Dipendenza da fumo: perché è così difficile smettere di fumare?

Il 31 Maggio è stata la giornata mondiale contro il fumo, istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per attirare l’attenzione sull’epidemia del tabagismo, le malattie che provoca, e le morti evitabili. Il fumo nel mondo uccide circa sei milioni di persone ogni anno, mentre in Italia si stima che le morti per colpa del tabacco siano ottantatremila. Ma perché è così difficile smettere? Perché il fumo crea una forte dipendenza fisica e soprattutto psicologica: vediamo insieme in che modo.

Dipendenza da fumo: perché è così difficile smettere di fumare?

“Questa è l’ultima, lo giuro”. Chi ha il maledetto vizio di fumare ha pronunciato queste parole decine di volte, sono in molti infatti quelli che provano a più riprese, senza riuscirci, e la maggioranza degli eterni smettitori tenta senza aiuti di nessun tipo. Ma abbandonare l’abitudine al tabacco non è cosa facile e le statistiche lo dimostrano. E nonostante le leggi antifumo, le campagne d’informazione e la consapevolezza del rischio di tumori, infarti e patologie varie non si riesce quasi mai a smettere. Il perché è presto detto: la nicotina, ossia il principio attivo delle sigarette, è un potentissimo modulatore dell’attività cerebrale, produce piacere, induce dipendenza, migliora la concentrazione e la memoria. Difficile rinunciare a tutto questo.

Il fatto che il fumo sia il principale responsabile del tumore ai polmoni si sa, inoltre si sa anche con certezza che contribuisce a provocare infarti ed ictus. Ma quali sono gli effetti della nicotina sul cervello? Gli effetti del fumo di sigaretta sui neuroni sono controversi: da un lato ci sono studi che indicano un effetto benefico su alcuni circuiti cerebrali al punto da migliorare l’attenzione, l’apprendimento e la concentrazione; dall’altro ci sono prove che la stessa molecola, a lungo termine, andrebbe a compromettere la memoria e le capacità di apprendimento. Secondo alcuni studi metterebbe fuori uso quella che gli esperti chiamano plasticità neuronale, ossia la capacità del cervello di adattarsi alle situazioni più diverse. Dunque sul breve periodo la stessa molecola sembrerebbe indurre un effetto neuroprotettivo, ma a lungo andare le cose andrebbero diversamente.


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La dipendenza farmacologica da nicotina

Quando dai polmoni passa nel sangue, e da qui al cervello, la nicotina entra in contatto con quasi tutti i circuiti cerebrali, soprattutto con quello della dopamina, il più coinvolto nella dipendenza biologica che si sviluppa. Quando l’assunzione di nicotina è ripetuta nel tempo, i livelli di dopamina si normalizzano a concentrazioni più elevate e si instaura una forma di tolleranza per cui diventa poi sempre più necessario assumere dosi maggiori allo scopo di ottenere le stesse sensazioni delle prime volte.

Ma anche gli effetti della nicotina sull’umore influiscono sui meccanismi della dipendenza: essa infatti può agire come ansiolitico e come antidepressivo, ma il suo uso prolungato nel tempo induce un adattamento funzionale e morfologico che produce poi ovviamente ansia e depressione quando viene sospesa l’assunzione.

 

 

La dipendenza psicologica

Ma è soltanto una dipendenza farmacologica come quella che si instaura con altre sostanza da abuso, o c’è altro? In effetti c’è una componente psicologica importante che non va sottovalutata. Fumare dà piacere, una soddisfazione in grado di creare un legame di dipendenza. Inoltre conta molto l’elemento si socializzazione: se il proprio gruppo di pari è composto da fumatori c’è un grosso stimolo ad accendersi la sigaretta. Una dipendenza psicologico-gestuale che, quando si smette, sembra durare addirittura più di quella legata alla nicotina.

Quando si spegne la fatidica ultima sigaretta inoltre, subentrano altri meccanismi come l’impossibilità di compensare le frustrazioni: la maggior parte delle persone che riesce a smettere riprende in momenti di particolare stress o frustrazione. Questo perché accade spesso che si decide di smettere a fronte di motivazioni negative, per esempio dopo un infarto oppure in seguito alla morte di un amico per tumore ai polmoni, ma l’elemento negativo se non è elaborato non basta. E per quanto possa essere forte il desiderio di smettere si tratta sempre di una rinuncia, perciò anche se si aggiunge un fattore positivo, come può essere la nascita di un figlio che spesso porta ad abbandonare il vizio, è molto facile ricaderci nei momenti difficili.

Gli aiuti esterni per la maggior parte delle persone sono fondamentali, e comprendono spesso terapie farmacologiche sostitutivesupporto psicologico.