I creativi culturali possono cambiare il mondo?

Creativi culturali: chi sono, in quali valori si riconoscono, qual è la visione di una minoranza che in Occidente cresce sempre di più

I creativi culturali possono cambiare il mondo?

Sono tempi non facili. Si arriva a sera e ti rendi conto che hai incamerato una quantità incredibile di stimoli e notizie, troppi per il nostro povero cervello. Internet ha contribuito molto. Ma in generale l’evoluzione dei media: stampa, tivù, giochi, videogiochi. E i nuovi supporti: computer palmari, notebook, consolle, canali satellitari.

A volte la sensazione è che qualcuno ci stia rubando il presente, obbligandoci a vivere in modo ossessivo e superficiale. Per questo quando rientri a casa, senti il bisogno del focolare, di rallentare tutto, di silenzio. Di contatto con le cose semplici, tornare ai fondamentali, fare un tuffo nel passato, lasciandoti riscaldare da un bel libro, un film, una telefonata.

Sempre più persone pensano queste cose. Alcuni sociologi li definiscono “creativi culturali”. Sono le stesse che si dichiarano seriamente preoccupate per lo stato dell’ambiente, la pace nel mondo, il mutamento climatico, l’ingiustizia sociale ed economica. Ma quante sono in Italia e nel mondo? Una minoranza o una parte rilevante della popolazione?

 

Un libro ci parla dei creativi culturali

Di questo e altro ci parla un libro – scritto da Enrico Cheli, Nitamo Montecucco ed Ervin Laszlo – dal titolo “I Creativi Culturali. Persone nuove e nuove idee per un mondo migliore”, edito da Xenia. Già dall’introduzione i temi sono chiari e diretti: “Quanti e chi sono gli individui orientati verso un’economia più etica, un modello di sviluppo ecosostenibile, uno stile di vita più sano e naturale?”

E ancora: “Quanti condividono e applicano i valori della pace, dei diritti umani, della qualità della vita, delle relazioni consapevoli e costruttive, della crescita personale e spirituale?” Domande interessanti intorno a una serie di concetti emersi da alcune ricerche sociologiche sulla cultura emergente svolte in vari Paesi occidentali, tra cui Usa, Italia, Francia e Giappone.

 

Quanti sono i creativi culturali?

I dati parlano chiaro. Secondo gli autori del saggio, le persone che si riconoscono in questi nuovi valori sono ormai moltissime: da un’indagine svolta negli Stati Uniti nel 2008, questa fascia di popolazione è arrivata a circa il 35%, ovvero 80 milioni di persone.

In realtà gli individui che si riconoscono in questi nuovi valori sono molti di più, ma è circa un terzo del totale che mostra una coerenza e un impegno particolarmente elevati, meritando l’appellativo di “creativi culturali”, ovvero “creatori attivi di una nuova cultura”.

Cheli e Laszlo nel 2002 decisero di realizzare anche in Italia e in altri Paesi europei ricerche sociologiche sui creativi culturali analoghe a quelle svolte negli Usa, per verificare in che misura e con quali differenze questi soggetti fossero presenti anche nel vecchio continente.

Questi dati, pubblicati nel libro sopra citato, confermano ampiamente quanto emerso sul piano quantitativo e qualitativo dagli studi svolti in America, mostrando che il fenomeno dei creativi culturali non è circoscritto alla realtà statunitense, ma caratterizza l’intera civiltà occidentale e persino nazioni dell’estremo Oriente, come ad esempio il Giappone.

 

La critica dei modelli culturali

Il testo non risparmia osservazioni di carattere generale. È infatti evidente a un numero sempre maggiore di persone – e anche di scienziati – che i dissesti ambientali e i problemi socioeconomici della nostra epoca dipendono in larga misura proprio dal modello culturale sinora dominante in Occidente, i cui assunti non possono che condurre l’umanità verso situazioni sempre più conflittuali e violente. E il pianeta Terra verso uno stato climatico ed ecologico non sostenibile per la vita.

La sintesi è questa. Per cercare di cambiare rotta in tempo – ed evitare quello che gli esperti definiscono il “punto del caos” – occorre mettere in discussione alcuni valori, convinzioni e stili di vita, individuali e collettivi, che favoriscano un rapporto con se stessi, con gli altri e con il pianeta più armonico, costruttivo e sostenibile.

 

I creativi culturali interiori

Insieme ai creativi culturali “verdi” – più coinvolti sul fronte dell’attivismo politico e socioculturale – esiste la componente dei “creativi culturali interiori”, che persegue obiettivi simili ma con un diverso orientamento. Più focalizzati sul livello individuale, cioè sul miglioramento di sé e del piccolo mondo intorno a sé, costoro lavorano per cambiare i propri comportamenti e stili di vita, così da influenzare quelli delle persone circostanti. Di fatto, più sensibilità spirituale e impegno sul piano della crescita personale.

I valori e le visioni del mondo che i creativi culturali propongono come alternativi a quelli dominanti – dall'ecosostenibilità all’economia etica e solidale, dalla pace alle relazioni consapevoli e costruttive, dalle medicine e terapie alternative ai metodi per la crescita personale – pur se diversi tra loro, hanno in comune un’impronta e una “vocazione” che gli autori definiscono olistica.

L’evoluzione culturale in atto non è ancora riuscita a influenzare la società in misura sufficiente da produrre un’inversione di rotta. Secondo alcuni, il cambiamento avrà luogo solo quando si raggiungerà una massa critica di persone sensibili e impegnate in tale direzione.