Un cantastorie in azienda: intervista a Piera Giacconi

Le fiabe non sono importanti solo per i più piccoli, ma ricoprono un ruolo centrale anche all'interno della nostra vita adulta, perché ci aiutano a riscoprire noi stessi e le nostre potenzialità. Abbiamo intervistato Piera Giacconi, autrice di "C'era una volta... un cantastorie in azienda" per saperne di più sui benefici della fiaba raccontata e vissuta in un contesto professionale

Un cantastorie in azienda: intervista a Piera Giacconi

La fiaba è di vitale importanza anche in un contesto professionale: il motivo ce lo spiega Piera Giacconi in C'era una volta... un cantastorie in azienda, un volume originale e ricco di spunti edito da FrancoAngeli. Piera Giacconi è creativity coach, arte-terapeuta e consulente di direzione per aziende e amministrazioni negli gli ambiti: automotivazione, empowerment, leadership, integrazione delle differenze di genere, consapevolezza individuale e di gruppo, sviluppo del potenziale, innovazione, gestione dello stress. È formatrice AIF, certificata Horaklés(r) a Parigi nell'uso delle fiabe per lo sviluppo della Qualità Umana. Nel 2004 ha fondato a Udine la prima Scuola italiana per cantastorie, unificando i lavori tradizionali delle fiabe e del respiro volontario. L'abbiamo intervistata per saperne di più sulla figura del cantastorie e sulle fiabe in azienda.

 

Chi è il cantastorie tradizionale?

Il cantastorie tradizionale è in primis un essere umano. È una persona che ha cercato nella sua vita di scoprire che cosa significa essere un uomo, una donna. Cosa lo distingue dagli altri mammiferi terrestri, quale sia il quid. Un percorso di scoperta che lo ha portato ad avvicinare la Bellezza racchiusa in lui/lei, così come in ogni dove. È una persona che risplende anche in silenzio. Ciò che racconta, vibra della qualità della sua presenza. Risuona di Splendore, di Fiducia, di Speranza. Un cantastorie tradizionale è una persona colta e sensibile che legge e respira la vita. Può fare storytelling anche senza fiabe millenarie: è come un sole che riscalda, illumina, irradia. Ma un esperto di comunicazione non può raccontare fiabe che sollevino gli animi, se il suo animo non è sollevato, se egli non è andato fino all’inferno per liberare quella strepitosa Bellezza racchiusa in lui stesso. Non convincerà.

 

Perché ce n'è bisogno in azienda?

Il cantastorie tradizionale in azienda oggi è necessario perché parla un linguaggio umano. Dice parole piene di ricchezza. Ha occhi che vedono le soluzioni sotto le macerie. Ha orecchie che sentono come risuona la verità. E racconta sempre la storia di come si fa raggiungere quella Bellezza, a liberare quell’essere splendido prigioniero dentro di noi. Perché solo questo viaggio conta veramente: alla fin fine solo l’Essere Autentico è in grado di risolvere ogni difficoltà e superare ogni intoppo. L’azienda è un luogo di espressione di sé come ogni altro luogo, pertanto è idonea a essere piazza di creatività, dove chi crea la realtà è la parte migliore dell’essere umano che siamo.

 

Nella formazione aziendale è di moda lo storytelling: cos’è e perché è considerato un potente strumento di marketing?

