I disturbi alimentari maschili fra stereotipi di genere e pregiudizi

I disturbi alimentari non sono solo “roba da ragazze”: sebbene in forte prevalenza nel sesso femminile, sono in realtà disagi che possono riguardare anche i ragazzi. Troppo spesso però le manifestazioni maschili di questi disturbi non vengono tempestivamente riconosciute

I disturbi alimentari maschili fra stereotipi di genere e pregiudizi

I disturbi alimentari non sono “roba da femmine”, riguardano sempre più spesso anche i ragazzi, sebbene, a causa di stereotipi e pregiudizi di genere, le manifestazioni maschili di queste problematiche possano passare inizialmente inosservate o non correttamente diagnosticate.

I disturbi alimentari rappresentano una forma sintomatica che il disagio psicologico può assumere e che non è appannaggio esclusivo delle ragazze.

Sebbene siano sovrarappresentati nel sesso femminile, i disturbi alimentari si manifestano anche fra i ragazzi adolescenti o in età prepubere.

La stessa Hilde Bruch (1977; 1983) descriveva alcuni casi di disturbi alimentari maschili e oggi, sia per maggior conoscenza del fenomeno, sia probabilmente per una maggior incidenza dei disturbi alimentari nella popolazione generale, i casi maschili riscontrati sembrerebbero in aumento.

I disturbi alimentari maschili quindi non sono più un tabù, anche se può essere ancora difficile andare oltre stereotipi e pregiudizi.

 

Stereotipi e pregiudizi nella richiesta d’aiuto e nella diagnosi

Uno studio inglese sui disturbi alimentari maschili condotto alcuni anni fa riportava i risultati di un’interessante indagine qualitativa condotta su alcuni ragazzi che soffrivano di questi disturbi per indagare la loro predisposizione a chiedere aiuto ad uno specialista e quella degli addetti ai lavori ad inquadrare correttamente il fenomeno.

Ebbene, i ragazzi intervistati riferivano di aver incontrato particolari difficoltà a riconoscere di avere un problema e quindi a rivolgersi ad uno specialista, non solo perché nella fase di esordio di un disturbo alimentare può essere difficile chiedere aiuto, ma anche a causa di stereotipi e pregiudizi di genere legati a questo tipo di disagio ritenuto appannaggio esclusivo delle ragazze.

Si evidenziava, infatti, come spesso, tanto questi giovani pazienti quanti gli specialisti di riferimento, fossero stati vittime del pregiudizio per cui i disturbi alimentari sarebbero problemi che colpiscono le ragazze e non i ragazzi.

Per queste ragioni, nei resoconti riportati dai partecipanti, i disturbi alimentari maschili venivano spesso diagnosticati con ritardo, sia perché i pazienti tardavano a chiedere aiuto, sia perché i clinici stessi tendevano ad inquadrare il disturbo come problema organico o come altro problema psichico prima di arrivare ad diagnosticare i disturbi alimentari maschili.

Anche uno studio condotto presso l'Ospedate Bambin Gesù di Roma a inizio degli anno ’90 riportava osservazioni analoghe: nei disturbi alimentari maschili la richiesta di aiuto e la diagnosi avvenivano molto in ritardo, spesso quando le condizioni fisiche del paziente erano molto compromesse, a causa di stereotipi e pregiudizi che volevano i disturbi alimentari appannaggio quasi esclusivo del genere femminile e ritardavano l’accesso alle cure.

I disturbi del comportamento alimentare maschili sembrerebbero avere, in realtà, sia aspetti comuni con quelli femminili che alcune differenze specie nelle più comuni manifestazioni fenomenologiche.

 

Fattori comuni nei disturbi alimentari maschili e femminili…

Nei disturbi alimentari, sia maschili che femminili, è la preoccupazione per il corpo e la forma fisica a prevalere su qualunque altra fonte di espressione e di interesse; l’ossessione per il corpo denuncia, in entrambi i casi, un rapporto alterato con la propria immagine corporea.

Questi pazienti, maschi e femmine, impiegano tutte le loro energie per tentare di controllare la propria forma fisica; le preoccupazioni e le ossessioni per il cibo e il corpo assorbono tutte le loro energie sottraendole ad altre attività poiché tutta la loro autostima e il loro precario senso di identità si fonda sull’esercizio del controllo sul proprio corpo.

Sia nei disturbi alimentari femminili che maschili, fattori individuali e familiari riscontrati molto spesso sembrano essere una pregressa storia di obesità infantile, un elevata tendenza al perfezionismo e forti pressioni familiari ad eccellere nei campi intellettuali o, come accade spesso, sportivi essendo questi disturbi molto diffusi fra i giovani atleti di entrambi i sessi, specie nelle discipline dove il controllo del corpo e una dieta ferrea sono ritenute imprescindibili (Dalla Ragione, L., Scoppetta, M., Giganti d’argilla, Il Pensiero Scientifico, 2009).

 

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.. e alcune differenze sintomatologiche

Alcune differenze, fra disturbi alimentari maschili e femminili, si riscontrano soprattutto nelle più comuni manifestazioni fenomenologiche e sintomatologiche.

Se è vero che esistono fra i disturbi alimentari maschili anche casi di anoressia e bulimia, sembra che, tuttavia, nei ragazzi prevalga l’ossessione per la prestanza fisica, piuttosto che per la magrezza estrema, in accordo con gli stereotipi che vigono nella nostra società per il genere maschile rispetto a quello femminile.

È soprattutto l’ossessione per la grossezza fisica, la bigoressia o anoressia inversa, o per la sanezza del cibo, la così detta ortoressia, ad essere – fra le nuove forme dei disturbi alimentari – quelle maggiormente rappresentate fra i ragazzi.

Forme di anoressia sembra si manifestino più frequentemente come secondarie ad un eccessivo esercizio fisico che, nelle forme di disturbi alimentari maschili, sembra essere la condotta prevalente per perdere massa grassa, rispetto a condotte di eliminazione o digiuni che sembrerebbero più frequenti fra le ragazze.

 

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Quali terapie?

I disturbi alimentari maschili, come quelli femminili, sono manifestazioni sintomatologiche che utilizzano il cibo e il corpo per denunciare un profondo disagio emotivo: mai, come in questi casi, il cibo non è il problema, al di là, appunto, delle “apparenze”.

È per questo che l’intervento terapeutico è spesso multidisciplinare affiancando ad un intervento medico e nutrizionale, spesso imprescindibile, un percorso psicologico e psicoterapeutico che aiuti questi ragazzi a consolidare un senso di identità personale autonomo senza aver più bisogno di usare il cibo e la forma fisica per sentirsi all’altezza di sé stessi. Solo allora il cibo diventerà “solo” cibo.

 

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