Cosa vuol dire "avere un'alimentazione più sana"?

Tante volte la resistenza è solo mancanza di chiarezza. Watzlawick ci insegna che "il significato di ogni comunicazione è nella risposta che si ottiene" e spetta a noi assumercene la responsabilità. Siamo noi a dover parlare in modo chiaro ed efficace per produrre il cambiamento che desideriamo

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Avete mai detto a vostro figlio che da lui vi aspettare una pagella migliore? O a un vostro collaboratore che vorreste da lui un atteggiamento diverso? E vi è mai successo di non aver ottenuto i risultati desiderati? Probabilmente avete pensato che a vostro figlio non interessi avere una “pagella migliore” o che il vostro collega non sia disposto a cambiare il suo atteggiamento, ma forse non è così: tante volte quella che ci sembra resistenza è una mancanza di chiarezza.

 

Ed è quello che ho pensato oggi guardando lo spot tv per la campagna di comunicazione della giornata mondiale del diabete 2011, in cui un’equipe medica sarà presente in numerose piazze italiane per misurar la glicemia dei cittadini. Ho riflettuto su come, anche quando abbiamo le migliori intenzioni, le nostre comunicazioni siano destinate a produrre risultati mediocri per la loro totale mancanza di chiarezza. Nello spot cui mi riferisco, il testimonial, Antonio Rossi, campione olimpico di canottaggio, incita le persone a “seguire ogni giorno una sana alimentazione e una corretta attività fisica” per “battere sul tempo il diabete”. E, ahimè, questi messaggi sono tutt’altro che chiari. Da dove iniziare? Quali cibi occorre smettere di mangiare (o iniziare a mangiare)?

 

Le persone devono modificare le abitudini alimentare a colazione, a pranzo, o a cena? A casa o al ristorante? Il numero di modi in cui si può “seguire una sana alimentazione” è infinito. Lo stesso dicasi per “una corretta attività fisica”: iniziare a fare le scale piuttosto che prendere l’ascensore? Iscriversi in palestra? Passeggiare per venti minuti due volte a settimana? Via libera alle più svariate interpretazioni di cosa si intenda per “una corretta attività fisica”. Questo è esattamente il genere di situazione in cui iniziamo ad analizzare dati, studi, teorie, scuole di pensiero sull’efficacia di una dieta piuttosto che un’altra, su quale attività fisica sia preferibile svolgere e ci arrovelliamo senza mai procedere in avanti. Si tratta di quella definita come paralisi dell’analisitante più opzioni e alternative abbiamo a nostra disposizione, tanto più ci risulta complicato effettuare la nostra scelta e finiamo per temporeggiare ad oltranza fino a quando ci viene mostrata la direzione giusta.

 

La soluzione per evitare questo tipo di impasse è fornire indicazioni chiare e specifiche. Ed è quello che, spinti dal medesimo intento di promuovere una dieta più sana, fecero Steve Booth-Butterfield e Bill Roger, due ricercatori americani docenti all’università del West-Virginia. I due sapevano che è più facile cambiare quando il nuovo comportamento che ci si attende da noi è espresso chiaramente. E con questo intento iniziarono il loro lavoro analizzando la dieta americana. Risultò che il latte era la principale fonte di grassi saturi nella dieta dell’americano medio e i calcoli evidenziarono qualcosa di sorprendente: se gli americani fossero passati dal latte intero a quello scremato o a quello con l’1% di grassi, la dieta media avrebbe immediatamente raggiunto i livelli di grassi saturi raccomandati dal loro Dipartimento dell’Agricoltura.Per convincere gli americano a bere il latte scremato era, quindi, necessario cambiare le loro abitudini di acquisto.

 

Il focus era chiaro: quale comportamento vogliamo cambiare? Vogliamo che i consumatori acquistino il latte scremato o quello all’1%. Quando? Quando fanno la spesa. Dove? Al supermercato. Che cos’altro deve cambiare? Nulla (per il momento). Reger e Booth-Butterfiel lanciarono una campagna in due centri abitati della West Virginia, attraverso inserzioni e spot sui media locali per due settimane. E, a differenza dei messaggi blandi che compongono la maggioranza delle campagne sulla salute pubblica (come quello in cui Antonio Rossi promuove la giornata mondiale per il diabete), la campagna sul latte all’1% era incisiva e specifica. Uno degli spot insisteva sul fatto che un solo bicchiere di latte intero contiene altrettanti grassi saturi di cinque fette di pancetta! E, per suscitare il disgusto dei giornalisti locali, a una conferenza stampa, i ricercatori mostrarono un barattolo pieno di grasso: l’equivalente della quantità contenuta in mezzo gallone (circa due litri) di latte intero. I due monitorarono le vendite del latte negli otto negozi situati nell’area di intervento.

 

Prima della campagna, il latte scremato era venduto per il 18%. Dopo la campagna, la sua quota di mercato era salita al 41%. Sei mesi dopo resisteva al 35%.Questo caso è straordinario per dimostrare come, se volete che le persone cambino, dovete fornire loro istruzioni molto chiare: se desiderate che vostro figlio abbia una pagella migliore indicategli in quali specifiche materie e di quanto volete che i suoi voti migliorino. Se dal vostro collaboratore vi aspettate un atteggiamento diverso ditegli esattamente cosa vorreste: volete che vi risponda in modo gentile anche quando avete delle divergenze di opinioni? E cosa intendete voi per “gentile”? Volete che eviti di urlarvi in faccia o è sufficiente che eviti di mandarvi al quel paese? Ognuno ha il suo concetto di gentilezza!

 

Se dite alle persone di “seguire una dieta più sana” in quanti modi potranno interpretarlo? Quanto tempo spenderanno a soppesare le varie possibilità? Inizio con il mangiare più frutta e verdura? Dovrei passare alla Coca-Light o il dolcificante artificiale è peggio delle calorie? Se andassi a correre una volta a settimana e poi mi premiassi con un bel gelato sarebbe un buon compromesso? Sembra banale e non lo è: dite alle persone esattamente quello che volete da loro. Qualcuno vi ha mai detto “se solo me l’avessi detto…”? Già. Quante cose diamo per scontato!

 

E, evitate di far passare la vostra mancanza di chiarezza per resistenza altrui. Prima dello studio condotto da Reger e Booth-Butterfiel gli abitanti della West-Virginia probabilmente sarebbero stati etichettati come “il tipo di persone cui non importa della propria salute”. Ma se davvero erano “quel tipo di persone”, come mai è stato così facile indurli a comportarsi diversamente? Watzlawick ci insegna che “il significato di ogni comunicazione è nella risposta che si ottiene”, quindi è nostra la responsabilità di fornire indicazioni chiare. Se volete che le persone cambino, non dovete chieder loro di “adottare comportamenti più sani”. Dovete dire: “la prossima volta che vai a comprare il latte, prendete quello all’1% di grassi anziché quello intero”.