentiamo di appartenere.

 

Tanto il giudizio morale che il disgusto psicologico, dunque, sembrano muovere anche dalla capacità che abbiamo di riconoscere nell’altro un essere umano uguale a noi.