"Psicologia, donne e web", l'esperienza pilota all'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano

Un percorso psicoterapeutico online rivolto alle pazienti oncologiche sfiderà le misure restrittive anti-Covid per "avvicinare" le donne che stanno affrontando la malattia. Ne parla Claudia Borreani, direttrice del dipartimento di Psiconcologia dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

Psiconcologia online

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Durante il lockdown, molti ospedali hanno dovuto riqualificare alcuni reparti per far fronte all'emergenza Covid. Questo ha significato in ambito oncologico un rallentamento nella diagnostica legata alla prevenzione. Tuttavia, grazie al web, alcuni ospedali specializzati sono riusciti a seguire i propri pazienti fornendo un prezioso supporto dal punto di vista specialistico della patologia e psicologico.

 

Il progetto "Psicologia, donne e web" ideato dall'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano si propone come una risposta e al contempo uno stimolo alla delicata situazione che stiamo vivendo. 

Se da un lato le misure per contrastare la diffusione da covid hanno fatto emergere difficoltà e paure nella gestione della malattia, dall'altro sono state occasione per ripensare a una nuova forma di supporto efficace e sicura. Ne parliamo con Claudia Borreani, coordinatrice del dipartimento di Psiconcologia dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

 

Claudia Borreani

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In cosa consiste il progetto "Psicologia, donne e web"?

Il progetto nasce da un evento e da un'esigenza. Abbiamo condotto una ricerca tra le donne che sono state operate per tumore mammario in una fase metastatica. Questo studio aveva l'obiettivo di individuare quali erano i bisogni delle donne che vivono una fase più avanzata della malattia, le quali segnalavano il bisogno di avere informazioni, contatti, accessi, aiuti a livello psicologico. Dall'altra parte queste stesse donne hanno espresso quali ostacoli incontravano nell'accedere all'ospedale: chi perché doveva continuare a organizzare la propria vita lavorativa o famigliare con le esigenze sanitarie, ma anche per altre personali situazioni di difficoltà.

 

Poi c'è stato il Covid, che ci ha permesso di fare un'esperienza che abbiamo valutato positivamente e abbiamo pensato potesse essere una occasione per raggiungere quei bisogni e quelle persone che finora non eravamo riusciti a contattare. 

 

In questo impegno siamo stati aiutati dall'associazione Go5 per mano con le donne che ha sostenuto questa idea e abbiamo ideato questo programma, che prevede una serie di incontri informativi, ma anche attività volte a stimolare il benessere e la gestione dello stress, che verrà condotto quasi interamente via web, tranne il primo incontro, dove ci vedremo tutti di persona. Prevediamo circa 8 incontri. Questa è un'esperienza pilota. Vorremmo valutare che benefici avranno le donne da questa esperienza. 

 

Saranno incontri online individuali o collettivi?

Collettivi, probabilmente su Zoom. E in alcuni incontri ci sarà uno specialista che darà informazioni di sua competenza, per esempio, il nutrizionista darà delle indicazioni su come migliorare l'alimentazione in generale o in una fase della malattia più specifica e, infine, la disponibilità a rispondere alle domande delle pazienti. E poi un'impostazione più psicologica dove verranno insegnate tecniche di rilassamento o di meditazione, che abbiamo già sperimentato attraverso web essere di buon livello. 

 

E, quindi, ci saranno interazioni sia tra le donne che con i professionisti. Il gruppo di donne sarà sempre lo stesso, cioè non sono previsti ingressi in corso. Non è un gruppo aperto, non è come un ciclo di conferenze, ma un percorso per il benessere, dove cerchiamo di dare informazioni per aiutare le donne a migliorare il loro benessere, in una situazione in cui si trovano alle prese con una gestione importante della propria salute.

 

La finalità del progetto è anche quella di costruire un gruppo di persone che si conoscono e si possono anche dare indicazioni l'una con l'altra sulle strategie che hanno utilizzato per guarire dalla malattia.

 

Si possono assimilare ai “Mercoledì della prevenzione” che svolgeva l'Istituto fino a pochi anni fa?

Sì. per quanto riguarda la componente informativa, no, perché sarà molto più personalizzato: conosceremo le persone, sarà più centrato sul gruppo e sui singoli.

