Psicologia e politica: la psiche al voto

In Italia ogni cittadino di età pari o superiore ai 18 anni può esercitare il proprio diritto al voto recandosi alle urne ed esprimendo la propria preferenza politica. Quali sono i possibili processi cognitivi coinvolti nella scelta?

Psicologia e politica: la psiche al voto

La storia del diritto di voto e dell’eleggibilità in Italia così come nei paesi a noi stranieri fu un percorso lungo e complesso.

Nel 1861 questi diritti in Italia erano concessi solo ai cittadini maschi di età superiore ai 25 anni e di alta estrazione sociale, successivamente, nel 1881 il limite di età fu abbassato a 21 anni e fu ammessa non solo l’alta ma anche la media borghesia. Fu solo nel 1921 con Giolitti che l’ammissione al voto fu concessa a tutti i maschi con età minima di 21 anni.

Bisognò però aspettare il 1945 affinché anche le donne fossero ammesse al voto ed il 1946 per vedere questo diritto espletato per la prima volta. Infine, fu nel 1975 che l’età minima venne abbassata per tutti a 18 anni.

La possibilità di esercitare il diritto di voto è stata conquistata con lunghi e duri sacrifici;  viene da domandarsi quindi perché oggi, sempre più spesso, si rifiuta la possibilità di esprimere la propria scelta e preferenza politica tramite il voto. Molti dell’elettorato spesso non si recano alle urne.

La scelta di non votare è anche frutto di un processo decisionale dove vari meccanismi si mescolano per dar frutto a un comportamento di astinenza.

La psicologia politica e comportamentale si occupa anche di studiare quali siano i processi cognitivi coinvolti nella scelta politica, nel voto e nell’astinenza.

 

La razionalità prima, le scorciatoie cognitive dopo

Oggi giorno non si vota più come una volta. Un tempo erano le ideologie, i valori, gli interessi delle classi sociale e di ogni singolo elettore ad orientare una scelta politica; l’influenza mediatica era meno incisiva, mentre attualmente il processo di voto è influenzato principalmente dalle caratteristiche di ogni singolo candidato.

La politica di oggi passa attraverso un canale mediatico il quale frammenta le informazioni rendendole spesso confuse e contrastanti.

Questo spinge l’elettorato a sostituire i processi più razionali e ponderati di una volta con processi più approssimativi prediligendo delle scorciatoie di pensiero; brevi e imprecisi, vengono definiti “euristiche” ovvero delle strategie cognitive brevi utilizzate primariamente quando si hanno pochi dati a disposizione per poter fare delle valutazioni precise.

I processi messi in atto, quindi, sono guidati prevalentamente da impressioni emotive, simpatia e fiducia o, contrariamente, dalla volontà di allontanare candidati che suscitano antipatia e incertezze.

 

Cosa sono le distorsioni cognitive

 

Psicologia e politica: il candidato

Le informazioni veicolate dai media hanno trasformato non solo il messaggio politico rendendolo confuso e frammetario, ma anche l’immagine del candidato che col tempo diviene una sorta di “personaggio”, di cui si pesano parole, gesta, espressioni per valutare quanto siano lontano dal realizzare i sogni dell’elettorato. Le campagne elettorali quindi si spingono in avanti nel tentativo di accattivarsi il pubblico, di apparire simpatici e affasciananti.

L’elettorato pertanto cattura poche immagine del candidato tramite la televisione e qualche scatto fotografico, favorendo ulteriormente dei processi di pensiero che si basano su semplificazioni cognitive ed emotive.

Caprara, Barbaranelli & Zimbardo (1999) hanno dimostrato infatti che gli elettori operano le loro scelte basandosi su alcuni tratti del candidato quali energia e amicalità piuttosto che su altre dimensioni della personalità ben più importanti per affidare razionalmente il governo del proprio paese. 

Pertanto, il processo decisionale degli elettori è guidato principalmente dagli “attrattori” ovvero caratteristiche quali innovatività e sincerità, che vengono poi estese a tutta la personalità del candidato, considerandola infine come globalmente positiva.

 

Processi decisioni nel voto

Caprara & Barbaranelli (2000) hanno dimostrato che il voto viene primariamente guidato da una stima dei possibili vantaggi e svantaggi.

Tra i processi decisionali dell’elettorato vi è la propensione a non rischiare, ovvero la tendenza ad operare scelte conservative e rassicuranti per la certezza di alcuni punti fermi; in ogni elezione quindi, i politici che concorrono per il rinnovo delle cariche hanno un vantaggio rispetto a coloro che debbono farsi conoscere dagli elettori, che devono anzitutto avviare un processo di superamento della novità e rispondere al bisogno di rassicurazioni dell’elettorato.

Un altro fattore coinvolto nel processo decisionale è la presunta approvazione da parte delle persone importanti. Sembra che tale bisogno di approvazione abbia un peso maggiore per gli elettori di destra che tendono a ricevere consenso votando lo schieramento “familiare”, cosa che funziona come un rinforzo positivo.

 

Quali meccanismi sono alla base dei giudizi sociali?

 

Per approfondire:

> Euristica: definizione e meccanismi

 

Bibliografia

  • Caprara G.V., Barbaranelli C., 2000, Capi di governo, telefonini, bagni schiuma, Raffaelo Cortina Editore, Milano.
  • Caprara G.V., Barbaranelli C., Zimbardo P., 1999, Personalità profiles and political parties. In Political Psychology, 20, 175-197.