I creativi culturali: intervista a Enrico Cheli

Chi sono i creativi culturali? Sono persone preoccupate per lo stato dell’ambiente, la pace nel mondo, il mutamento climatico, l’ingiustizia sociale ed economica. Ma quante sono in Italia e nel mondo? Una minoranza o una parte rilevante della popolazione? Lo abbiamo chiesto a Enrico Cheli, psicologo psicoterapeuta, sociologo e docente universitario, autore del libro "I Creativi Culturali. Persone nuove per un mondo migliore"

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Enrico Cheli, psicologo psicoterapeuta, sociologo e docente universitario, è da tempo impegnato a coniugare scienza, etica e spiritualità e a promuovere una cultura della consapevolezza, della pace e dell'ambiente. È considerato uno dei maggiori esperti di cultura olistica emergente e di metodi per la crescita personale e spirituale. Pratica da decenni yoga, tantra, meditazione e vari altri metodi di consapevolezza. I Creativi Culturali. Persone nuove e nuove idee per un mondo migliore è il titolo del libro che Enrico Cheli ha scritto con Nitamo Montecucco ed Ervin Laszlo, un testo incentrato sulla prima ricerca europea sui creativi culturali, individui orientati verso un’economia più etica, un modello di sviluppo ecosostenibile, uno stile di vita più sano e naturale. Lo abbiamo intervistato per saperne di più.

 

L’attenzione per l’ambiente, la pace nel mondo, l’ingiustizia sociale ed economica: com’è cambiata la nostra società? Come nascono i creativi culturali?

I creativi culturali sono figli del nostro tempo, persone seriamente preoccupate per lo stato dell’ambiente, la pace nel mondo, il mutamento climatico, l’ingiustizia sociale ed economica e desiderose di un’economia più etica, un modello di sviluppo ecosostenibile, uno stile di vita più sano e naturale, una più elevata consapevolezza individuale e collettiva. Il termine “creativi culturali” – che vuol dire “creatori di una nuova cultura” - si deve al sociologo americano Paul Ray che a partire dalla metà degli anni ’80 ha svolto numerose ricerche sui nuovi valori e stili di vita degli americani, individuando questa nuova categoria di persone, che negli anni ’80 era di pochi punti percentuali, negli anni ’90 era cresciuta fino al 25% della popolazione adulta e nel 2008 ha raggiunto ben il 35%. La ricerca svolta in Italia e da me diretta ha riscontrato una percentuale identica, pari al 35% della popolazione adulta.

 

Qual è l’identikit dei creativi culturali? Come si differenziano i creativi culturali verdi dai creativi culturali interiori?

Pur essendo costituita da individui e gruppi sociali diversificati, questa avanguardia culturale condivide un sostanziale rifiuto della visione del mondo tipica della cultura dominante, e si aggrega attorno ad alcuni valori comuni quali: sensibilità ecologica; attenzione alla pace e alla qualità delle relazioni interpersonali; interesse verso la crescita personale e la pratica spirituale; disinteresse per l’esibizione della posizione sociale; parità di diritti tra maschi e femmine; coscienza sociale; fiducia e speranza nella possibilità di una evoluzione in meglio dell’individuo e della collettività. Inoltre, i creativi culturali hanno la tendenza a prendere le distanze dall’edonismo, dal materialismo, dal cinismo mentre danno molto peso ai valori della autenticità e della integrità. Per questa ragione, molti disdegnano la cultura del business, i media, il consumismo. Sono disincantati dall’idea di «avere più cose», mentre mettono una grande enfasi nell’avere «nuove e uniche esperienze» e rappresentano il mercato centrale per le terapie e medicine alternative, i cibi naturali, la psicoterapia, i corsi e seminari di crescita personale, le nuove forme di spiritualità. Inoltre prediligono il consumo critico e si orientano all’acquisto e fruizione di prodotti culturali più che materiali, producendo loro stessi cultura, nel senso che gradiscono più della media di essere coinvolti nelle arti come amatori o autori, di scrivere libri e articoli e di partecipare a incontri culturali e seminari. Prestano molta attenzione a se stessi e alla salute del proprio corpo e dedicano tempo e denaro alle pratiche volte al benessere.