Raccontare è il gesto più antico, culturale e antiletterario che ci sia. Non servono libri, editori, mercati di riferimento. Si raccontava anticamente la storia della tribù intorno al fuoco, oggi si racconta ai nipoti di come ci siamo innamorati del nonno o quale sia la storia della nostra famiglia. Si onorano in tal modo i gesti eroici, che han consentito di salvare la vita o di incontrare la felicità e la pace, la prosperità. Si racconta pertanto ciò che è degno di essere narrato, ciò che ha valore ed è quindi anche in grado di trasmetterlo. Narrare è intimamente legato al senso di identità di una persona, di un gruppo, di un territorio sociale. L’identità è la radice di forza dell’essere. Purtroppo oggi molte chiacchiere vuote riempiono la stampa e la tv. I nostri sensi sono bombardati di contenuti privi di valore, paurosi, aggressivi. Solo una posizione interiore di “guardiano” può permetterci di distinguere parole d’oro da narrazioni menzognere. Raccontare la storia di un’azienda, di un prodotto, li rende più vicini a noi, più umani. Se la storia è vera, arriva alla pancia delle persone, emoziona, avvince e convince. Ma se la storia è falsa - basti pensare al caso della Enron di alcuni anni fa -, può causare molti danni ai clienti e pure a chi in buona fede opera in un’impresa. In tempi di crisi, si cerca ogni strumento per avanzare e lo storytelling diventa un importante strumento di marketing: attenzione a distinguere sempre l’intenzione di fondo, se malevola o benigna.

 

Lei scrive “la fiaba in azienda è un luogo dello spirito”: in che modo può aiutare il cambiamento?

Portare le proprie virtù a esprimersi durante la giornata di lavoro, invece che barcamenarsi impauriti tra mille sollecitazioni di diversa origine, diventa la manifestazione della funzione regale innata, depositata in noi dalla vita. Senza bisogno di scomodare la psicanalisi, perché le fiabe sono intelleggibili anche dai bambini, anche dai piccoli con disabilità. Noi umani siamo fatti di spirito, ovvero di soffio vitale: le nostre qualità sostanziali sono vibranti e potenti, sono la nostra maggiore forza, ma non si possono comprare da nessuna parte. Un litro di coraggio, un blister di speranza, un chilo di onestà, dove li trovo? Se al lavoro ci andiamo armati di qualità, ecco che l’azienda diventa un luogo dello spirito. Dove esprimere il meglio per amore della vita, non solo per primeggiare o vantarsi. Un po’ come la differenza tra avere un’idea della realizzazione di sé e averne una esatta percezione dentro tutto l’essere che siamo. Lo spirito essendo incarnato, non può prescindere dalla dimensione fisica e corporea: è una sensazione intensa e vera.

 

Nel suo libro racconta delle situazioni in cui le fiabe sono state utilizzate con successo: ci fa un esempio?

A proposito di serendipità, ovvero di come trovare qualcosa di più grande cercando tutt’altro, ecco una storia significativa. Un corso di formazione pionieristico sul Pensiero Creativo, che ho proposto a un’associazione di categoria, non parte a causa dell’esiguo numero di iscritti. Ma un’impresa che non è riuscita a prendervi parte per mancanza di tempo, mi contatta. Incontro un pomeriggio la titolare con il socio di maggioranza, e subito facciamo insieme delle pratiche respiratorie per abbassare il livello di stress. La situazione è critica, la necessità di una soluzione è vitale. Identifichiamo la radice del problema che li ha portati da me. Racconto una fiaba per donare speranza e fiducia alla loro mente stanca e confusa, da tempo bloccata su una questione legata alla crescita fisiologica dell’azienda. Questa coppia rappresenta una realtà industriale innovativa del nord est, altamente qualificata a livello nazionale. La creatività del nostro metodo ha incontrato il genio del loro spirito imprenditoriale, ha stravolto schemi di comportamento limitanti, ha prodotto subito risultati concreti, ha lasciato loro strumenti semplici da replicare nel quotidiano lavorativo. Da due anni lavoriamo insieme a cadenza regolare, e anch’io cresco con loro.

 

Quali sono le modalità dell’applicazione pratica delle fiabe in aula o nel coaching? Quali i risultati?

