Archetipi del maschile e del femminile, uno sguardo d'insieme

Nella Psicologia Analitica di Carl Gustav Jung gli archetipi sono disposizioni psicologiche, modelli di comportamento e di pensiero/sentimento trasversali alle singole persone, culture o gruppi umani. Gli archetipi esprimono infatti elementi dell’inconscio collettivo, potenzialità della psiche comuni a tutta l’umanità che possono trovare variamente espressione negli atteggiamenti e nella personalità individuale.

Archetipi del maschile e del femminile, uno sguardo d'insieme

 

Nella Psicologia Analitica di Carl Gustav Jung gli archetipi sono disposizioni psicologiche, modelli di comportamento e di pensiero/sentimento trasversali alle singole persone, culture o gruppi umani. Gli archetipi esprimono infatti elementi dell’inconscio collettivo, potenzialità della psiche comuni a tutta l’umanità che possono trovare variamente espressione negli atteggiamenti e nella personalità individuale.

 

Archetipi e fasi della vita: la Grande Madre

Alcuni archetipi rappresentano immagini molto potenti. Fra questi c'è quella della Grande Madre (Neumann, 1981): l’idea di madre, intesa non nella specificità di una particolare persona, ma come concetto psicologico, è qualcosa che appartiene all’inconscio collettivo e che ritroviamo in ogni cultura e persona.

Come tutti gli archetipi, anche quello materno è connotato di ambivalenza: una versione luminosa che corrisponde alla Madre intesa come nutrimento totalmente benevolo e benefico e un polo “ombra” costituito dall’idea di Madre “divorante”, colei che, proprio nell’accogliere e portare a sé, può realizzare una fusionalità mortifera che impedisce l’autonomia e la crescita dell’altro.

Questi due aspetti dell’archetipo rispecchiano a livello più generale la duplicità/ciclicità del femminile, inteso come principio organizzatore della psiche: ad esso si riconducono i misteri del ciclo vita-morte-vita. Il femminile inteso come Madre Terra è l’elemento che dona la vita e al tempo stesso la riprende in sé dopo la morte perpetuando i cicli della Natura.

La donna riproduce in sé questa alternanza ciclica non solo nelle funzioni biologiche corporee (i cicli mestruali, la gravidanza), ma nella ciclicità che le impone la vita psicologica. Diceva Winnicott che per una donna ci sono sempre tre donne: la figlia, la madre e la madre della madre.

Ogni donna si trova a fare i conti con almeno tre generazioni e a rapportarsi fuori e dentro di sé con queste tre dimensioni della femminilità: la bambina/figlia, la donna adulta/madre, l’anziana. Queste tre posizioni della psiche possono alternarsi o coesistere nella psiche di una donna e prescindere dalle fasi del suo ciclo vitale (e dal fatto che abbia o meno figli propri): alternandosi o sovrapponendosi piuttosto che succedendo l’una all’altra in una progressione lineare.

Come ci ricordano Anita Johnston (1996), Jean Bolen (1991), Jennifer Woolger (2014) e altri, le prime civiltà umane erano di stampo matriarcale: il femminile e il mistero del ciclo di morte-rinascita era reso oggetto di culto e il simbolo di esso era il cerchio a sottolineare proprio la ciclicità di tutto ciò che riguardava il mondo del femminile venerato come Grande Madre, Grande Dea o Dea Madre.

Furono le epoche successive, che culminarono con le civiltà Greca e Romana, quelle in cui le popolazioni matriarcali vennero soggiogate da altre civiltà che imposero un modello di vita e un pantheon di stampo patriarcale, fondato simbolicamente sulla linea: la linearità raziocinante che predilige l’uso del pensiero razionale o della forza sulle qualità emotive e intuitive pertinenti al mondo femminile.

Di conseguenza la Dea Madre come divinità unitaria cessò di esistere e le sue qualità vennero suddivise, parcellizzate, nel culto di molte divinità femminili differenti che, nella mitologia greca e romana, vennero più volte soggiogate dalla potenza e dalla supremazia delle divinità maschili.

L’epidemia dei disturbi alimentari dell’epoca moderna sembra riflettere questo “smembramento” della Grande Dea (Bolen, 1991; Johnston, 1996): il fisico longilineo, magro e asciutto desiderato da molte donne e offerto come modello da emulare dai media sembra voler costringere il femminile entro una direzione lineare che gli è estranea, da qui la causa di molte sofferenze delle donne moderne costrette spesso a essere estranee a sé stesse e lontane dalle radici di una femminilità ciclica, emotiva, intuitiva che trova la sua identità più nella rotondità che nella linearità. Qualità, queste, spesso svalutate e degradate nella cultura patriarcale.

