L’effetto cocktail party nel nostro cervello

Durante una festa tra tintinnii di bicchieri, risate, frammenti di discorsi e musica a tutto volume, filtriamo senza accorgercene soltanto le informazioni che ci interessano. Un compito difficilissimo che il nostro cervello è in grado di svolgere grazie ad una serie di trucchi neurali. Scopriamo insieme l’effetto cocktail party.

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Nei ricevimenti, nei party o nelle conversazioni in un posto affollato il nostro cervello compie un vero e proprio capolavoro: è leffetto cocktail party, un processo cognitivo per cui dallo schiamazzo e dal caos di voci che si sovrappongono riusciamo attraverso il nostro orecchio a filtrare le informazioni che ci interessano. Ma ciò come avviene? E’ una questione di attenzione. Se un soggetto sente contemporaneamente due diversi segnali linguistici, capisce solo il contenuto di quello a cui rivolge la sua attenzione e le parole di chi lo circonda fluiscono via senza lasciar traccia. Questo accade perché il cervello essenzialmente analizza la direzione da cui proviene il segnale acustico valutando anche altri caratteri del suono. I segnali linguistici infatti dispongono di alcune proprietà caratteristiche che il cervello è in grado di sfruttare: la frequenza, l’intensità e l’altezza del suono percepito, ecc … .

 

L’effetto cocktail party e il concetto di periodicità                           

Nella nota generata da un diapason la pressione acustica oscilla su e giù in un’onda, anche la voce umana genera suoni nei quali all’interno di un periodo compaiono diverse punte di pressione. La voce maschile per esempio presenta oscillazioni intorno ai 100 herz ma anche  intorno a multipli interi di questa frequenza, ossia intorno ai 200 herz, ai 300 herz e così via. Inoltre ha un’oscillazione dell’ampiezza regolare nel tempo: un’onda acustica con una frequenza fondamentale di 100 herz si ripete cento volte al secondo. Ciò significa che in un secondo il suono presenta 100 oscillazioni: gli scienziati parlano di periodicità.

Durante l’effetto cocktail party le aree del nostro cervello codificano queste periodicità, dunque le oscillazioni di ciascun segnale acustico di ogni singolo parlante. Per evitare una situazione di caos inestricabile poiché percepiremmo tutte le voci insieme, al fine di seguire singolarmente un singolo discorso con sicurezza, il nostro cervello attiverebbe una protezione di interazioni inibitorie. In altre parole, se si presentano alla corteccia uditiva simultaneamente segnali acustici con diverse periodicità, rimane attiva solo l’area rivolta alla persona che vogliamo ascoltare, mentre le altre vengono inibite da questa.

 

L’effetto cocktail party e i limiti nella prestazione                           

Durante l’effetto cocktail party il nostro cervello a volte si imbatte anche nei limiti delle sue prestazioni. Non sorprende quindi che di norma noi ci possiamo rendere conto per la prima volta di un peggioramento del nostro udito – sia esso condizionato dall’età o causato da lesioni – proprio nel caos acustico di un ricevimento o di una festa.

Anche piccoli disturbi possono avere come conseguenza una certa difficoltà a seguire una conversazione nella confusione, benché non ci si accorga ancora di avere problemi quando si chiacchiera con una persona sola. Come è noto, anche piccoli danni possono esporre a rischio la specificità di frequenza di singoli neuroni: le aree addette alla codifica di ciascun suono potrebbero iniziare a sovrapporsi ed una separazione netta non sarebbe più possibile.

Questi deficit si possono oggi compensare solo con apparecchi acustici o impianti cocleari. E proprio qui si trova la grande sfida per le ricerche future sull’udito.

 

Fonte immagine | @giovanni