Le competenze genitoriali

Adeguare le risposte comportamentali, rispettando gli stadi evolutivi dei figli. Come evitare di riproporre i modelli educatici ereditati dai propri genitori, accettando e valorizzando la personalità dei nostri figli.

Le competenze genitoriali

La relazione più o meno serena che l'individuo instaura con il mondo circostante dipende da un articolato processo di adattamento, che ha inizio con la nascita e caratterizza, con modalità diverse, tutto l'arco di vita.

Alla nascita il neonato si trova in una condizione di incapacità relazionale, egli non distingue ancora se stesso dal mondo esterno, le parti del proprio corpo da quelle di sua madre (condizione di simbiosi totale).

In questo stato di completa ”indifferenziazione” egli sperimenta unicamente confuse sensazioni di disagio, non ancora percepiti come stati soggettivi propri.

I primi segnali, che emette nel mondo circostante, sono delle semplici scariche riflesse, con le quali tenta unicamente di attenuare le confuse sensazioni, legate alle sue condizioni fisiologiche ( fame sonno,freddo,caldo, ecc).

Questi primi atti, sono da considerarsi ancora espressioni meccanicistiche, senza alcun valore comunicativo.

Successivamente, quando sarà in grado di associare la risposta ambientale ai suoi segnali (attraverso la ripetizione dello stimolo alla risposta) costruirà il suo sistema comunicativo, che gli permetterà una vera e propria relazione intenzionale.

I tentativi iniziali che il piccolo utilizzerà per superare la sua condizione neonatale possono considerarsi dei veri e propri “COMPROMESSI MENTALI” “, modalità strategiche che gli consentono di rendere meno ”doloroso”, il travaglioso cammino per risolvere il suo stato narcisistico.

Fin dalla nascita il bambino stabilisce un rapporto privilegiato con la figura che lo accudisce (solitamente la mamma) di cui ne riconosce la permanenza, all'interno di una relazione ancora simbiotica. Questa presenza esterna, metaforicamente può essere considerata come un "PARACADUTE CONOSCITIVO”, lo aiuta nella DIGESTIONE OGGETTUALE, rendendo gli stimoli esterni meno invasivi.

La figura di attaccamento crea la condizione indispensabile affinché il bimbo, si crea uno spazio-contenitore intermedio tra sé e la realtà.

Lo SPAZIO-PONTE, tra mondo soggettivo, (condizione di assoluta onnipotenza) e realtà oggettiva, (la realtà circostante) , è definito da D. Winnicott e spazio “transizionale”. Uno spazio “sperimentale”, dove utilizzo di oggetti della realtà esterna, consentirà al bambino l'elaborazione di strategie comportamentali di adattamento. Pertanto gli elementi esterni (ciuccio, biberon, alcuni oggetti a loro cari e quindi i giocattoli ma anche il seno materno..) possono essere considerati dei veri e propri “MEDIATORI OGGETTUALI”, in questo “laborioso” viaggio alla conquista della identità personale.

Verso il 7-8 mese di vita la madre (o il suo sostituto) diviene “Olding “, un concetto introdotto da D. Winnicott, per definire la sua capacità di fungere da contenitore delle angosce del figlio. Le crisi d'angoscia ( 7-8 mese di vita) caratterizzate da pianti improvvisi del bimbo davanti al volto di uno sconosciuto, che spesso spaventano i genitori, non sono altro che modalità comportamentali che ci indicano che egli diventa sempre più capace di distinguere il volto della madre da quello di qualunque altro; il rapporto individualizzato con la madre è stato definitivamente stabilito.

All'affermarsi definitivo del rapporto oggettuale (riconoscimento di una realtà esterna ) corrisponde anche, sotto il profilo cognitivo, l' acquisizione del concetto di schema corporeo .Il bambino diviene capace infatti di riconoscere le varie parti del proprio corpo e gradualmente anche i concetti di spazio e tempo (sotto sopra , avanti dietro,ieri , oggi, ecc) in riferimento soprattutto alla conquista concettuale della simmetricità del suo corpo.

Sotto l'aspetto comportamentale svilupperà modalità di opposizione alle regole familiari e sociali, segni importantissimi della formazione dei primi tratti distintivi della sua personalità( 2-3 anni) .

Il processo verso l'assoluta conquista della indipendenza è ora tutto in ascesa.

In riferimento alle figure di accudimento, tale processo risulta essere condizionato dalle risposte più o meno adeguate delle figure di accudimento e dalla loro capacità di modulare e adattare le stesse risposte alle varie fasi della crescita del bambino.

Se la prontezza di risposta della madre, nell'arco del primo anno di vita, crea un clima di fiducia in cui sperimentare l' affacciarsi al mondo, nella fasi successive di sviluppo potrebbe paradossalmente bloccare lo stesso processo di adattamento. La prontezza di risposta, impedirebbe al bambino di sperimentare nuove strategie e lo inchioderebbe in una situazione statica.

Facciamo un esempio. Se un adulto continua a utilizzare la modalità di alimentare il proprio bambino di 3-4 anni ancora con il biberon ( credendo che la prontezza della sua risposta eviti che il bambino soffra la fame) , sta utilizzando una risposta ambientale erronea.

Difatti in questa fase di sviluppo, la modalità comportamentale della suzione deve essere già stata superata. Perseverando in questa modalità alimentare, sbarriamo a nostro figlio la strada verso l'autonomia.

Le implicazioni di natura emotiva, determinate dagli errori educativi sono sotto gli occhi di tutti. Papà e mamme disperati ( nervosismo, stress..ecc) a causa dei capricci dei figli sottovalutano o ignorano che spesso ne sono la causa determinante.

Solo la consapevolezza dei processi evolutivi dei figli, fase dopo fase, permette comportamenti educativi realistici ed efficaci.

 

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