100 parole per la mente: intervista a Giulia Cogoli

Intervista a Gulia Cogoli, curatrice del libro "100 parole per la mente", una raccolta di brevissimi saggi di alcuni dei relatori del Festival della Mente di Sarzana invitati a raccontarsi attraverso una parola chiave legata al proprio successo creativo.

100 parole per la mente: intervista a Giulia Cogoli

Giulia Cogoli è ideatrice e promotrice del Festival della Mente, un appuntamento culturale che si svolge ogni anno a Sarzana e che ha raggiunto nel 2013 la sua decima edizione. Il libro 100 parole per la mente, di cui è curatrice, raccoglie 100 brevissimi saggi redatti da alcuni dei relatori del Festival: scrittori, musicisti, attori, registi, scienziati, psicologi, storici, architetti che raccontano attraverso una parola chiave la loro idea di creatività.

 

Laura Nencioni, la vincitrice della selezione come centesimo autore del libro, definisce un’idea come “…un dipinto sulla punta di un pennello, un romanzo in un foglio bianco”. Come è nato il progetto di questo libro? Qual è stata l’idea di partenza di questa sorta di coro a più voci?

Desideravo festeggiare la decima edizione del Festival della Mente con un libro speciale che raccogliesse i contributi di 99 grandi pensatori dai diversi interessi e campi di studio, che con i loro interventi hanno realizzato la storia del festival. Ho voluto inserire anche la definizione di Laura Nencioni, la studentessa selezionata tra i volontari, il centesimo autore appunto. Con ciascuno ho pensato a una parola che fosse legata al loro lavoro e ai processi creativi che ne sono alla base, chiedendo di darne una definizione il più possibile personale e diretta. Il risultato è questo volume polifonico che ha come filo conduttore la creatività in tutte le sue forme.

 

Il libro vuole essere una risposta insatura su che cosa sia la creatività e su come muova l’individuazione e la realizzazione personale e professionale di ognuno. Per lei cos’è la creatività e che posto occupa nella sua vita professionale? Se dovesse scegliere una centounesima parola chiave per definire la sua personale visione della creatività, quale sceglierebbe e perché?

La centounesima parola chiave che definisce la mia visione della creatività è “curiosità”: la curiosità per ciò che non siamo, per ciò che non conosciamo, per l’altro, dovrebbe essere un motore sempre pronto ad accendersi. Ed è la curiosità che, quando mi fu chiesto di pensare a un evento culturale, ha spinto me, che non sono una creativa, a scegliere il tema della creatività. Il Festival della Mente ci fa immaginare un mondo possibile: un luogo dove regna la civile conversazione, una piazza dove i saperi più disparati si incontrano, e infine un luogo dove anche i non creativi come me si sentono partecipi e complici del potere delle idee.

 

Il libro, ponendosi come una raccolta di brevissimi saggi indipendenti, si presta ad essere letto in modo “creativo” consentendo al lettore di procedere a salti secondo le parole chiave e le sollecitazioni che più lo attraggono, come se, invece di presentare una storia o un discorso già configurato, si prestasse a far sì che ognuno, nel consultarlo, possa seguire un proprio percorso e costruire quella storia che, come ci ricorda Alessandro Barbero, in greco significa “ricerca”. C’è un consiglio che sentirebbe di rivolgere al lettore?

Questo libro vuole essere uno stimolo per chi cerca una definizione della propria idea di creatività. Leggendo una pagina qualsiasi, procedendo in avanti o a ritroso, abbandonandosi all’estro del momento, ognuno può crearsi il proprio percorso. È questo che mi sento di consigliare al lettore: di seguire il proprio cammino in modo personale, di leggere le parole degli autori ma per poi farle proprie, rifletterci e plasmarle, e per arrivare così a creare un’originale, individuale e unica definizione di creatività.

