La deprivazione di contatto: Spitz, Bowlby e il nostro oggi

Di deprivazione di contatto e carenza di nutrimento affettivo hanno parlato tanti, tra cui Bowlby, Spitz, Leboyer. Marasma, danni affettivi, tare nello sviluppo cognitivo e linguistico, difficoltà nello stabilire relazioni, sono alcuni degli effetti della deprivazione di contatto. Ma la deprivazione di contatto è roba d'altri tempi o è una realtà che ancora oggi esiste? Analizziamo insieme la questione senza demonizzare nessuno, ma solo tenendo presente che ogni azione innesca sempre una conseguenza

La deprivazione di contatto: Spitz, Bowlby e il nostro oggi

Tutti noi oramai sappiamo quanto sia importante il contatto: attraverso il contatto, grazie al tatto, noi comunichiamo le nostre emozioni, intraprendiamo relazioni, stringiamo patti d'affari e facciamo l'amore.

Il contatto, nella nostra società, è quasi un'entità astratta: riusciamo a restare pigiati per ore in una metropolitana, fianco a fianco come sardine in una lattina, ma quando si tratta di rendere consapevole questo contatto, ecco che gli occhi si abbassano, le mani sfuggono, i meccanismi di difesa e le varie corazze che belle e care abbiamo costruito intorno a noi, cominciano a moltiplicarsi. Ma andando ancora prima nel tempo, oramai tutti noi sappiamo quanto sia importante per un bambino farsi toccare dalla propria madre e dal proprio padre, essere abbracciato, coccolato, nutrito nel cuore e con l'amore.

Il piacere del contatto corporeo gratifica, nutre e soddisfa sia il piccolo sia il genitore. Ma cosa succede quando, purtroppo, questo viene a mancare? Vediamo insieme cos'è la deprivazione di contatto.

 

La deprivazione di contatto: Renè Spitz

Renè Spitz è un neuropsichiatria infantile, nato alla fine dell'800 e morto nel 1974. Spitz  ha compiuto una ricerca sugli effetti neurofisiologici da deprivazione di contatto: il suo campione di riferimento era composto da bambini ospedalizzati o istituzionalizzati che, a causa della loro condizione mancavano delle cure, delle attenzione e dell'amorevole contatto con la madre. Gli studi di Spitz hanno portato alla luce che il bambino, deprivato dal contatto con la madre, manca a livello neurologico di un collegamento adeguato tra corteccia cerebrale e diencefalo.

Questo tipo di connessione è fondamentale affinché il bambino possa sperimentare in modo adeguato la relazione emozionale e viscerale tra il proprio mondo interno e la realtà circostante. Spitz ha dimostrato che la deprivazione di contatto genera dei disturbi evolutivi che si manifestano sul piano affettivo, motorio, cognitivo e linguistico.

Nello Studio psicoanalitico sul bambino, Spitz mette in evidenza che il 60% dei bambini presi in esame con meno di un anno di età, malgrado ricevesse nutrimento e cure igieniche, deprivato dal contatto andava incontro al "marasma", ovvero ad un lasciarsi andare per inedia: non potendo vivere senza amore, senza coccole e carezze, senza contatto, si lasciano morire.

 

La deprivazione di contatto: John Bowlby

Anche Bowlby ha studiato il comportamento dei bambini istituzionalizzati e, sulla base delle sue ricerche, ha sviluppato la nota teoria dell'attaccamento.

La deprivazione di contatto o, come lui l'ha definita, la deprivazione o carenza di cure materne, origina un quadro clinico che intacca ogni aspetto dello sviluppo del bambino: fisico, psicologico e affettivo.

Più precoce è la deprivazione di contatto subita dal bambino, più gravi sono gli effetti negativi che genera. Il danno più grave della deprivazione di contatto, secondo Bowlby, è sul piano affettivo: l'affettività, infatti, è il modo in cui noi entriamo in relazione con l'altro e ci permette di costruire legami duraturi nel tempo; il bambino che ha vissuto una deprivazione di contatto è incapace di costruire relazioni.

 

La deprivazione di contatto: oggi esiste ancora?

Quando parliamo di deprivazione di contatto e di bambini che non ricevo questo dalle figure genitoriali, tendiamo sempre a collocarlo indietro nel tempo. Ma ne siamo sicuri? Oggi siamo pieni di guerre ovunque, guerre che le nostre società "civilizzate" tendono a dimenticare. Sapete quanti conflitti attivi ci sono oggi?

I bambini istituzionalizzati, orfani, vittime guerre sono ancora tantissimi. Ma basta guardare più vicino, senza imbarcarci in viaggi oltremare e oltralpe per vedere ciò che sta accadendo ai nostri figli: parliamo degli asili nido che nascono come funghi dove lasciare il proprio cucciolo è normale solo perché ci serve e ormai lo fanno tutti? Certo, santi e benedetti, non voglio demonizzare quella che può essere una risorsa per il tipo di società che ci siamo costruiti: oggi più che mai il lavoro serve, spesso siamo genitori single o non abbiamo più la rete familiare di supporto che, fino ad una generazione fa, aiutava nell'accudimento dei figli.

Ma teniamo ben presente che ogni azione ha una conseguenza e che, tra qualche anno, avremo a che fare con bimbi pseudo istituzionalizzati che avranno trascorso gran parte delle ore della loro vita lontano da noi. Possiamo considerare anche questa una deprivazione di contatto? Io penso di si.

Vi lascio con una frase di Frederick Leboyer: “Per i bambini piccoli essere portati, cullati, accarezzati, essere tenuti, massaggiati, sono tutti nutrimenti indispensabili, come le vitamine, i sali minerali e le proteine, se non di più. Se viene privato di tutto questo e dell’odore, del calore e della voce della madre che conosce bene, il bambino, anche se gonfio di latte, si lascerà morire di fame”.

 

L'esperimento di Harlow: deprivazione da contatto e attaccamento materno