Dolore sessuale della donna e psicoterapia

Il dolore sessuale femminile trova scarsa considerazione anche tra alcuni specialisti. La "psicoterapia sessuale focale" lo può guarire talvolta in breve tempo.

Il dolore sessuale femminile

Credit foto
©Andriy Popov / 123RF.COM

Troppe le donne che giungono al nostro “Centro” dopo aver perso 2, 7, 12 anni della loro vita personale e di coppia vagando tra uno specialista e una fattucchiera per risolvere il problema del dolore alla penetrazione, oppure avendo ricevuto buoni inutili consigli o assurdità: 
-       non lo ami abbastanza
-       prova con un altro uomo
-       lascialo, cambia marito
-       stringi i denti e digli di spingere
-       quando avrete più confidenza…
-       come fa lui a sopportarti? poverino…
-       lui lo farà con un’altra?

Il vaginismo consiste in uno spasmo involontario della vagina che, qui sta il punto, non si sottomette proprio alla buona volontà della donna, ai suoi sforzi razionali; e neanche al suo dolore, alla rabbia. Semplicemente la vagina si blocca, si irrigidisce, e qualsiasi sforzo per “addomesticarla”, per forzarla, causa dolore. Il dolore è proprio il contrario del piacere, e dunque, mese dopo mese, anche il desiderio sessuale della donna di avere un “normale” rapporto sessuale scende a picco e da idea piacevole inizia a rivestire connotati di attesa ansiosa.

Generalmente questo tipo di coppia ha una sua vita sessuale fatta di petting superficiale, di petting spinto, di rapporti orali; tutte cose che risultavano molto gratificanti prima, prima di capire che di lì non si riesce a proseguire; che oltre a questo non si può andare. Ed allora, quando si capisce che oltre l’antipasto non si avrà altro, anche quello risulta pesante e frustrante, soprattutto per la donna che si vive come  “la persona con problema”.

La donna vaginistica non ne parla con nessuno, neanche con la propria madre, ascolta con vera sofferenza i racconti delle colleghe riguardanti la loro vita intima e talvolta inventa la sua, rifugge le amiche che rimangono incinte… tutto concorre a rammentarle il suo problema. Non avendo una “vera” vita sessuale (intesa come penetrativa), non ritiene neanche necessaria la visita ginecologica (che immagina difficile e dolorosa), e dunque non riceve indicazioni per risolvere. Rimane così sospesa in un limbo di attesa, di infelicità, mentre la relazione col partner perde via via il calore e la passione e diventa quasi un rapporto di amicizia.

Più fortunate le vaginistiche giovani, spesso universitarie: all’emergere del problema, il ricorso ad Internet permette loro di documentarsi, di capire di cosa si tratta e dunque di chiedere aiuto in modo corretto e veloce. Non di rado è il loro compagno a “spingerle” e/o ad aiutarle. E dunque consultano quando è intercorso un tempo breve. Ed è un grande vantaggio, se si pensa che il tempo di risoluzione del problema è direttamente proporzionale al tempo di permanenza nel problema.  

Nel vaginismo sono quasi presenti sempre componenti psichiche (mentali, affettive, emozionali); oppure le cause psichiche rappresentano una parte rilevante di un evento multifattoriale, altre volte sono il versante interiore di patologie fisiche precoci, quale ad esempio l’endometriosi. E’ pur vero che un’imene particolarmente spesso – disturbo puramente fisico - può dare gli stessi disturbi ma, da mia esperienza, l’intervento chirurgico – peraltro necessario – non è determinante ad eliminare il vaginismo.

La presenza di tale forte componente psichica porta la ragazza o donna che ne soffre a rivolgersi allo psicologo, che fiducioso utilizza i suoi strumenti classici al fine di rimuovere blocchi, elaborare traumi, rendere accettabile l’ansia. Io stessa, giovane laureata operante in un consultorio, trattavo il vaginismo attraverso un approccio psicoanalitico,  quello di cui allora si disponeva; peraltro con risultati incerti e imprevedibili, pur a fronte di una terapia prolungata. Alla base stava un implicito: “capire, capirsi, porta a risolvere”.

Questo postulato non risulta sempre vero: capire non equivale automaticamente a risolvere, cioè a cambiare; ogni giorno ce ne rendiamo conto sulla nostra pelle nelle cose piccole e grandi; ciò accade maggiormente quando il disagio interiore ha imboccato una strada somatica, al punto tale che nemmeno rimuovendo la situazione scatenante si risolve il problema fisico prodotto, perché nel frattempo il sintomo fisico - che sia l’ulcera, la cefalea, l’insonnia o altro (ad es. il vaginismo) – ha preso una sua strada autonoma, vive ormai di vita propria, si è strutturato in percorsi fisici ed interiori specifici.  

Ecco i motivi per cui un approccio sessuologico è il più efficace, direi altamente efficace nel caso del vaginismo. Perché si rivolge contemporaneamente al corpo e alla psiche, all’organo malato e ai conflitti che lo hanno fatto ammalare, alla malattia e alla persona, alla donna e alla coppia; e perché invita tutti questi numerosi attori non solo a capire, ma  a mettere in atto strategie di cambiamento. Tali strategie, prescritte dal terapeuta, sono ormai consolidate ed ampiamente collaudate, considerato che le utilizziamo dalla metà degli anni ’80.  

 

Dott. Carla Maria Brunialti -  Psicologa Psicoterapeuta, Sessuologa clinica. Rovereto Trento