 

Archetipi del maschile: non solo razionalità

Non si pensi che solo le donne siano vittime della cultura patriarcale, lo sono anche gli uomini, anch’essi smembrati psicologicamente e appiattiti forzatamente sullo stereotipo complementare. L’uomo moderno è considerato tale solo se aderisce ad un modello precostituito: quello di un maschile razionale, prevaricatore e calcolatore estraneo al mondo dei sentimenti, delle passioni e del contatto con le sensazioni corporee, lontano da tutto ciò che può intaccare un immagine di invulnerabilità, da tutto ciò che viene appunto screditato e allontanato come “femminile”.

Eppure molti uomini non sembrano nati per aderire a questo stereotipo, può darsi che in loro vi siano lati passionali, teneri, sensoriali o contemplativi che nulla hanno a che fare con il manager in carriera. E può darsi che lo stesso manager, apparentemente iper-adattato al mondo occidentale moderno, paghi un caro prezzo per il suo successo rinunciando ad esprimere aspetti più emotivi di sé stesso che potrebbero donargli una maggiore autenticità e profondità delle relazioni e negli affetti…

Le donne dal canto loro sembrano dover ripensare continuamente i modi per mettere in discussione un aspetto stereotipale di mogli e madri che le vorrebbe dipendenti e confinate nelle relazioni affettive.

La vera sfida non è assolutizzare una posizione contraria – diventare dei cosiddetti “uomini mancati” – ma coniugare queste esigenze (di amore, maternità, di relazione) con energie altrettanto importanti del femminile quali la spinta all’autorealizzazione, all’autonomia, alla contemplazione in sé stesse.

Jung sosteneva, con i concetti di Animus e Anima, che le energie del maschile e del femminile sono aspetti che abitano la psiche di entrambi i sessi e che in ogni persona, uomo o donna, debba realizzarsi un “matrimonio” interno, un’integrazione psichica fra queste polarità: l’uomo deve poter incontrare i propri aspetti più femminili, emotivi e vulnerabili così come la donna, per dirsi completa, deve accogliere anche i propri aspetti assertivi e “penetrativi” nei confronti del mondo.

La prospettiva che Jean Bolen, Jennifer e Roger Woolger ci offrono nel loro testi va oltre questo concetto e approfondisce ulteriormente le variopinte dimensioni della femminilità e della mascolinità. Il pantheon greco ci offre, attraverso gli dei e le dee della mitologia classica, una rappresentazione archetipica piuttosto variegata delle energie che possono muovere e orientare la psiche di un uomo o di una donna.

 

Archetipi: possibili modi di essere uomo e donna

Sebbene, per semplicità di esposizione, gli archetipi qui presentati siano ricondotti prettamente all’uomo o alla donna, essi possono attivarsi anche nella parte Anima o Animus del sesso opposto e valere, nel loro significato psicologico, per la personalità di uomini e donne sia eterosessuali che omosessuali.

Negli articoli qui presentati si è voluto tratteggiare i vari archetipi del maschile e del femminile cogliendone gli aspetti essenziali o più suggestivi per la mentalità moderna. Senza alcuna pretesa di esaustività, l’intento e quello di prospettare tutta una variegata gamma di possibili modi di essere uomini e donne che spesso ignoriamo perché riconduciamo la femminilità e la mascolinità a pochi modelli riduttivi e stereotipati (in altre parole: a pochi archetipi, ma ogni archetipo deve potersi integrare con gli altri per avere effetti costruttivi e non distruttivi per la personalità).

Nella psicologia degli uomini e delle donne di ogni tempo e luogo esiste tutta un’ampia tavolozza di sfumature “psichiche” che è bene scoprire e imparare ad usare per vivere in maniera piena e autentica.

 

Chi volesse saperne di più al riguardo può consultare i testi indicati in calce e che raccomando vivamente:

Bolen J.S., Le dee dentro la donna. Una nuova psicologia del femminile, Astrolabio, 1991.

Bolen J.S., Gli dei dentro l’uomo. Una nuova psicologia maschile, Astrolabio, 1994.

Johnston A. 1996, Il corpo delle donne. Fiabe, miti e leggende per trasformare il nostro rapporto col cibo, trad. it. Castelvecchi, Roma, 2014.

Neumann E., La Grande Madre. Fenomenologia delle configurazioni femminili dell'inconscio, Roma, Astrolabio, 1981

Woolger J.B. & Woolger R.J., La dea sulla terra Le divinità che animano le donne, I Timoni, 2014.

 

Buona lettura e buona ricerca!

 

Foto: deagreez / 123RF Archivio Fotografico