 

Nel libro compaiono parole chiave come “futuro”, “desiderio”, “bellezza”, “sogno” o “immaginazione”; in un momento di crisi sistemica come quello attuale, sembra invece che solo i fallimenti, i suicidi e i drammi sociali facciano notizia alimentando sfiducia, impotenza e mancanza di prospettive per il futuro. In che modo, a suo avviso, questo libro e il festival da cui prende spunto possono rappresentare una “sfida creativa” a tutto questo? Consiglierebbe questo libro alle giovani e precarie generazioni di oggi?

Assolutamente sì. Come ha detto Gustavo Pietropolli Charmet, che ha contribuito a questo libro con la definizione di “futuro”, il giovane è “per forza di cose alle prese con la necessità di produrre una cultura personale che gli garantisca di pensare i propri pensieri e di non essere dominato o influenzato dall’ansia della madre o dalle aspettative del padre”. I giovani “spingono la propria ricerca di autenticità fino alle soglie della creatività e percorrono di slancio la strada dell’espressione artistica”. Nei giorni del Festival della Mente i ragazzi hanno l’opportunità di sfruttare la cultura per diventare creativi, e trovare così una propria espressione. E non si lasciano sfuggire questa occasione, ma ascoltano rapiti coloro che la cultura la producono, e che indirizzano il messaggio proprio a loro. Questo libro, come il Festival della Mente, è un’opportunità per i giovani di trovare un proprio percorso originale ed esprimere la propria autenticità.

 

Se dovesse immaginare di scegliere dei pittori per tradurre in immagini queste o altre “parole per la mente”, quali sceglierebbe e perché?

Sceglierei gli artisti del Surrealismo, che con la loro carica innovativa hanno lasciato un segno profondo continuando a ispirare e influenzare le generazioni attuali. Duchamp, Dalí, Ernst... hanno saputo trovare la propria personalissima espressione di creatività, liberandosi dalle convenzioni e percorrendo una strada innovativa e dirompente.

Spero che il volume possa essere di stimolo ai lettori in questa ricerca del proprio percorso, così come penso lo sia stato per gli autori di queste cento definizioni personali, originali, creative.

 

I contributi portati nel libro provengono da Autori appartenenti ad ambiti disciplinari diversi: scrittori, musicisti, attori, registi, scienziati, psicologi, storici, architetti che hanno partecipato come relatori al Festival della Mente che quest’anno ha visto la sua decima edizione. Comun denominatore: la creatività. Scrive Roberto Casati, “non si hanno intuizioni partendo dal nulla”, la creatività sembra alimentarsi proprio grazie allo studio e all’impegno intellettuale piuttosto che essere quella dote innata e un po’ geniale che comunemente si crede. Lei che ne pensa?

Non è ancora chiaro, sino a oggi, come nasca un'idea, e se la creatività sia un qualcosa di innato, un talento, o se sia invece frutto di un lungo lavoro di preparazione e allenamento del nostro cervello. “Il momento della produzione dell’idea è probabilmente brevissimo: un fiat, un istante, un soffio” dice Edoardo Boncinelli in “Come nascono le idee”. E rispondo citando proprio da questo libro della serie i Libri del Festival della Mente edita da Laterza. Sebbene non sia possibile programmare la creatività, si può preparare il terreno “per la miglior riuscita del «seme» dell’evento creativo. Ampliare e approfondire al massimo le conoscenze nel campo in cui si vuole esprimere la propria creatività diventa quindi una strategia che, se non assicura il risultato, pure lo rende assai più probabile. La sola conoscenza non è però sufficiente per la realizzazione del potenziale creativo. È necessaria anche la pratica, e la continua messa alla prova delle proprie capacità”. Concludendo: “È possibile che molte capacità cognitive essenziali per l’espressione dell’intelligenza contribuiscano anche alla riuscita in campo creativo, però una pronta intelligenza non è sufficiente per il successo in campo creativo”.

 

Scopri come si coniugnano creatività e innovazione