Pessimismo costruttivo e creatività

Mettere in discussione i propri risultati, essere critici e insoddisfatti verso il proprio operato non è sempre un fattore negativo. Nel lavoro creativo può rivelarsi una forma di pessimismo costruttivo che sprona a migliorarsi costantemente senza accontentarsi del primo risultato ottenuto.

Pessimismo costruttivo e creatività

Scrittori, registi, sceneggiatori… immaginiamo spesso il lavoro creativo frutto di improvvisi insight, di intuizioni fulminanti che guiderebbero gli autori verso le produzioni più strabilianti.

Questa visione “romantica” della creatività non è del tutto fallace, abbiamo notizie ad esempio di artisti e scienziati che ebbero le loro più illuminanti intuizioni addirittura in sogno..

C’è però un’altra faccia della medaglia, che sempre e comunque accompagna il lavoro creativo, l’elaborazione delle buone idee in un prodotto finito.

È il fare e rifare, il cumulare una lunga serie di prove insoddisfacenti prima di poter arrivare alla meta.

Il letterato scrive e riscrive più versioni dello stesso romanzo, il pittore ripete più e più volte lo stesso soggetto, il regista riprova all’infinito la stessa scena…

Si può sempre fare meglio: così potremmo sintetizzare il pessimismo costruttivo; una sorta di insoddisfazione perpetua che spinge continuamente a fare di più…

 

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Il pessimismo costruttivo di artisti famosi

“È nella natura del desiderio di non poter essere soddisfatto e la maggior parte degli uomini vive solo per soddisfarlo” scriveva Aristotele…

Si dice che Leonardo da Vinci abbia impiegato almeno 10 anni per completare la Monna Lisa continuando ad apporre continui ritocchi alla tela, tant’è che in pochi avrebbero avuto occasione di vederla finché egli era in vita. 

Paul Cézanne avrebbe lasciato diverse opere incompiute e, come lui, anche Vincent Van Gogh sarebbe stato perennemente insoddisfatto dei propri lavori.

Anche nel mondo del cinema sembra che valga tutt’altro che la regola del “buona la prima”: Stanley Kubrick, ad esempio, avrebbe rigirato la scena in cui Hallorann spiega a Danny lo Shining ben 148 volte!

Molti di coloro che svolgono professioni creative manifestano questa continua insoddisfazione verso il proprio operato: se dichiarano di non essere convinti di ciò che hanno ottenuto lo pensano davvero e molto seriamente, nessuno riuscirà a far loro cambiare idea!

Non cercano rassicurazioni, né conferme; non desiderano essere migliori o superiori a qualcun altro: è con sé stessi che sono in perenne competizione.

Questo atteggiamento è stato chiamato pessimismo costruttivo; può sembrare un curioso ossimoro ma non lo è: l’insoddisfazione non è qualcosa che blocca la persona ma, al contrario, la spinge a fare meglio!

 

Il pessimismo costruttivo nella creatività

Perché il pessimismo costruttivo è un tormento interiore spesso ineliminabile dal processo creativo? Il termine in realtà non sembra trovare ancora riscontro nella letteratura scientifica, ma è probabile che presto o tardi assumerà una qualche rilevanza all’interno delle scienze psicologiche e sociali.

Non accontentarsi mai, non fermarsi al primo risultato ottenuto stimola il processo di problem solving e le facoltà del pensiero divergente: l’artista che non è soddisfatto continua a cercare nuovi punti di vista, nuove strategie per ottenere qualcosa di più, qualcosa di migliore invece di accontentarsi di soluzioni più “comode” e ordinarie.

 

I costi emotivi del pessimismo costruttivo

Certo tutto questo ha un costo emotivo importate poiché l’artista è narcisisticamente molto identificato con la sua opera e metterla in discussione implica mettere continuamente in discussione prima di tutto sé stesso.

Per questo il pessimismo costruttivo può essere fruttuoso solo in alcuni ambiti della propria vita lavorativa e produttiva, ma non può mai essere generalizzato: non tutto può essere questione “di vita o di morte”.

Se in alcune aree della propria creatività non accontentarsi mai, non sentirsi mai “arrivati” può rappresentare un continuo stimolo a crescere e a migliorare.

In altri settori della propria vita è necessario essere in grado di venire a patti con la propria umana imperfezione, con i propri limiti e i propri difetti.

Chi non riesce a tollerarlo rischia di soccombere ad un’irrealistica ricerca della perfezione: le conseguenze possono essere il disagio psicologico e il blocco dello stesso processo creativo.

 

“Se senti una voce dentro di te che dice 'non puoi dipingere', allora a tutti i costi dipingi e quella voce verrà messa a tacere.”

(Vincent Van Gogh)

 

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