 

È un'esperienza pilota, quindi avremo molto più da dire dopo. Anche in termini di accoglienza delle donne: non sappiamo ancora se lo accetteranno, se vorranno partecipare: sono tanti i quesiti cui dobbiamo rispondere. Il bello di questo esperimento è che pensiamo possa essere utile: mettiamo la tecnologia a servizio del benessere delle persone.
 

Nei mesi del lockdown si sono perdute 90mila diagnosi di tumore e in tanti hanno rinunciato a curare patologie gravi. Da dove deve ripartire la prevenzione?

Con la nostra utenza abbiamo un rapporto molto stretto: noi siamo rimasti in contatto con tutti i pazienti che avevamo. Con chi non sapeva utilizzare il web, ci sentivamo al telefono. Non è cambiato nulla nelle nostre relazioni con i pazienti, però la nostra è una struttura di Psicologia, quindi era certamente più facile.  

 

L'istituto in sé ha soltanto posticipato quelle che non erano urgenze. Tutti i reparti hanno funzionato normalmente, magari soltanto con qualche slittamento temporale. Il nostro non è stato convertito a ospedale Covid, come altre strutture che hanno dovuto chiudere i reparti di oncologia. 

 

Il progetto psicologia, donne e web è rivolto soltanto alle donne, perché?

Per ora è così, in questa fase vogliamo dare informazioni uniformi, come gli effetti collaterali di alcune terapie, il tipo di regime alimentare da adottare. 

 

In questo momento ci dedichiamo a questa popolazione perché l'abbiamo ben studiata. È importante che le donne si riconoscano per condizioni e situazioni comuni. Se questa edizione andrà bene e proseguirà la collaborazione con l'associazione, che ci sostiene, potremo pensare e programmare altre edizioni. 

 

Quando partirà?

Presumibilmente a gennaio 2021, dobbiamo reclutare le persone, che saranno 15, in questa prima fase. Essendo via web, il progetto partirà comunque evolverà la situazione generale dell'emergenza Covid.

 

Immunodepressi e anziani sono tra i soggetti più a rischio. Così i malati oncologici, ma anche coloro che hanno superato il tumore possono ricadere nello sconforto del “brutto male”. Il supporto psicologico è fondamentale?

Esatto, questo è il motivo per cui diamo a queste persone, che devono stare isolate, un aiuto qualificato. Per monitorarne la condizione psicologica

 

Altro aspetto importante del progetto è che, nel caso riscontrassimo la presenza di persone che hanno bisogno di un monitoraggio della condizione psicologica, potremmo attuare anche un trattamento individuale e approfondire l'accompagnamento in questo importante aspetto della salute delle pazienti. 

 

Il progetto coinvolge anche i caregiver?

In questa fase no, ma non escludo che potremo fare qualcosa di simile dedicato soltanto ai caregiver.

 

Cosa consiglia a chi evita i controlli per paura di sapersi ammalato?

Credo che sia importante che le persone siano informate perché la prevenzione deve essere una scelta informata nel bene e nel male. Per esempio, tutte le persone che fumano, sanno che la sigaretta non fa bene. Noi dobbiamo dare le informazioni, poi c'è la massima libertà di scelta, noi non possiamo obbligare a scegliere.

 

Il tumore, come il Covid, può mettere un velo nero sulla progettualità per il futuro del malato. Come reagire?

Sono situazioni non assimilabili: il Covid, per come lo abbiamo conosciuto, o non ci si accorge nemmeno di averlo, oppure si può morirne.   

 

I tumori, invece, hanno mediamente uno spettro temporale lungo, che dipende da quello che si sta facendo per curarlo. Bisogna avere molta fiducia perché questa non è più una malattia sconosciuta come un tempo: ci sono tante strategie per affrontarla, sia fisicamente, sia psicologicamente.  È importante pensare che si possa continuare a fare progetti. Sempre. 

 

Le pazienti oncologiche temono maggiormente il Covid?

No, mediamente quello che abbiamo osservato è che coloro che hanno già avuto un tumore, hanno già affrontato la paura. Quindi, riscontriamo più comunemente preoccupazioni per le loro cure.   

 

Il coronavirus non ha cambiato molto il modo di stare. Abbiamo registrato poca preoccupazione. Molti pazienzi rispetto a questa pandemia ci hanno detto di essersi già attrezzati a gestire situazioni di emergenza