Lavoro: il confine fra dedizione e dipendenza compulsiva

Qual è confine fra dedizione al lavoro e dipendenza compulsiva? Dedicarsi al proprio lavoro “anima e corpo” è segno di una grande passione o una forma di dipendenza malsana? La differenza c’è e non è così inessenziale.

Lavoro: il confine fra dedizione e dipendenza compulsiva

“Fai quello che ti piace e non lavorerai un solo giorno della tua vita” diceva Confucio …. Quanto c’è di vero in questa nota citazione? Può accadere che il lavoro occupi una parte sostanziale della vita di una persona e anche dei suoi pensieri… stare sempre “sul pezzo” è una forma di new addiction, di una dipendenza del terzo millennio o segno di una passione che dura una vita?

 

Dedizione o dipendenza dal lavoro?

Se pensiamo ai lavoratori dell’era post moderna sempre presi in mille cose con zero tempo per sé stessi ci viene il sospetto che quello della dipendenza dal lavoro sia un male tutto della nostra epoca.

Eppure ci sono noti esempi del passato di persone più che “dedite” alla loro causa che hanno speso la propria intera vita all’unica attività che era in grado di farli sentire vivi e realizzati nel mondo.

Pensate ad esempio a Michelangelo che sezionava i cadaveri, rischiando molto per la propria stessa incolumità, pur di ricavare le conoscenze anatomiche che gli erano necessarie per la realizzazione delle proprie sculture…

Oppure a uomini come Alan Turing o Albert Einstein che sacrificarono qualcosa più della ordinaria loro vita privata per mettere la propria esistenza al servizio di un lavoro che era diventato il loro ideale e che li rese di fatto degli esponenti geniali nel loro ambito.

Fra un genio la cui fama è consegnata alla storia e un affannato uomo d’affari con la 24 ore sempre in mano c’è una gran differenza direte voi…

Eppure la discriminante non sta in quello che si fa ma in come ci si dedica a quell’area, innegabilmente importante della nostra vita, che definiamo lavoro… Cosa distingue una dipendenza compulsiva da una genuina passione per ciò che si fa?

 

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Dipendenza e scelta autonoma

Qualsiasi forma del comportamento umano può diventare una forma di dipendenza quando, per così dire, finiscono per invertirsi i mezzi con i fini… Mai come in questo contesto, la domanda “si vive per lavorare o si lavora per vivere?” risulta calzante!

Eh sì perché in realtà chi finisce preda di una forma di dipendenza dal lavoro risulta, paradossalmente, tutt’altro che appassionato e gratificato da quello che fa.

Può sembrare controintuitivo ma la storia non è poi così diversa da quella di coloro che vivono, ad esempio, una sorta di dipendenza dal cibo.

In questi casi la fame compulsiva rende la persona del tutto incapace di gustare realmente ciò che mangia: ci si abbuffa per riempire un vuoto, per sedare emozioni confuse o disturbanti, per noia, per rabbia.. mai per una fame reale, fisica. Il sapore del cibo è avvertito distrattamente, con superficialità, non c’è il tempo per gustarlo. Si mangia con voracità, è il senso di riempimento ad essere più importante.

La dipendenza dal lavoro può funzionare allo stesso modo: non ci si ferma mai, non si “stacca” mai mentalmente da quello che si deve fare,  

l’imperativo è essere sempre in movimento, non avere, anche qui, spazi o tempi “vuoti”. La passione deriva da una scelta autonoma, frutto di un forte motivazione, la dipendenza da una coercizione comportamentale vissuta come eteronoma: non si può fare diversamente!

 

Lavoro, dedizione e creatività

Il lavoro, qualunque esso sia, può essere una forma di gratificazione e soddisfazione per l’essere umano. Freud, in modo forse apparentemente riduttivo rispetto alle moderne e sofisticate teorie attuali, disse quella che rimane comunque una grande verità.

L’uomo sano è colui che è in grado di amare e lavorare. Nella misura in cui si è in grado di investire e sentirsi gratificati da entrambi questi ambiti della propria vita, si può essere in grado di sperimentare una sostanziale condizione di benessere.

La passione per un lavoro, come per una persona, è un motore creativo e “nutritivo”, in grado di migliorare il proprio funzionamento anche in altre aree della vita.

La dipendenza dal lavoro, al contrario, finisce per perdere di vista l’obiettivo, saturando la mente della persona, sottraendo energie creative e sostituendosi ai rapporti umani invece di arricchirli.

Non bisognerebbe mai perdere di vista gli obiettivi, le priorità, spesso ciò che è più importante per la nostra vita non corrisponde alle mille grandi e piccole “urgenze” dietro cui corriamo ogni giorno.

Lo insegnano alcune tecniche di Time Management, ma se intanto volete un’idea più convincente guardate questo video: I valori della vita, quali sono i tuoi?

 

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