 

Riguardo alla seconda parte della domanda, le ricerche svolte hanno in effetti riscontrato nei creativi culturali due distinte ma complementari componenti: una, che abbiamo chiamato creativi culturali verdi, più orientata sui movimenti, sull’azione politica, sulla sensibilizzazione collettiva; un’altra, che abbiamo definito creativi culturali interiori (core CC) che persegue obbiettivi simili ma con un diverso orientamento, più focalizzato sul livello individuale, cioè sul miglioramento di sé e del piccolo mondo intorno a sé, cambiando i propri comportamenti e stili di vita e poi influenzando quelli delle persone circostanti. Questa seconda componente si caratterizza per una più marcata sensibilità spirituale e un più forte impegno sul piano della crescita personale, mentre la prima è più coinvolta sul fronte dell’attivismo politico e socioculturale.

 

La ricerca sui creativi culturali nasce in America: ci sono punti di contatto tra la società americana e quella italiana?

Sebbene la situazione sociale, culturale e politica di questi due paesi non sia propriamente simile, abbiamo riscontrato nella indagine italiana spiccate analogie con quelle americane, segno che i creativi culturali rappresentano non un fenomeno locale ma un movimento globale. In primo luogo i valori presi in esame raccolgono, nei due Paesi, adesioni sostanzialmente equivalenti: in particolare, la fascia dei CC copre il 35% della popolazione sia negli USA sia in Italia. In entrambi i Paesi tra i CC prevalgono le donne sugli uomini (54% contro 46% negli USA, 57% contro 43% in Italia). Una certa diversità si riscontra invece riguardo al l’età: negli USA i CC sono più giovani della media, con un picco nella fascia di età 18-29, mentre in Italia il 55% di loro ha più di 40 anni e il picco (28.87%) si trova nella fascia 40-49 anni. Anche riguardo al livello di istruzione i dati sono simili: in entrambi i Paesi i CC sono più istruiti della media. Altro elemento in comune riguarda la coerenza tra valori e comportamenti, significativamente maggiore nei CC rispetto ai non CC.

 

Anche per quanto riguarda la politica i dati raccolti sono, nel complesso, simili: in entrambi i Paesi si assiste al declino delle categorie tradizionali di «sinistra», «destra» e «centro» e alla sempre maggiore incapacità della politica tradizionale di rispondere appropriatamente alle reali esigenze delle persone. Vi è però almeno un punto importante di diversità: mentre infatti i nuovi progressisti (e dunque i creativi culturali) sono già riusciti negli USA a influenzare concretamente il sistema politico portando alla vittoria un outsider come Barack Obama, in Italia non vi sono per il momento segnali di nessun tipo che facciano presagire qualcosa di analogo, fosse pure su scala minore. Ciò dipende da vari fattori, non ultimo il diverso funzionamento dei processi elettorali, che rende per ora assai difficile – se non impossibile – l’emergere di personaggi politici nuovi e indipendenti (anche solo in parte) dalle segreterie dei partiti e dai gruppi detentori del potere.

 

La ricerca italiana delinea un paradigma culturale emergente: in che modo ciò si scontra con i valori del paradigma dominante? Qual è il ruolo della visione olistica?

Olos in greco significa "intero", "tutto" e l'olismo è un modo globale e sistemico di vedere la realtà, che mette a fuoco i punti di incontro più che quelli di scontro, le somiglianze più che le differenze, le interconnessioni più che le separazioni. L’olismo cerca di correggere la deriva meccanicistica e riduzionistica che ha grandemente contribuito all’affermarsi di una scienza "senza anima" e di una tecnologia e di una economia “senza etica”, corresponsabili della devastazione degli ecosistemi, delle armi di distruzione di massa, dell’inquinamento delle acque, dei cibi, dell’aria, della dispersione delle scorie radioattive, dello sfruttamento selvaggio delle risorse naturali e di altri gravissimi problemi dell’epoca attuale. Non solo l’ambiente ma anche l'essere umano è stato frammentato e ridotto a macchina, con un crescente senso di separazione da se stesso, dagli altri e dalla natura, e con conseguenti gravi malesseri psichici, esistenziali, sociali e spirituali. Malesseri che non possono essere “curati” in modo frammentario, come la scienza e la cultura dominanti pretendono di fare, “affidando ai medici il corpo, agli psicologi la mente e alle religioni l’anima, come se si trattasse di entità separate e non di aspetti interconnessi di un unico sistema dotato di una unità di coscienza.

