Psicologia inversa, cos'è e come utilizzarla

Con la psicologia inversa portiamo l'altro a fare quello che desideriamo. Pro e contro di una tecnica che spesso sfocia nella manipolazione.

psicologia inversa

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A tutti è sicuramente capitato di portare l’altro a fare qualcosa che si desiderava, semplicemente agendo o affermando il contrario. O, ancora fare qualcosa di differente rispetto a quanto l’altro ci ha chiesto e ottenere ugualmente il suo consenso. Ecco, in entrambi i casi è stata utilizzata la psicologia inversa.

 

Psicologia inversa: cos’è

Per psicologia inversa si intende quel meccanismo psicologico attraverso il quale si induce qualcun altro a fare qualcosa di diverso e solitamente opposto a ciò che disidera realmente. Quindi a fare qualcosa che rispecchia in realtà il nostro desiderio.   

 

È quindi un meccanismo che ha in sé una vena manipolatoria, seppur spesso utilizzato a buon fine e non con cattive intenzioni. 
Il principio alla base sui cui agisce è quelle della reattanza, ovvero la tendenza umana a reagire in modo opposto a quanto richiesto da altri o dal contesto (1976, Pennebaker e Sanders ). 

 

Le persone infatti sono tendenzialmente più attratte e incuriosite da quanto è vietato. Faticano a restare in divieti e obblighi che limitano la propria autonomia di scelta e libertà, agendo quindi a tutti i costi per affermare il proprio libero arbitrio. Chiedendo o imponendo qualcosa, si tocca quindi un tasto estremamente delicato e profondo, che attiva reazioni anche estreme, pur di difendere la propria libertà. 

 

Con la psicologia inversa si obbliga qualcun altro a fare qualcosa, spesso senza che egli se ne renda conto, ma anzi dando la sensazione di aver scelto in piena autonomia. 

 

Questi principi sono molto visibili con gli adolescenti in cui il forte desiderio di libertà e autonomia, che spinge verso l’indipendenza dai genitori, li porta spesso ad attivare condotto e comportamenti opposti a quelli richiesti dai genitori. Attivano quindi quello che viene definito reattanza

 

Pertanto, se volessimo applicare la psicologia inversa dovremmo “chiedere” il comportamento o comunque dare meno peso e importanza al comportamento che desideriamo, attivando quindi la loro curiosità verso il comportamento voluto, pur di trasgredire e affermare la propria indipendenza. Ovviamente non sempre funziona e bisogna stare estremamente attenti nell’utilizzarlo.
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Come utilizzarla?

In quanto meccanismo manipolativo, la psicologia inversa dovrebbe sempre essere utilizzata con cautela e parsimonia, senza abusarne. A risentirne infatti possono essere la fiducia in sé da parte dell’altro, la sicurezza, l’autostima e il senso di autonomia nelle scelte, nonché la capacità di comprendere realmente cosa è corretto e cosa no, il perché e quindi lo sviluppo del senso di responsabilità.

 

L’utilizzo può essere attivato quindi nelle piccole cose per cui è importante che si attui un comportamento differente da quello osservato nell’altro. 

 

Un esempio è l’utilizzo con i bambini.  Quando si vuole rompere una barriera e un rifiuto continuo verso qualcosa, ad esempio fare una cosa, mangiare un cibo nuovo e così via, e attivare un comportamento più funzionale, capita di ricorrere alla psicologia inversa. In questo caso si può chiedere il contrario o, meglio ridurre l’importanza del comportamento desiderato. Per cui ad esempio non gli si chiede più continuamente di apparecchiare o mangiare le verdure tutte le sere…ma ad esempio non si apparecchia per lui e si mettono le verdure in mezzo al tavolo, potrebbe capitare che se la psicologia inversa funziona, sempre per il principio di fare l’opposto di quello che chiedono gli altri, apparecchierà e assaggerà le verdure. 

 

Attenzione però - potrebbe - non è detto che funzioni. Potrebbe infatti anche accadere il contrario ovvero sostenere il comportamento non desiderato. È sempre importante quindi rendere accattivante quello che si vuole ottenere, ma soprattutto spiegare poi le ragioni del perché è importante un comportamento piuttosto che un altro. 

 

Con gli adulti, a volte si usa nelle realtà lavorative, dove si ottiene il comportamento desiderato rendendolo accattivante e mostrando la perdita del valore che si avrebbe se non si attiva. Perdere il valore di qualcosa è uno degli altri principi, assieme al non voler sottostare agli obblighi e vincoli, che spinge all’azione, dando un senso di scelta autonoma, seppur di fatto guidata da un meccanismo di psicologia inversa.

 

Altro ambito è quello relazionale, amoroso e non solo, in cui si attivano comportamenti opposti a quello desiderato per attirare l’altro a fare quanto in realtà si desidera. 

 

Psicologia inversa: alcune attenzioni

Utilizzare la psicologia inversa non è sempre ottimale poichè non porta a ottenere sempre i risultati ottenuti, rischiando spesso di ricadere nel contrario. È quindi molto importante prestare molta attenzione nell’utilizzare questa tecnica e piuttosto far leva sulla motivazione del nostro interlocutore, sul perché è importante attivare un comportamento invece di un altro, su quali sono i vantaggi e gli svantaggi. 

 

Usare quindi il dialogo e la comunicazione, attivando se necessario un po’ di sana negoziazione, mostrandosi aperti al punto di vista dell’altro e al confronto. 

 

In ogni caso quindi quando si attua la psicologia inversa è importante chiedersi perché la si utilizza, qual è lo scopo e se effettivamente è adeguata o meno nel raggiungere, e soprattutto mantenere nel tempo, il proprio obiettivo. Valutare poi con chi la si applica e il livello di efficacia della strategia. Si è osservato che maggiore è il desiderio di libertà e autonomia di scelta dell’altro, maggiore è la tendenza alla reattanza e quindi probabilmente l’efficacia della psicologia inversa. Inoltre il livello di sicurezza in sé è un’altra variabile che gioca un ruolo importante. 

 

L’importante è tenere bene a mente gli effetti di questa tecnica manipolatoria sull’altro, sul senso di sé e autostima, nonché sul reale effetto positivo dell’intento, e quindi agire in senso etico e con responsabilità.