La quarta e ultima sezione del libro è intitolata “Per saperne di più nel concreto”. Qui spiego “come predisporre, organizzare, svolgere e concludere un intervento formativo con le fiabe tradizionali. Un intervento di aula richiede almeno due ore e mezza con un gruppo dalle venti alle cinquanta persone. Nel coaching one-to-one sono sufficienti al massimo novanta minuti. Se si hanno di fronte cento/cinquecento persone, possono bastarne anche quaranta di minuti, ma bisogna prepararsi con molta cura.” Più avanti ecco cosa significa predisporsi all’intervento da cantastorie. “Prepararsi con cura, studiare molto e predisporre un canovaccio, un filo conduttore, che potrà essere trasformato dall’emergere dei contenuti dei singoli partecipanti in aula o nell’incontro individuale. Presentarsi con allegria. Creare il clima. Essere umili e spontanei. Respirare insieme semplicemente come sappiamo. Solo però se sei abituato a farlo per te stesso, caro “lettore perfetto”, e sai padroneggiare il fluire delle tue emozioni, altrimenti non improvvisare mai il respiro. Immaginare e far immaginare di raccogliersi dentro, nel cuore, di andare a sognare. Leggere o raccontare a memoria la fiaba con la schiena dritta, con la voce vibrante, con presenza, con ritmo, con amore. Ricordarsi di leggere in bianco, in forma neutra, perché il personaggio principale non siamo noi: è la fiaba.”

 

Una nota: definisco “perfetto” il lettore - parafrasando Primo Levi ne L’altrui mestiere -, per sottolineare e ricordare il fatto che siamo fatti perfetti. Arriviamo sulla Terra con una valigetta di perfezioni tutte d’oro. E poi ce ne dimentichiamo. Fino a quando non siamo in fondo al pozzo, nel tunnel, in gabbia. Allora lì in quel frangente disperato, ci ricordiamo di aprirla e ne estraiamo ogni sorta di meraviglie: coraggio, pazienza, fede, felicità, unione con le forze della vita. E rinasciamo dalle nostre stesse ceneri. Ecco, è importante ricordaci più spesso durante le giornate al lavoro, che siamo fatti perfetti. Prendere delle “pause coscienti”, come dice il mio insegnante Jean-Pascal Debailleul, per ricordarci chi siamo veramente. A che stirpe nobile apparteniamo. Questo è il risultato.

 

Da bambini ci aiutano a costruire il nostro immaginario, da adulti le fiabe si lasciano un po’ da parte: qual è invece il loro ruolo nel nostro percorso di crescita personale?

Vi rispondo con un brano tratto dal libro. “La fiaba è una forma di meditazione in action, poiché favorisce l’unificazione dell’individuo durante l’ascolto del racconto, che è vissuto contemporaneamente da un punto di vista cinestesico, emotivo, immaginativo e valoriale. Tutti i suoi personaggi sono parti di noi, essa è lo specchio della nostra storia e pertanto ne veniamo risvegliati anche a livello sensoriale. Vista, udito, olfatto, tatto, gusto e i loro corrispondenti sul piano sottile - la capacità di visione, la capacità di scelta in base alle armoniche superiori, il fiuto intuitivo, la sensibilità nel trasmettere, il piacere di condividere e di ispirare - sono vivificati dalla respirazione e dal successivo ascolto della fiaba, fino a raggiungere una condizione ottimale di benessere naturale.” La creatività ne risulta amplificata, ovvero la capacità di rispondere in modo equilibrato e nuovo alle sollecitazioni del mondo esterno. Tale capacità di risposta, secondo gli psicologi è definita “benessere”. Il benessere non è dato dall’ammontare di risparmi che ci può consentire una vita agiata, ma piuttosto dall’abilità di rispondere in modo creativo e retto alle continue sollecitazioni della vita. Anche quando sono forti, come in questi tempi che son cupi.

 

Le fiabe danno speranza, aiutano a riconoscere la luce in fondo al tunnel. Aprono il respiro alla libertà di espressione della parte più alta del nostro essere. Ci ricordano che siamo una stirpe nobile, noi umani. Per questo sono storie di re e regine: non tanto per il fatto che provengono da un periodo storico in cui esisteva la monarchia! Ci aiutano a crescere “dentro”, quando ormai abbiamo smesso di crescere nella fisiologia. A crescere in Bellezza, per amore, e solo per amore. Infatti nel libro non troverete mai coniugato il verbo “dovere”. Perché le soluzioni impossibili si trovano solo con amore per la vita. E le fiabe raccontano da sempre la verità su questa storia infinita, tra la vita e noi.

 

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