 

Occorre piuttosto un approccio olistico, che evidenzi le interrelazioni tra i diversi fattori causali in gioco e le ripercussioni sistemiche che date credenze e determinate azioni - individuali o collettive - possono avere sul singolo, sui popoli e sull’intero pianeta. È ad esempio olistica la visione secondo cui ciò che avviene nelle diverse zone del Pianeta – dalla deforestazione dell’Amazzonia allo scioglimento dei ghiacci polari, dalle guerre in Medio Oriente ai conflitti in Afghanistan - può avere rilevanti ripercussioni anche in altre zone e ambiti. Analogamente, è olistico il concetto di “qualità della vita” che ritiene il benessere non dipendente dal solo avere economico ma dall’equilibrata soddisfazione dei diversi bisogni umani – materiali ma anche sociali, affettivi, esistenziali, spirituali. Sono altresì olistiche molte medicine alternative e terapie psicosomatiche, secondo le quali la salute dipende anche dallo stato mentale, emozionale, esistenziale e coscienziale dell’individuo.

 

Nel XX secolo molti scienziati hanno iniziato a mettere in discussione gli assunti del meccanicismo e del materialismo scientifico e vi sono stati in molte branche della scienza importanti contributi in direzione di un paradigma olistico: dalla teoria dei sistemi alla psicologia della Gestalt, dalla cibernetica all’emergentismo in biologia, solo per citarne alcuni. Purtroppo questo modo di vedere le cose continua ad essere minoritario nella civiltà occidentale, dove la tendenza alla settorializzazione e frammentazione ancora predomina non solo nella scienza ma anche nelle altre sfere della vita sociale – dalla politica alle religioni, dall’educazione alle relazioni interpersonali. Né a scuola né nelle università si insegna a studiare la realtà in modo olistico, a ricercare non solo le differenze ma anche le somiglianze e i nessi esistenti tra i molteplici livelli e processi. Quasi nessuno insegna a prendersi cura dell’essere umano, della natura o della società nella loro totalità, né tantomeno ad educare gli esseri umani all’unità.

 

È dunque indispensabile una maggiore attenzione per gli aspetti di interconnessione sistemica: il nostro pianeta va visto come un unico grande sistema, dove ciò che avviene in una certa area geografica non è separato e isolato dal resto del pianeta ma può avere su di esso gravi ripercussioni. Parimenti, anche l'essere umano va visto come sistema interdipendente, in cui il corpo non è separato dalla mente, un organo non è isolato dagli altri e dal sistema globale, la coscienza e lo spirito si riflettono sulla realtà emozionale, mentale e anche materiale. Solo attraverso un tale processo si potrà imprimere una svolta all’attuale trend negativo, aprendo le porte ad un futuro più consapevole, armonico e sostenibile.

 

Dalla ricerca emerge un forte legame tra crescita personale e spiritualità: è possibile cambiare il mondo partendo da se stessi?

I creativi culturali rappresentano per molti versi una evoluzione della controcultura e della rivoluzione giovanile degli anni ’60 e ’70, e molti di loro ritengono che si possa cambiare il mondo partendo da se stessi: impegnarsi a sviluppare la propria consapevolezza e il proprio potenziale non è dunque solo un atto individuale ma anche un modo per contribuire al miglioramento del pianeta Terra. Alcuni perseguono questo obbiettivo seguendo metodi psicologici e sociologici altri hanno invece un orientamento più spirituale, sebbene non in senso tradizionale ma ritenendo piuttosto che la divinità vada ricercata dentro se stessi e che quanto più si tolgono i veli interiori e quanto più si sviluppa il proprio potenziale, tanto più ci si avvicina ad essa. Come ho meglio evidenziato nel libro Percorsi di consapevolezza (Xenia edizioni), si tratta di sfaccettature diverse di un unico grande fenomeno evolutivo che abbraccia l’intera civiltà occidentale e si sta diffondendo anche tra le classi medio-alte dei paesi del cosiddetto “secondo mondo”, dall’India alla Cina, dal Brasile all’Argentina.

 

Quali che siano le motivazioni che spingono verso la conoscenza interiore e la realizzazione di sé, è della massima importanza che ogni persona sappia che questo percorso è possibile e che esistono oggi metodi e tecniche largamente sperimentate che possono aiutare chi lo desideri a superare i propri limiti, a sciogliere le proprie paure, a riscoprire in sé la vitalità e la sensibilità naturali, a esprimere con spontaneità i propri sentimenti e a individuare la propria strada nella vita. In questi ultimi anni sono nati anche in Italia molti centri e associazioni che si occupano specificamente di questi temi, proponendo corsi, seminari, conferenze cha spaziano dalla psicologia allo yoga, dalla meditazione all’espressione artistica, dalle relazioni interpersonali allo zen. Segnalo tra queste la Fondazione Holiversity che ho l’onore di presiedere e che rappresenta una delle strutture di più alta qualificazione in questo campo.

 

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